L’angioplastica primaria :

il destino di colpevoli e testimoni

 

Cesare Baldi, Marco Mirra, Maria Vincenza Polito, Marco Di Maio, Roberta Giudice, Pietro Giudice.

Struttura Complessa di Cardiologia Interventistica-Emodinamica

Dipartimento Medico-Chirurgico di Cardiologia

A.O.U.” S. Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona” -  SALERNO

 

 

La strategia riperfusiva meccanica dello STEMI (PTCA primaria)  è attualmente il trattamento standard di riferimento per i pazienti con STEMI trasferiti in tempo adeguato in ospedali forniti delle necessarie tecnologie e competenze. Al momento della esecuzione della angiografia è possibile acquisire informazioni cruciali non solo sulla arteria responsabile dell’IMA (IRA), ma anche sulla estensione e sulla severità della malattia aterosclerotica che eventualmente coinvolge i vasi non responsabili dell’evento acuto. Una condizione di malattia coronarica multivasale (MVD) viene in media documentata in una percentuale compresa tra il 41% ed il 67%, in relazione alle caratteristiche cliniche della popolazione in studio. Il riscontro di MVD riveste un ruolo particolarmente rilevante, dal momento che il coinvolgimento globale dell’albero coronarico peggiora significativamente la prognosi del paziente.

 Le strategie interventistiche disponibili nel trattamento dello STEMI con MVD  si dispiegano in un ampio spettro di opzioni che oscillano tra un approccio aggressivo diretto a trattare tutte le lesioni critiche nella  fase acuta ed un approccio conservativo destinato a trattare esclusivamente la lesione responsabile dell’IMA (culprit), lasciando le altre lesioni non culprit, in assenza di ischemia ricorrente, alla terapia medica; all’interno di questo spettro, la opzione di rivascolarizzazione completa può essere realizzata anche in maniera stadiata, pianificando il trattamento delle lesioni non culprit in una seduta separata, o durante il ricovero indice, oppure in un altro ricovero entro 1-2 mesi dalla dimissione.

Le Linee Guida sullo STEMI redatte in questi ultimi anni sia dalla ESC che dall’AHA non hanno mai raccomandato nella fase acuta la rivascolarizzazione completa tanto della lesione culprit quanto delle lesioni non culprit (ad eccezione dei pazienti in shock cardiogeno), per il rischio connesso alle possibili complicanze potenzialmente in agguato sul tessuto vitale tributario delle lesioni non culprit; questa raccomandazione di classe III è, però, supportata da un livello di evidenza C, per la assenza di robusti studi randomizzati. Allo stato attuale, la evidenza scientifica disponibile mostra ancora ampi spazi di incertezza per i risultati spesso controversi a cui sono giunti i molti studi osservazionali finora pubblicati; in questo senso, la recentissima LG STEMI presentata al congresso ESC del 2012 conferma la restrizione del trattamento in fase acuta alla sola lesione culprit, ma, assumendo il peso della incertezza in cui la comunità scientifica è costretta a muoversi per la gestione ottimale della MVD nello STEMI, ha inserito questo argomento cruciale tra le aree che, in assenza di adeguate indicazioni provenienti da studi di buona qualità, richiedono per il futuro, da parte della ricerca clinica, un forte impegno supplementare diretto a trovare risposte definitive sull’argomento.

 

ü        Quale evidenza scientifica disponibile?

·         Studi retrospettivi

Corpus ha analizzato gli esiti a 1 anno di 820 pazienti sottoposti a PTCA primaria dimostrando una incidenza più elevata di eventi tra quelli trattati con strategia di rivascolarizzazione completa rispetto a quelli trattati solo a livello della lesione culprit. Quarawani ha invece documentato una minore incidenza di eventi proprio tra i pazienti con trattamento simultaneo in fase acuta della MVD; Rigattieri, nella sua indagine condotta su 110 paz, ha aggiunto ulteriori dati importanti, dimostrando che i pazienti sottoposti a PTCA stadiata, ma precoce, delle lesioni non culprit mostravano una incidenza più elevata di eventi avversi maggiori intraospedalieri sostenuta principalmente da IM periprocedurale in occasione della procedura pianificata, mentre il trattamento iniziale della lesione culprit mostrava una incidenza più elevata di eventi avversi extraospedalieri. Han, che ha analizzato gli esiti di 242 pazienti con STEMI e MVD, ha registrato valori percentuali di eventi avversi sostanzialmente simili tra i pazienti sottoposti a rivascolarizzazione completa e quelli sottoposti a rivascolarizzazione incompleta, ma ha individuato livelli maggiori di angina ricorrente e di disfunzione ventricolare sinistra in quelli che avevano affrontato il trattamento della sola lesione culprit.

Il contributo degli studi osservazionali multicentrici appare,  pure, contraddittorio: i dati contenuti nel New York State Angioplasty Registry, e che si riferiscono a 1982 pazienti, indicano una mortalità intraospedaliera più bassa tra i pazienti sottoposti a rivascolarizzazione completa della MVD, laddove, invece, i dati di quasi 29000 pazienti provenienti dal National Cardiovascular Data Registry non hanno confermato alcun beneficio in termini di mortalità a breve termine della strategia di rivascolarizzazione completa in fase acuta rispetto al trattamento della lesione culprit.

In conclusione i dati emergenti dagli studi osservazionali, sia condotti in singolo centro sia a struttura multicentrica, producono risultanze non omogenee e  lasciano la gestione della MVD nello STEMI al centro di insolute controversie.

 

·         Trial clinici randomizzati controllati

Allo stato attuale sono disponibili solo tre sudi randomizzati e con dimensioni della popolazione studiata sicuramente non adeguata a produrre indicazioni definitive. L’HELP AMI ha randomizzato 69 pazienti con STEMI e MVD o al trattamento della sola lesione o al trattamento di rivascolarizzazione completa simultanea senza documentare significative differenze  tra i due gruppi; il PRIMA trial ha confrontato la strategia di rivascolarizzazione completa simultanea verso quella stadiata in 92 pazienti dimostrando un recupero della funzione ventricolare sinistra più precoce nel gruppo della rivascolarizzazione completa e simultanea. Il più ampio trial randomizzato è stato realizzato da Politi che ha analizzato gli esiti di 214 pazienti consecutivi con STEMI e MVD assegnati a tre differenti strategie di trattamento, o della sola lesione culprit, o mediante PTCA multivasale stadiata oppure con PTCA di rivascolarizzazione globale nella fase acuta; la incidenza più elevata di MACE è stata registrata tra i pazienti trattati a livello della sola lesione culprit mentre non si sono verificate differenze significative tra gli altri due gruppi.

 

·         Meta-analisi

Negli ultimi anni sono state pubblicate tre meta analisi, condotte con metodologie di selezione degli studi e di definizione degli end points lievemente differenti, e  che hanno valutato gli esiti in fase intraospedaliera ed a lungo termine della strategia di trattamento della sola lesione culprit rispetto alla strategia di trattamento di tutte le lesioni.

Nella meta analisi di Sethi  la incidenza a lungo termine dei MACE non è risultata significativamente diversa tra i due gruppi; in quella di Navarese, che ha raccolto i dati provenienti da 31165 pazienti,  non è stata registrata nessuna differenza significativa di mortalità a 30 gg ed a 12 mesi, sia all’interno della analisi condotta sulla coorte complessiva degli studi, sia  all’interno di una analisi condotta separatamente sugli studi randomizzati e sugli studi osservazionali. La meta analisi più ampia condotta finora, pubblicata da Bangalore che ha raccolto i dati di 52074 pazienti con trattamento della sola lesione culprit e di 9690 con rivascolarizzazione completa, ha registrato differenze significative in termini di mortalità e di MACE sia a breve che a lungo termine, ma al prezzo di livelli di eterogeneità clinica tra gli studi troppo elevati, e tali da condizionarne fortemente la credibilità dei risultati; infatti, quando la analisi viene ristretta agli studi di alta qualità, che rispettano rigorosi criteri di preselezione, le differenze statisticamente significative spariscono.

 Considerate nel loro complesso, le meta analisi, da un lato, non confermano il sospetto di una minore sicurezza  della strategia aggressiva di trattamento di tutte lesioni nella MVD nei confronti della strategia di trattamento della sola lesione culprit; dall’altro, però, ne documentano un vantaggio solo in termini di riduzione della incidenza di ricorso a nuove procedure di rivascolarizzazione, senza offrire alcun reale beneficio in termini di mortalità e di reinfarto nei confronti del trattamento isolato della IRA.

 

ü        Quale gamma di opzioni disponibili?

Nella vita reale, la gestione della MVD nel contesto clinico dello STEMI può essere realizzata con due approcci fondamentali: quello aggressivo, che prevede il trattamento globale nella fase acuta di tutte lesioni coronariche significative documentate, e quello conservativo che prevede il trattamento in fase acuta della sola IRA, lasciando la possibilità di trattare le altre lesioni non responsabili solo in occasione di episodi di ischemia ricorrente. Di entrambi gli approcci esistono vantaggi e svantaggi ormai abbastanza chiariti ed esaminabili per l’approccio aggressivo nella tab.1

 

 

 

 

Approccio aggressivo della MVD

Vantaggi

Svantaggi

Rivascolarizzazione completa

Aumento del volume di m.d.c.

e del rischio di CIN

Tratta la ischemia remota

Aumento della dose di radiazioni

Tratta le lesioni instabili

Il trattamento delle lesioni non culprit è esposto a complicanze potenzialmente fatali

Incontra le preferenza del paziente

Il trattamento delle lesioni addizionali è gravato da instabilità clinico-emodinamica

 

Milieu pro trombotico ed infiammatorio nella fase acuta dello STEMI

Tab 1

 

e per l’approccio conservativo nella tab 2.

 

Approccio conservativo della MVD

Vantaggi

Svantaggi

Tratta solo la lesione culprit

Lascia non trattate lesioni in grado di produrre ischemia significativa

Evita le complicanze associate al trattamento delle altre lesioni

E’ esposta al rischio di ischemia ricorrente spontanea

La indicazione al trattamento della lesione non culprit può essere supportata da test provocativi di ischemia

I pazienti devono sottoporsi sistematicamente ad una nuova procedura interventistica

Consente la possibilità di discutere con il paziente i rischi e i benefici del trattamento della lesione non culprit

 

Tab 2

 

Accanto a questi due fondamentali approcci se ne è sviluppato un terzo che potremmo chiamare intermedio, che prevede il trattamento dell’IRA in fase acuta seguito dal trattamento stadiato delle altre lesioni. Questa opzione di trattamento, che sembra ragionevole, è stata finora studiata in maniera inadeguata e solo da alcuni studi randomizzati di piccole dimensioni, in cui i bassissimi valori di mortalità intraospedaliera (compresi tra 0% e 1.4%) tradiscono la selezione di una popolazione a basso rischio i cui esiti non possono essere assolutamente considerati generalizzabili alla popolazione della vita reale.

Kornowski, tra gli argomenti prodotti a sostegno della rivascolarizzazione completa, oltre a sottolinearne la relazione nella popolazione generale con una prognosi a lungo termine migliore, focalizza altri  due aspetti cruciali: l’impatto della instabilità di placca che,  durante lo STEMI, coinvolge, attraverso la disfunzione endoteliale e l’attivazione piastrinica, l’intero albero coronarico e non la sola lesione culprit e la aspettativa del paziente che percepisce la soluzione definitiva dei suoi problemi all’interno di un unico ricovero come  la opzione più desiderabile. Lo stesso Kornowski, però, sembra considerare più pesante il ruolo delle argomentazioni contro la esecuzione della rivascolarizzazione completa, perchè si verrebbe a realizzare in un contesto clinico reso fortemente  instabile dalla disfunzione ventricolare sinistra e dal rischio aritmico della fase acuta, perché la condizione di esaltata vasomotricità coronarica dello STEMI induce spasmo e rende più probabile la sovrastima della severità delle lesioni non culprit, perché, infine, non lascerebbe il tempo necessario a discutere con il paziente e con i suoi familiari del bilancio rischio/beneficio di una soluzione completa in una sola procedura, esposta comunque alla prospettiva potenzialmente disastrosa della compromissione contemporanea di flusso nel territorio della lesione culprit e di quella non culprit.

Verosimilmente, questo problema è stato affrontato finora con un eccesso di semplificazione, nel senso che la separazione in due opzioni fondamentali appare troppo schematica per comprendere tutti i possibili scenari che possono presentarsi nella pratica quotidiana (ne sono stati calcolati oltre 60!) attraverso la combinazione nel singolo paziente delle molteplici variabili cliniche ed angiografiche note. Purtuttavia la complessità del problema rende poco realistica la progettazione e la realizzazione di un trial randomizzato capace di trovare una risposta adeguata a tutte le situazioni potenzialmente ipotizzabili.

In conclusione, la MVD nello STEMI non può essere considerate una entità singola e, pertanto, il trattamento va individualizzato nel singolo paziente.

Le seguenti regole possono essere proposte fino a quando trial clinici randomizzati, adeguatamente disegnati per rispondere ai molti quesiti ancora attualmente insoluti, non documentino indicazioni radicalmente diverse:

·         Il trattamento della sola lesione culprit dovrebbe rappresentare l’approccio di prima scelta nella gestione della PTCA primaria nello STEMI con MVD.

·         L’approccio aggressivo che estende il trattamento percutaneo a tutte le lesioni veramente critiche può essere giustificato solo nei pazienti emodinamicamente instabili.

·         Lesioni significative nei vasi non culprit dovrebbero essere trattate sia con terapia medica o attraverso procedure di rivascolarizzazione stadiata: entrambe le opzione appaiono al momento attuale ragionevoli.

 

 

 

 

 

 

 

 

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