Cardiorete 2011


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Silvestri

PROCESSO AL FARMACO "GENERICO": I FATTI

Osvaldo Silvestri
Divisione di Cardiologia Riabilitativa
Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale "A. Cardarelli" Napoli



Il farmaco generico o medicinale equivalente
Il prodotto "generico" (art. 130, comma 3 della L. 28.12.1995, n. 549) è una specialità medicinale definita come "essenzialmente simile" ad un prodotto il cui brevetto è scaduto, e del quale:
imita la formulazione, con la stessa composizione quali-quantitativa di principio/i attivo/i e con una forma farmaceutica equivalente.
I farmaci "generici" sono stati poi ridefiniti come "medicinali equivalenti" (L. 149 del 26 luglio 2005).
Il medicinale equivalente ha la stessa composizione qualitativa e quantitativa di sostanze attive e la stessa forma farmaceutica del medicinale di riferimento nonché una bioequivalenza con il medicinale di riferimento dimostrata da studi appropriati di biodisponibilità.(art. 10, comma 5, D.Lgs. 219/2006)
Questi farmaci sono registrati e commercializzati in base alla denominazione comune internazionale (DCI) del principio attivo o alla denominazione scientifica del medicinale, seguita dal nome del titolare dell'autorizzazione all'emissione in commercio (AIC) e devono avere un prezzo inferiore di almeno il 20% rispetto a quello del prodotto innovatore o brand .
La finalità del prodotto equivalente (ex generico) è ridurre o contenere il prezzo dei medicinali il cui brevetto è scaduto, facendo risparmiare il SSN ed i cittadini, al tempo stesso mantenendo un equivalente livello di benefici e rischi terapeutici.
Tuttavia, quando si affronta il tema dei medicinali equivalenti, troppo spesso si sottolinea solamente il risparmio che si può realizzare e che permette di avere a disposizione più risorse per quei medicinali indispensabili e ad alto costo per i quali non esistono alternative. In questa sede preme piuttosto affrontare correttamente la problematica che riguarda la definizione di bioequivalenza ed il concetto di sostituibilità.

Medicinale equivalente e medicinale brand
I medicinali equivalenti differiscono dal medicinale "brand" perché:
o non hanno necessariamente la medesima composizione in eccipienti,
o non sono necessariamente formulati con l'identica tecnologia farmaceutica ma solo con una tecnologia equivalente.
In realtà, oltre che come medicinale equivalente, lo stesso principio attivo può essere commercializzato da aziende diverse (con rispettive diverse AIC) nelle tipologie di:
" medicinale brand (innovatore o originatore): è il prodotto che per primo ha ottenuto uno dei brevetti possibili nel campo farmaceutico ed è commercializzato con un proprio nome di fantasia registrato.
" medicinale in comarketing: deriva da una strategia di mercato che consiste nell'immettere in commercio una medesima specialità brevettata sotto due o tre marchi differenti e con altrettanti nomi di fantasia registrati. Questo comporta l'esistenza di prodotti perfettamente uguali (tranne che nel package) ognuno commercializzato da un differente titolare dell'Autorizzazione all'Immissione in Commercio. I farmaci in comarketing sono farmaci copia (v. avanti) licenziati in regime di copertura brevettuale.
" medicinale copia: il CMD(h)- (Coordination Group for MutualRecognition and Decentralised Procedures - Human) ha chiarito la definizione di registrazione "copia" o "duplicate application" di un medicinale, come previsto dalla normativa europea, ma non definito dalla stessa. Tale tipo di registrazione fa riferimento a quella dell'originatora cui è legata da identico dossier e stessa base legale, ma dal quale si differenzia per il marchio. Dopo aver ottenuto l'AIC, i due medicinali sono indipendenti ed un prodotto continua ad essere definito "copia" finché non intervenga una variazione che lo diversifichi dall'originator.
" medicinale equivalente (ex-generico): quello del quale stiamo discutendo, commercializzato con un nome di fantasia e quello del produttore, è un equivalente brand; se il medicinale riporta il nome del principio attivo (o la denominazione comune internazionale, D.C.I.) ed un marchio commerciale (Sandoz, Theva, ecc.), si ha un equivalente semibrand; diversamente, con la sola D.C.I., il medicinale è unbrand (perfusionali, galenici ad uso ospedaliero).

Bioequivalenza, biodisponibilità, equivalenza terapeutica
La normativa vigente (DLgs 323 del 20/06/96 convertito in Legge 425/96) stabilisce che i generici debbano avere:
" la stessa composizione quali-quantitativa in principi attivi,
" la stessa forma farmaceutica e
" le stesse indicazioni terapeutiche.
La normativa non prevede la composizione degli eccipienti. Il problema non è irrilevante, soprattutto per quanto riguarda forme farmaceutiche quali granulati, soluzioni orali, compresse, capsule, preparazioni dermatologiche. E non si tratta solo di problematiche legate al rilascio del principio attivo, ma anche di problemi di allergia o di generica intolleranza ai diversi tipi di sostanza.
La cosiddetta "bioequivalenza" (intesa in senso cinetico, ossia l'efficacia terapeutica, la potenza d'azione, il bioassorbimento e la comparsa dell'effetto terapeutico e della sua durata, gli effetti collaterali e loro incidenza) tra farmaco di riferimento e generico viene valutata essenzialmente mediante lo studio della biodisponibilità, che ne costituisce requisito indispensabile.
La bioequivalenza costituisce presupposto per una probabile "equivalenza terapeutica".
Il produttore di un medicinale equivalente per ottenerne l'autorizzazione all'immissione in commercio, è dispensato, salvo casi particolari, dal presentare studi di ef?cacia e sicurezza in quanto la molecola è già nota. Deve invece produrre dati che dimostrino la qualità e la bioequivalenza con il medicinale di riferimento di marca.
È bene ricordare che proprio su questi due aspetti si focalizza l'attenzione delle autorità regolatorie, in quanto non vi è alcuna ragione scienti?ca per ipotizzare diversa ef?cacia o sicurezza se il farmaco viene prodotto in modo tale da garantirne la qualità ed il suo pro?lo farmacocinetico (curva delle concentrazioni plasmatiche nel tempo) è perfettamente sovrapponibile a quello del prodotto di marca.
Provare la bioequivalenza signi?ca dimostrare l'equivalenza terapeutica e il metodo più ef?ciente per garantirla è accertare che la performance della forma farmaceutica risponde a certi requisiti.
Di regola, si ricorre allo studio farmacocinetico di bioequivalenza perché (salvo rare eccezioni) per piccole popolazioni campionarie esso è più attendibile di uno studio comparativo di ef?cacia: infatti, il quesito scienti?co non riguarda l'ef?cacia della molecola (già ben nota), ma la performance farmaceutica della speci?ca formulazione del farmaco equivalente.
Proprio perché nel farmaco equivalente il principio attivo è lo stesso, ma differiscono gli eccipienti,
il quesito scienti?co riguarda soprattutto gli aspetti farmaceutici e farmacocinetici.
I parametri farmacocinetici che vengono studiati sono:
" l'area sotto la curva delle concentrazioni plasmatiche (AUC),
" la concentrazione di picco (Cmax).
I due parametri devono essere sovrapponibili per il prodotto equivalente e di marca, con un margine di tolleranza del 20%.
Due formulazionisono de?nite bioequivalenti se si può determinare che la differenza tra le loro biodisponibilità rientri in un intervallo prede?nito come "intervallo accettabile" di bioequivalenza, ?ssato nell'intervallo 0,80-1,25 convenzionalmente ritenuto compatibile con l'equivalenza terapeutica.
Il livello di con?denza è generalmente ?ssato al 90%; se i limiti di con?denza cadono al di fuori dall'intervallo prestabilito il prodotto non viene considerato bioequivalente.
In alcuni casi, viene considerato anche il tempo (Tmax) in cui viene raggiunta Cmax.

Il problema della sostituibilità
Il problema della sostituibilità tra farmaco originale di marca e farmaco equivalente da un lato e tra farmaco equivalente e farmaco equivalente dall'altro è legato strettamente ai problemi che stanno alla base della bioequivalenza (BE).
Gli studi di BE non utilizzano parametri clinici di ef?cacia, bensì si limitano a confrontare la biodisponibilità farmacologica sistemica di due prodotti.
Come detto, i test di BE sono basati sul confronto statistico di parametri farmacocinetici che caratterizzano la biodisponibilità dei due prodotti: generalmente vengono usati i parametri AUC e Cmax .
Anche se la procedura di determinazione della BE è molto rigorosa rimangono problemi di dif?cile soluzione. L'intervallo di BE è uno standard stabilito convenzionalmente attribuendo maggior rilievo alla variabilità del comportamento in vivo della formulazione piuttosto che alla variabilità della risposta terapeutica nella popolazione dei pazienti.
Un intervallo di BE così ampio, non differenziato per categoria terapeutica e per classe farmacologica, tende a trascurare le altre variabili farmacologiche e cliniche che possono incidere signi?cativamente sull'equivalenza terapeutica di due prodotti.
In pratica per alcuni prodotti l'intervallo potrebbe essere troppo largo mentre per altri troppo stretto.
I test di BE, come vengono attualmente effettuati, consentono di stimare una "BE media di popolazione", e non una "BE individuale". Due formulazioni possono essere considerate "bioequivalenti per una popolazione" se, oltre al valore medio dei parametri di biodisponibilità, anche le loro distribuzioni attorno alle medie sono suf?cientemente simili. I parametri farmacocinetici di due formulazioni possono avere un valore medio suf?cientemente simile, ma una varianza signi?cativamente differente.
In tal caso, le due formulazioni anche se bioequivalenti dal punto di vista statistico, non sono equivalenti per la popolazione perché le distribuzioni delle loro biodisponibilità sono signi?cativamente differenti.
Dimostrare la BE di popolazione assicura al medico un risultato terapeutico mediamente equivalente nella popolazione dei suoi pazienti con un farmaco equivalente piuttosto che con il prodotto di marca.
La BE di popolazione, tuttavia, non fornisce alcuna informazione circa la probabilità che la risposta
del singolo paziente a due formulazioni sia equivalente.
Per poter fare questa previsione occorre stimare la BE individuale, ossia la BE entro soggetto, e valutare in quale percentuale i singoli soggetti rispondono in modo equivalente al prodotto generico ed al prodotto innovatore. La biodisponibilità individuale si con?gura, dunque, come il criterio fondamentale per poter applicare la norma della sostituibilità tra formulazioni nel corso di un trattamento in atto, senza pregiudicare il pro?lo terapeutico e di sicurezza ottenuti con la prima formulazione.
Il problema è particolarmente rilevante per i farmaci caratterizzati da un modesto indice terapeutico. Per questi farmaci piccole variazioni di biodisponibilità tra il medicinale di marca e il generico possono comportare sensibili variazioni di efficacia e di sicurezza.
Un altro problema che può pregiudicare la sostituibilità, soprattutto tra farmaco equivalente e
farmaco equivalente dello stesso prodotto di marca è il fenomeno del cosiddetto "bio-creep". Infatti, i test di BE sono fatti tra il singolo prodotto equivalente e il prodotto di marca. Questa situazione non garantisce che due o più equivalenti dello stesso originator siano tra loro bioequivalenti.
Per esempio, supponendo che un generico abbia una biodisponibilità (AUC) +15% ed un secondo generico una biodisponibilità -13%, entrambi sono bioequivalenti rispetto allo standard che imitano, ma non sono tra loro bioequivalenti essendo la differenza tra loro superiore al 20%.
Da quanto discusso, è chiaro che il concetto di BE non gode della proprietà transitiva: non è possibile concludere, senza una veri?ca diretta, che due prodotti, ciascuno bioequivalente con lo stesso standard di riferimento, siano bioequivalenti tra di loro. Purtroppo, il confronto diretto non è possibile in quanto i medicinali equivalentis sono confrontati unicamente con il medicinale originale di marca e così l'interscambiabilità fra equivalenti è solo supposta.
Questo problema è stato già affrontato negli Stati Uniti, dove un Orange Book periodicamente aggiornato, riporta tutte le bioequivalenze studiate, indicando per ogni farmaco equivalente la sua sostituibilità con altri prodotti. L'Orange Book è stato concepito per promuovere l'ingresso e l'uso dei farmaci generici nel mercato, e allo stesso tempo tutelare gli interessi dei titolari di farmaci di marca e dei pazienti.

Sostituibilità: la legge e i commenti

Legge 405/2001
Legge n.405 del 16.11.2001 di conversione del Decreto Legge n. 347, pubblicata in Gazzetta
Ufficiale in data 17.11.2001.
- Comma 1
"A decorrere al 1° dicembre 2001 i medicinali non coperti da brevetto aventi uguale composizione in principi attivi, nonchè forma farmaceutica, via di somministrazione, modalità di rilascio, numero di unità posologiche e dosi unitarie uguali, sono rimborsati al farmacista dal Servizio Sanitario Nazionale ?no alla concorrenza del prezzo più basso del corrispondente farmaco generico disponibile nel normale ciclo distributivo regionale, sulla base di apposite direttive de?nite dalla Regione".
- Comma 2
"Il medico nel prescrivere i farmaci di cui al comma 1, aventi un prezzo superiore al minimo, può apporre sulla ricetta adeguata indicazione secondo la quale il farmacista, all'atto della presentazione da parte dell'assistito della ricetta, non può sostituire il farmaco prescritto con un medicinale
uguale avente un prezzo più basso di quello originariamente prescritto dal medico stesso".
- Comma 3
"Il farmacista, in assenza dell'indicazione di cui al comma 2, dopo aver informato l'assistito, consegna allo stesso il farmaco avente il prezzo più basso, disponibile nel normale ciclo distributivo regionale, in riferimento a quanto previsto nelle direttive regionali di cui al comma 1".
- Comma 4
"Qualora il medico apponga sulla ricetta l'indicazione di cui al comma 2, con cui ritiene il farmaco prescritto insostituibile ovvero l'assistito non accetti la sostituzione proposta dal farmacista, ai sensi del comma 3, la differenza fra il prezzo più basso ed il prezzo del farmaco prescritto è a carico dell'assistito con l'eccezione dei pensionati di guerra titolari di pensioni vitalizie".

Legge 178/2002
La legge di conversione n. 178 del 8.8.2002 (pubblicata in G.U. il 10 agosto dello stesso anno) modi?ca poi il comma 1 art. 7 della legge dell'anno precedente (la n. 405), estendendo a tutti i farmaci (siano essi generici o di marca) il riferimento al prezzo più basso.
Il punto in questione è contenuto nell'art. 9, Capo IV.

- Comma 5
Il comma 1 dell'articolo 7 del Decreto Legge 18 settembre 2001, n. 347, convertito, con
modi?cazioni, dalla legge 16 novembre 2001, n. 405, è sostituito dal seguente: "I medicinali, aventi uguale composizione in principi attivi, nonché‚ forma farmaceutica, via di somministrazione, modalità di rilascio, numero di unità posologiche e dosi unitarie uguali, sono rimborsati al farmacista dal Servizio sanitario nazionale ?no alla concorrenza del prezzo più basso del
corrispondente prodotto disponibile nel normale ciclo distributivo regionale, sulla base di apposite direttive de?nite dalla regione; tale disposizione non si applica ai medicinali coperti da brevetto sul principio attivo."

La legge 405/2001 e la legge178/2002 sono estremamente chiare e non si prestano ad alcun
equivoco. I punti salienti sono due:
1. La spesa sanitaria a carico dello Stato non viene in?uenzata sia che il medico prescriva un farmaco di marca a brevetto scaduto sia che prescriva il farmaco equivalente corrispondente.
Le due leggi, infatti, stabilendo di fatto una quota ?ssa rimborsata dal SSN (corrispondente
al prezzo più basso del farmaco in questione) non legano la spesa pubblica al tipo di farmaco
prescritto. Il costo maggiore è a carico del paziente, qualora questo decida di scegliere il
farmaco di marca eventualmente prescritto del medico curante.
2. Il ruolo del farmacista è molto chiaro. Il farmacista non ha alcuna "discrezionalità", è
sempre il cittadino che sceglie di ricevere l'eventuale equivalente a minor prezzo. Il
farmacista deve solo renderne nota l'esistenza, per poi rimettersi alla decisione del paziente.
Sono sempre le liste di trasparenza (aggiornate e riviste con scadenza ben inferiore
all'annuale) a de?nire i criteri di sostituibilità.
La legge, di fatto, mette nelle mani del paziente la discrezionalità della sostituibilità, tranne
quando il medico scrive sulla ricetta la dicitura "non sostituibile".
Questo ultimo punto merita alcune considerazioni:
" Il farmacista dovrebbe proporre la sostituzione solo quando il medico scrive sulla ricetta il
nome scienti?co di una molecola, ma quando il medico prescrive il nome di un farmaco ben
preciso dovrebbe essere dispensato solo quello.
Ad es. se il medico scrive "Amlodipina", il farmacista sentito il parere del paziente consegna
quello a minor prezzo. Ma se il medico prescrive Norvasc o AmlodipinaRatiopharm o
AmlodipinaTeva o Amlodipina Doc ecc. il farmacista dovrebbe consegnare ciò che è stato
prescritto perché questo è manifestato in modo chiaro dal medico curante.
" Il medico curante all'atto della prescrizione deve informare il paziente delle ragioni che
lo inducono a prescrivere un farmaco più costoso (perché il costo maggiore è carico del paziente e non dello Stato)
" Se campagne di sensibilizzazione ci devono essere, queste dovrebbero essere rivolte a
promuovere l'uso dei farmaci a brevetto scaduto sia di marca sia equivalenti perchè il risparmio per il SSN deriva dall'uso dei farmaci a brevetto scaduto che per una speci?ca patologia abbiano una ef?cacia terapeutica e una tollerabilità sovrapponibile a farmaci ancora protetti da brevetto.
" Necessita della preparazione e della pubblicazione di un " Orange Book"



BIBLIOGRAFIA

1. Farmaci equivalenti : Quaderni della SIF (2011) vol 25
2. Laura Fabrizio: I farmaci equivalenti in ospedale, criticità e prospettive
CongressoNazionale Assogenerici 2008 "Il farmaco generico nella politica sanitaria nazionale" Roma 25-26 Settembre 2008
3. Luigi Santoiemma: Problematiche connesse con l'uso dei famaci equivalenti
1° Congresso Regionale SIMG Puglia "Il farmaco come risorsa della salute"
Bari 1-2 Febbraio 2008
4. Regione Lombardia.ASL 2. Servizio Governo area farmaceutica:
Farmaci equivalenti, opportunità di cura e utilizzo appropriato delle risorse.



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