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IPERCOLESTEROLEMIA, IPERTENSIONE ARTERIOSA
● Colesterolo e
Rischio Cardiovascolare
nell’Anziano e nel
Grande Anziano
● La terapia dell’ipercolesterolemia
nell’Anziano e nel
Grande Anziano
● L’ Ipertensione
Arteriosa
dell’Anziano e del
Grande Anziano
● La Terapia
dell’Ipertensione Arteriosa
nell’Anziano e nel
Grande Anziano
Colesterolo e Rischio
Cardiovascolare nell’Anziano e nel Grande Anziano
Bruno Golia
Clinica Mediterranea
Napoli
L'invecchiamento della popolazione mondiale è uno dei processi
epocali più rilevanti e procede in modo inarrestabile, a ritmi
molto elevati. Il fenomeno, accentuato dalla riduzione della
natalità degli ultimi decenni, è legato a vari ragioni sia di
carattere socioeconomiche che ambientali, nonché al
miglioramento delle condizioni di vita che hanno determinato
progressivamente la riduzione della mortalità nell’età
evolutiva. L’aspettativa di vita in Italia, 77.4 anni per gli
uomini e 83.3 anni per le donne, ha raggiunto valori che pongono
il nostro Paese ai vertici delle classifiche mondiali per
entrambi i sessi. Secondo le proiezioni ISTAT, in Italia la
popolazione degli over-65 salirà dal 19.4% attuale al 27% nel
2030 ed al 33.6% nel 2050. In particolare la prevalenza degli
ottuagenari, fascia di età considerata “emergente”, passerà dal
4.9% attuale al 8.8% nel 2030 ed al 13.8% nel 2050. La
percentuale dei “grandi anziani” (> 80 anni) sul totale degli
anziani (> 65 anni) crescerà dal 25.5% del 2005 al 32.8% nel
2030 fino al 41.2% nel 2050.
Sulla
scorta delle osservazioni epidemiologiche sono state costruite
le “carte del rischio”, strumenti di grande utilità per
definire, nel singolo soggetto, la prognosi cardiovascolare.
Tuttavia la nostra attenzione si focalizza su un target di
popolazione di età > 79 anni, mentre la maggior parte dei
modelli tutt’ora in uso ha come target “il giovane anziano”,
pertanto resta da comprendere il tipo di intervento da
effettuare e la sua utilità reale nel modificare tale prognosi.
Inoltre i grandi trial controllati, dedicati alla popolazione
anziana in generale (> 65 anni l’ anziano) e in particolar modo
a quella ultraottantenne (il grande anziano), sono pochi e
parziali. Ciò è dovuto alla difficoltà di arruolamento di una
popolazione in buone condizioni di salute, senza comorbilità e
non in politerapia. Inoltre il campione da studiare, frutto di
una selezione naturale, e l’aspettativa di vita più limitata,
rendono improponibile studi di follow-up protratto. In passato
diversi studi epidemiologici hanno evidenziato che il rischio
relativo di eventi cardiovascolari legato all’ipercolesterolemia
si attenua progressivamente con il passare degli anni. Lo
studio EPESE (Established Populations for Epidemiologic Studies
of the Elderly)3, effettuato in una coorte di maschi e femmine
di età > 70 anni, non aveva dimostrato che il colesterolo, a
questa età, rappresenti un fattore di rischio per infarto
miocardico, angina pectoris instabile, mortalità coronarica e
mortalità per tutte le cause. L’incidenza di infarto miocardico
risultava, infatti, comunque elevata nel gruppo di soggetti con
bassi livelli di colesterolo e nelle donne la sopravvivenza era
significativamente ridotta nel gruppo di soggetti con livelli di
colesterolemia < 200 mg/dL, mentre la percentuale di
sopravvivenza era elevata nel gruppo di soggetti con
colesterolemia > 240 mg/dL. Inoltre i dati del Framingham
Study
avevano evidenziato la presenza di relazione nettamente positiva
tra colesterolemia e mortalità coronarica nelle decadi di età
comprese tra 40 e 60 anni; debolmente positiva nella decade dei
70 anni; tendenzialmente negativa, seppure in maniera non
statisticamente significativa, in quella degli 80 anni.La
sopravvivenza a cinque anni nella popolazione di ottuagenari con
valori di colesterolemia di > 240 mg/dL era del 73% nei maschi
e del 74% nelle femmine, mentre si riduceva rispettivamente al
49% nei maschi e al 70% nelle femmine quando i valori di
colesterolemia erano < 240 mg/dL4. Il Cardiovascular Health
Study, un ampio studio effettuato per valutare gli effetti delle
variazioni dell’assetto lipidico nell’anziano, aveva evidenziato
l’assenza di correlazione tra colesterolemia totale, livelli di
HDL colesterolo, di LDL-colesterolo e di trigliceridi con il
rischio di infarto miocardico e con la mortalità totale in una
popolazione di età > di 65 anni. In realtà, il valore
scarsamente predittivo della colesterolemia nell’anziano
potrebbe essere legata a diversi fattori:
1) con
l’avanzare dell’età aumentano l’incidenza di comorbilità e la
probabilità di morte non coronarica, mascherando in tal modo
l’associazione causale tra ipercolesterolemia e morte
coronarica;
2) la
riduzione della colesterolemia può essere espressione
nell’anziano di una severa patologia multisistemica. Un cattivo
stato di salute generale associato a riduzione della
colesterolemia, tipica dell’invecchiamento, potrebbe spiegare la
scarsa correlazione rilevabile tra ipercolesterolemia e
mortalità coronarica nell’anziano;
3) lo
scarso valore predittivo dell’assetto lipidico sulla mortalità
può trovare una giustificazione nella cosiddetta “regression
dilution” o errore statistico che porta a sottostimare
l’associazione tra ipercolesterolemia e malattia coronarica
nell’anziano. In particolare, i valori di colesterolemia tendono
a fluttuare nel tempo per errori di misura o per variazioni
biologiche. Gli studi epidemiologici che si riferiscono a
misurazioni effettuate anni prima della morte rischiano di
analizzare valori progressivamente più lontani da quelli reali.
L’errore diventa più ampio con il passare del tempo e quindi
quantitavamente più rilevante nell’anziano.
I dati
corretti dimostrano che il rischio di morte correlato alla
colesterolemia nelle fasce di età comprese tra 40 e 65 anni è
sovrapponibile a quello della popolazione nelle fasce di età
66-74 anni e nella popolazione di età >75 anni. È ampiamente
riconosciuto che nella popolazione generale il rischio
cardiovascolare aumenta in modo progressivo con l’aumentare
dell’età in entrambi i sessi, seppure con un differente
andamento nell’uomo e nella donna. L’età rappresenta, con il
sesso e la storia familiare, uno dei principali fattori di
rischio cardiovascolari non modificabili. L’anziano presenta
quindi il più alto rischio assoluto di subire un accidente
vascolare cardiaco o cerebrale e lo dimostrano, invia
definitiva, le rilevazioni sulle cause di morte accertate: dopo
gli ottanta anni i decessi imputabili ad eventi
cardio-cerebrovascolari costituiscono il 60% del totale; tra
sessanta ed ottanta anni il 35% e dai quaranta ai sessanta il
5%. Del resto l’utilizzo delle statine nel sottogruppo anziano
(studi 4S, CARE, LIPID, HPS, NCEP ATP III, ASCOT-LLA) ha
dimostrato, tra la popolazione anziana e quella più giovane,
simile riduzione del rischio di eventi coronarici maggiori
(24-36% <65°, 23-39% >65), di mortalità coronarica (43% vs 42%),
di ospedalizzazioni (33.1% vs 31.8%). Inoltre l’anziano ad alto
rischio ha dimostrato di avere, in termini di beneficio
assoluto, vantaggi maggiori nella terapia con statine (PROSPER:
Pravastatin in Ederly Individuals at Risk of Cardiovasculare
Disease).
