Cardiorete 2011


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Mazzuoli

DOPO SCA QUALI ESAMI, QUANDO E PERCHÉ

Francesco Mazzuoli
A.O.U. Careggi Firenze



La cardiologia dei nostri giorni è estremamente preparata per trattare le sindromi coronariche acute (SCA) nella fase di urgenza. In tutta Italia si creano delle reti dell'emergenza, di solito insieme ai medici del 118 e a quelli dei vari pronto soccorso.
Molto meno bene vanno le cose quando si tratta di seguire nel tempo i pazienti così efficacemente trattati in fase acuta. Il numero elevato degli esami strumentali e delle procedure, gli organici ospedalieri in costante riduzione e soprattutto uno scarso se non assente collegamento con il territorio, che dovrebbe essere il gestore del caso almeno in assenza di in stabilizzazioni, rendono assai problematico il follow-up dei pazienti trattati. Si tratta spesso di pazienti giovani (o almeno non molto anziani) per cui sarebbe intelligente organizzare una serie di controlli protratta nel tempo, per anni. Un solo controllo, seguito dall' "abbandono" del paziente ha scarsa utilità. Oltre ai cardiologi, anche le risorse sono molto ridotte, e probabilmente sempre più lo saranno nel futuro per cui si tratta di cercare di fare solamente le cose indispensabili.
Un problema origina anche da una cattiva interpretazione di quello che sono le Linee Guida (LG). Queste infatti non indicano quello che deve essere fatto a tutti i pazienti, ma quello che si conosce in base alla medicina basata sulle evidenze relativamente ad una certa patologia. La loro applicazione nel singolo paziente è lasciata, fortunatamente, all'esperienza ed alle decisioni del medico curante (oltre che alle disponibilità di prestazioni). Nel caso specifico del paziente "dopo SCA" si tratta di scegliere tra una grande massa di accertamenti possibili, quelli che sono utili, ed ancor meglio indispensabili per quel singolo soggetto. Bisogna quindi avere il coraggio di interrompere la serie di controlli a determinati intervalli di tempo ai pazienti che affluiscono alla nostra cardiologia effettuati "a prescindere" dalla attuale situazione clinica del paziente.
Per poter agire in questo modo è assolutamente indispensabile utilizzare una accurata anamnesi del nostro paziente; in questo sarebbero molto favoriti i medici di medicina generale (MMG) che conoscono meglio il paziente e che lo seguiranno negli anni. Sono del parere che una anamnesi ben fatta del tutto silente ed un elettrocardiogramma immodificato rispetto ai precedenti possa rendere inutile l'esecuzione di ulteriori accertamenti. L'unica eccezione potrebbero essere i pazienti diabetici in cui talora vi sono episodi silenti e nei quali potrebbe essere necessaria una valutazione sotto sforzo. Riserverei l'ecocardiografia ai pazienti che presentino segni o sintomi, anche iniziali, di precario compenso, per una valutazione della funzione sistolica.
Limiterei l'utilizzazione di eco stress e/o scintigrafia ai casi che lascino ancora dei dubbi o in cui si voglia valutare la sede di una eventuale ischemia.
L'uso della risonanza magnetica e della TAC andrebbe estremamente limitato. In caso di presenza di ischemia a bassa soglia il ricorso alla coronarografia è necessario, eliminando tutti gli altri accertamenti che non farebbero comunque evitare questa procedura. Naturalmente parlando di esami strumentali si intende sempre di esami fatti bene ed in maniera completa, da parte di operatori esperti. In conclusione quindi molta clinica e pochi esami strumentali ben fatti.

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