L’Anziano e il Grande Anziano in UTIC: problematiche nursing
Gnarra Enrico, Gallo Gerardo, Tangredi Aniello, Gugliucci
Angioletta, Gatto Donato, Marotta Sabina, Maiese Nives, Di Fluri
Lucia,
Gregorio Giovanni
U.O. UTIC
Cardiologia, Ospedale S. Luca, Vallo della Lucania, ASL SA
U.O. UTIC –Cardiologia Ospedale San Luca Vallo Della Lucania
ASL Salerno
Oggi l’aspettativa di vita è aumentata enormemente. Dai 2
milioni di ultrasessantacinquenni dell’inizio del 900 si è
passati ai circa 11 milioni attuali ed ai 14,2 milioni
prevedibili tra 20 anni: quasi un anziano ogni 3 abitanti nel
2030. Confrontando le differenze di mortalità tra gli anni ’80,
’90 e 2000 gli anziani di età superiore a 65 anni hanno
guadagnato 14 anni di vita in media. Ncora oggi però le
cardiopatie rappresentano la prima causa di morte nei pazienti
anziani e sono al terzo posto tra le malattie croniche che
portano alla disabilità; quindi conoscere i meccanismi che sono
alla base dell’invecchiamento del sistema cardiovascolare è
molto importante è molto importante anche nell’ottica di
produrre interventi sempre più efficaci per la prevenzione, la
diagnosi precoce e l’adeguato trattamento per migliorare la
qualità della vita degli anziani e nello stesso tempo
controllare i costi della spesa sanitaria. Si calcola che ad 80
anni un individuo su 5 abbia una malattia coronarica
sintomatica. Le malattie cardiache, oltre a ridurre
l’aspettativa di vita, ne alterano la qualità con sintomi in
generale caratterizzati da difficoltà nel compiere anche piccoli
sforzi per dispnea, angina, astenia o aritmie e sincopi o
complicanze di tipo neurologico.
Anche in assenza di malattia, il cuore con l’età diventa più
rigido, a causa di un progressivo difetto di rilassamento, e
meno efficiente nell’azione di pompa.
Studi epidemiologici hanno mostrato che la maggior parte dei
fattori di rischio cardiovascolare continua ad esercitare
un’influenza sfavorevole anche in età avanzata. Perciò,
l’ipertensione arteriosa, il fumo di sigaretta, il diabete,
soprattutto di tipo 2, la cui incidenza aumenta con l’età,
l’elevato livello di colesterolo totale ma anche alti livelli di
colesterolo LDL o bassi livelli di colesterolo HDL,
rappresentano tutti un fattore di rischio molto importante anche
per l’anziano.
Per tutti questi motivi, si può facilmente intuire che il numero
di anziani ricoverati nelle terapie intensive cardiologiche è in
costante crescita e la principale causa è la coronaropatia.
La terapia della cardiopatia ischemica, sia nelle sue
manifestazioni acute che croniche, come è noto, si avvale oltre
che dei farmaci anche di procedure cardiologiche invasive quali
l’angioplastica coronarica per cutanea transluminale (PTCA) e la
rivascolarizzazione chirurgica. Nell’anziano, inoltre il
trattamento interventistico per via per cutanea sembra esporre
il paziente a rischi perioperatori minori rispetto al
trattamento cardiochirurgico. Le tecniche chirurgiche di bypass
aortocoronarico, che vengono estese attualmente anche agli
ultraottantenni, possono presentare una più alta incidenza
perioperatoria di complicazioni.
Anche nel paziente anziano in caso di infarto miocardio acuto
(IMA) la terapia di scelta è la precoce ricanalizzazione
meccanica della coronaria occlusa con PTCA primaria che può
essere considerata il trattamento di scelta dell’IMA
indipendentemente dall’età. La terapia trombolitica nel paziente
anziano è infatti gravata da un rischio aumentato di
sanguinamenti e di emorragia cerebrale. Nonostante la PTCA
primaria permetta di ottenere un’alta percentuale di riapertura
efficace del vaso di infarto nei pazienti anziani con una
riduzione degli eventi avversi, la prognosi a lungo termine di
questa categoria di pazienti rimane peggiore rispetto a quella
dei pazienti di età non avanzata. I temuti effetti collaterali,
sia del trattamento farmacologico che invasivo, (trombolisi e
PTCA e stentino) possono essere fronteggiati attraverso una
corretta valutazione delle eventuali comorbilità del paziente e
un dosaggio adatto alla condizione del singolo soggetto.
Di fronte a questi pazienti l’infermiere deve porre particolare
attenzione ad osservare eventuali segni di sanguinamento,
soprattutto a livello della sede di puntura arteriosa. A tal
proposito, in caso di PTCA, l’approccio radiale risulta un
accorgimento atto a ridurre in modo significativo i
sanguinamenti dei pazienti anziani. Altra complicanza frequente
nei pazienti geriatrici colpiti da infarto del miocardio è l’isufficienza
cardiaca acuta, quindi l’edema polmonare, anche in questo caso
l’infermiere è pronto a rilevarne i primi sintomi. La cianosi
persistente, la dispnea, la diminuzione della pressione
arteriosa, l’aumento della temperatura e l’insorgenza di aritmie
o la sola tachicardia sinusale sono i sintomi più frequenti e
come tali devono essere prontamente posti all’attenzione e alle
cure del medico. Altra situazione cui l’infermiere deve saper
far fronte è l’eventuale insorgenza di aritmie mortali o episodi
di blocco che possono portare all’arresto cardiaco,
particolarmente frequenti nel paziente anziano, soprattutto in
fase acuta. La rottura di cuore è un evento non molto raro,
specialmente nelle donne anziane.
Nel post-infarto si tende a ridurre al minimo il riposo a letto,
permettendo al paziente di sedere su una poltrona vicino al
letto stesso. Evitare un lungo allettamento non solo previene
molte delle complicazioni associate all’immobilità, ma anche un
ristagno del sangue nei vasi polmonari, diminuendo così il
lavoro del cuore. Naturalmente il paziente anziano infartuato,
seduto in poltrona, dovrebbe essere adeguatamente assistito, non
solo con un continuo monitoraggio ecgrafico, presso rio ed
ossimetrico, ma è necessario osservare, soprattutto nelle prime
fasi della mobilizzazione,l’eventuale insorgenza di dispnea,
segni di affaticamento e di cambiamento nel colore della cute.
I sintomi più frequenti nella persona anziana sono la confusione
mentale, l’insonnia, l’agitazione,, la depressione, l’anoressia,
la nausea, l’affaticamento, l’ortopnea e l’edema periferico.
La confusione mentale, il disorientamento spazio-temporale,
l’agitazione, sono sintomi assai frequenti nei pazienti
geriatrici.
Aiutare l’orientamento con grandi orologi, assicurare una buona
veduta dalla finestra, ripetere regolarmente le informazioni,
massimizzare l’acuità visiva ed uditiva, usare oggetti familiari
al paziente, sono tutti accorgimenti che possono aiutare
l’anziano ad orientarsi e a
tranquillizzarsi.
Spesso però è necessario ricorrere ad un trattamento
farmacologico.
Tutti i farmaci sedativi hanno effetti collaterali soprattutto
in questo tipo di pazienti, perciò vanno usati se il delirium
interferisce con la terapia o i fattori di rischio del paziente
o sulla sicurezza e l’assistenza. Tra i farmaci da prediligere
vi è l’Aloperidolo, in quanto ha effetti minori sulla
respirazione e sulla pressione arteriosa, bisogna tener conto
però, che l’emivita può essere molto lunga (anche 60 ore),
perciò dosaggi non appropriati possono far andare in coma il
paziente per giorni, e l’eccesso di sedazione aumenta il rischio
di broncopolmoniti e ulcere da decubito. Sia per l’aloperidolo
che per altri farmaci come il Risperdone,. l’olanzapina, il
Bromazepam, il Lorazepam, ecc., nel paziente anziano vale la
regola: START SLOW AND GO SLOW, quindi iniziare sempre con
dosaggi bassi.
Altro problema che può presentarsi nel paziente anziano,
soprattutto se affetto da scompenso congestizio e quindi
presenza di edemi,è la scarsa nutrizione dei tessuti e la
maggiore fragilità della cute, condizioni che espongono il
paziente a un più alto rischio di lesioni cutanee, Perciò lo
stesso cerotto usato per fissare un ago cannula o il bendaggio
compressivo, possono provocare abrasioni o lesioni cutanee.
Di fondamentale importanza è un’accurata osservazione e
documentazione dell’equilibrio idro-elettrolitico.
Alcuni liquidi, comunque, devono essere immessi per prevenire
una disidratazione a cui l’anziano è facilmente soggetto e va
facilitata la diuresi. Va misurato ogni tipo di perdita di
liquidi, deve essere annotato il volume, quotidianamente va
controllato il peso del paziente; se questi è sottoposto a
terapia endovenosa deve essere registrato tutto accuratamente.
I parametri vitali devono essere registrati frequentemente,
ponendo attenzione ad ogni cambiamento.
Una temperatura elevata aumenta il metabolismo e di conseguenza
le richieste corporee di ossigeno, e il lavoro cardiaco Una
diminuzione della temperatura rallenta il metabolismo, il
consumo di ossigeno è minore e quindi si ha una maggiore
produzione di anidride carbonica, con un rallentamento degli
atti respiratori.
Mal di testa, vertigini, epistassi, possono rivelare l’aumento
della pressione arteriosa. Una diminuzione della pressione
arteriosa, invece, è associata a una riduzione della gittata
cardiaca, a vasodilatazione e a una riduzione del volume
ematico. L’ipotensione causa una circolazione insufficiente ai
bisogni dell’organismo. Si hanno confusione mentale e vertigini,
che indicano una circolazione cerebrale insufficiente, dovuta
proprio a una ridotta pressione arteriosa.
Nel trattamento delle malattie cardiovascolari si somministra
spesso ossigeno, ma negli anziani il suo impiego richiede molta
attenzione. Talvolta può insorgere uno stato ipossico; ad
esempio il paziente che fa uso di occhialini nasali può
respirare principalmente dalla bocca e così viene ridotto
l’apporto di ossigeno. Sebbene una maschera facciale possa
rimediare a questo problema, ciò non garantisce una sufficiente
inspirazione di ossigeno. Qualche paziente anziano può non
diventare cianotico ai segni iniziali di ipossia; anzi può
essere irritabile, non trovare riposo ed accusare dispnea.
Questi segni indicano anche alta concentrazione di anidride
carbonica a cui può conseguire narcosi, situazione
particolarmente rischiosa per il paziente anziano in terapia con
ossigeno. Anche se un esame dei livelli ematici dei gas rivela
la causa di questi sintomi, è importante un’attenta osservazione
e una pronta correzione da parte dell’infermiere.
Una ridotta attività fisica aumenta il rischio di costipazione,
e per evitare questo problema e la formazione di un fecaloma, è
consigliabile un adeguato apporto di liquidi e una dieta adatta
che facilitino in questo modo una regolare funzione intestinale.
Lo sforzo dovuto alla defecazione, l’eventuale clistere
necessario, la rimozione del fecaloma, possono causare
stimolazione vagale ed essere estremamente pericolosi per il
paziente anziano cardiopatico. Mobilizzare prima possibile il
paziente è sicuramente di fondamentale importanza per evitare
il problema della stipsi, ma è ancor più utile per evitare la
stasi polmonare e quindi problemi di broncopneumopatie non poco
frequenti nei pazienti anziani, soprattutto se allettati.
Il rilassamento ed il riposo sono ambedue importanti nel
trattamento delle malattie cardiovascolari e va ricordato che un
paziente che è a riposo non necessariamente è rilassato. Lo
stress dovuto all’ospedalizzazione, il dolore, l’ignoranza e la
paura di rimanere inabile, le modificazioni del tipo di vita, i
pensieri sulla morte, possono far si che l’anziano diventi
ansioso, confuso e irascibile. Sono necessarie rassicurazioni ed
aiuto, compresa una spiegazione delle indagini diagnostiche e di
tutto ciò che è previsto per alleviare le conseguenze della
malattia. Questi problemi vanno discussi anche con i familiari;
vanno discusse anche le limitazioni nell’attività sessuale che
la malattia cardiaca impone. Va spiegato inoltre che non
necessariamente il paziente colpito da malattia cardiovascolare,
anche se anziano, diviene uno “zoppo cardiaco”, cioè una persona
ormai totalmente invalida e impossibilitata a svolgere una
normale attività. La maggior parte dei pazienti invece dovrà
vivere normalmente e l’infermiere deve informare di ciò.
Naturalmente bisogna tener conto delle condizioni generali del
paziente, ma una cosa è certa, se fino a qualche anno fa, i
pazienti di età molto avanzata, affetti da patologie croniche
ingravescenti e altamente invalidanti, raramente venivano presi
in considerazione per l’accesso ai trattamenti intensivi, oggi,
è doveroso sfatare il luogo comune che i pazienti
ultranovantenni, anche se affetti da demenza, non abbiano
diritto ad essere curati in Terapia Intensiva. E’ vero che età
avanzata e comorbilità sono fattori di sistematica
sotto-utilizzazione di trattamenti raccomandati dalle
linee-guida, ma è altrettanto vero che un trattamento più
aggressivo delle SCA si associa a vantaggi clinici maggiori
proprio nei pazienti anziani e con elevata comorbilità. In
conclusione possiamo affermare che anche i grandi anziani
meritano di essere curati come tutti gli altri pazienti, anche
perché la mortalità in ospedale dei grandi vecchi (> 90
a) è sicuramente più alta rispetto ai più giovani, ma non
raggiunge cifre tali da impedire (secondo il parere di medici,
parenti e amministratori ospedalieri) il ricovero in UTIC.
Rimane sempre attuale il manifesto elaborato dall’OMS (1990): “
L’unico modo serio e corretto per affrontare i problemi della
persona che invecchia è quello di utilizzare il massimo della
tecnologia possibile, accompagnato però da una profonda e
sentita umanità”.
Non sempre la tecnologia viene usata adeguatamente nella cura
dell’anziano.
Non sempre la presenza di umanità accompagna la fine della sua
vita.
BIBLIOGRAFIA
Giuseppe
Masumeci, Laurian Mihalcsik, Roberta Rossigni, Elio Staffiere,
Luigi Fiocca,Nikoloz Lortkipanidze, Francesco Vattimo, Giulio
Guagliumi, Antonello Gavazzi, Orazio Valsecchi La malattia
cardiovascolare nell’anziano: strategie di prevenzione e
trattamento.
.
Charlotte
Eliopoulos Assistenza all’anziano.. USES Edizioni scientifiche
Firenze.
Il Paziente
anziano in Terapia Intensiva: tra tecnologia e compassione.
Lorenzo Boncinelli. Firenze.
D.Miceli,
Q.Tozzi, P. Di Giulio, L. Sabbadin Manuale Cardionursing Centro
Scientifico Editor 2005