Epidemiologia e clinica degli aneurismi dell’aorta addominale

 

Osvaldo Silvestri

Cardiologia Riabilitativa AORN “A. Cardarelli” Napoli

 

 

Introduzione

Secondo le Linee Guida NCEP ATP III un paziente affetto da aneurisma dell’aorta addominale (AAA), di qualunque dimensione, è affetto da una condizione di rischio equivalente ossia ha un rischio di eventi cardiovascolari maggiori (morte o IMA)> 20% a 10 anni ed inoltre ha il rischio aggiuntivo della rottura dell’aneurisma. Il rischio elevato di eventi è legato ad un’alta probabilità di coesistente patologia coronarica e vascolare spesso asintomatica.

Il cardiologo, pertanto, nel considerare la gestione integrata del paziente con AAA, deve tener conto innanzi tutto della localizzazione dell’aneurisma, della definizione delle sue caratteristiche e della monitorizzazione della patologia nel tempo. Successivamente deve ricercare ed inquadrare  la eventuale coronaropatia e/o delle vasculopatie associate che possono condizionare la strategia da adottare.

 

Epidemiologia

La prevalenza dell’AAA varia negli studi epidemiologici in rapporto al tipo di popolazione presa in esame e all’tà.

Si definisce aneurisma una dilatazione di un tratto di vaso arterioso di 2 volte superiore al segmento considerato di calibro normale nel settore soprastante o sottostante. Alcuni autori considerano aneurismatica l’aorta addominale  che in regione sottorenale raggiunga un diametro ≥3 cm  oppure con un rapporto tra il dismetro dell’aorta sottorenale e quello a livello della mesenterica superiore >1,2 misurato con l’ecografia B-mode.

Più del 95% degli AAA riconoscono un’etiologia aterosclerotica. Altre cause possibili sono quelle infiammatorie, in cui il processo flogistico e fibrotico raggiunge e spesso coinvolge gli organi contigui. Possibili sono anche i processi infettivi come quelli micotici e batterici della parete aortica, spesso da salmonelle, che determinano uno stato settico complicato talora da embolizzazioni settiche distali.

L’aneurisma dell’aorta addominale sottorenale rappresenta circa l’85% degli aneurismi aortici. Sono presenti in circa il 2% della popolazione adulta occidentale ed in particolare ne è colpito il 3-6% nella popolazione generale dai 65 ai 74 anni. Poco frequente prima dei 55 anni, la prevalenza degli AAA negli uomini aumenta rapidamente dopo i 55 anni . L’AAA è presente in circa il 5% degli uomini di età >65 anni

e raggiunge un picco massimo del 9% dopo i 74 anni, mentre nelle donne aumenta dopo i 70 anni con un picco del 4,5% a 90 anni. Aneurismi di grandi dimensioni (circa 6 cm di diametro) sono a rischio elevato di rottura e senza un intervento rapido, sono spesso fatali, tanto che la rottura di aneurisma rappresenta la 13° causa di morte nel mondo occidentale. La mortalità extraospedaliera da rottura di AAA raggiunge il 90%. Il rischio di rottura è rispettivamente del 9% all’anno per gli AAA di diametro superiore a 6 cm, e del 25% all’anno per quelli di diametro superiore a 8 cm. La prognosi, in ogni caso, è sfavorevole in quanto la sopravvivenza a 5 anni per pazienti con AAA di diametro superiore a 5 cm non sottoposti a intervento è intorno al 20%.

 

Fattori di rischio e patogenesi

Il principale fattore di rischio è rappresentato dal fumo di sigaretta che aumenta di 6 volte il rischio di sviluppare un AAA. Il rischio aumenta con la durata dell’abitudine tabagica  si riduce gradualmente dopo la sua sospensione. Il fumo di sigaretta da solo causa circa il 75% degli AAA.

Un altro importante fattore di rischio è rappresentato dall’età: l’età avanzata > 65 anni  rappresenta un fattore di ischio indipendente non modificabile con un rischio relativo pari a 1.71 ogni 7 anni d’età.

Un altro importante fattore di rischio è rappresentato dalla familiarità specie per i maschi di età avanzata con parentela stretta nei confronti di un paziente portatore di AAA.

È stata evidenziata anche una trasmissione genetica del rischio di sviluppare un AAA talvolta con modalità di trasmissione di tipo autosomico dominante legata al cromosoma X.

Non tutti gli autori riconoscono come fattore di rischio l’ipercolesterolemia e in particolar modo i valori di colesterolo LDL, mentre vi è quasi totale accordo nel non ritenere l’ipertensione arteriosa come un fattore di rischio mentre è riconosciuta una stretta associazione tra la presenza di arteriopatia obliterante degli arti inferiori o di malattia ostruttiva delle carotidi o delle coronarie e AAA.

Il diabete, a differenza della malattia coronarica non costituisce fattore predisponente all’AAA.

L’AAA va comunque inquadrato in una generale tendenza alla malattia aneurismatica. Infatti un quarto dei pazienti con aneurisma dell’arteria poplitea sono affetti anche da AAA e sembra che anche l’ernia inguinale sia una condizione che possa trovarsi associata all’AAA forse perché entrambe le situazioni sono provocate da una condizione degenerativa del tessuto connettivo. Il processo che fondamentalmente condiziona la patogenesi dell’AAA è caratterizzato da infiammazione, perdita di cellule muscolari lisce e aumentata proteolisi. L’infiammazione cronica presente nella parete aneurismatica porterebbe a uno squilibrio dell’attività enzimatica proteolitica che, a sua volta provocherebbe la degradazione della matrice proteica e ulteriore indebolimento dilatazione e rottura della parete aortica. Le metallo-proteinasi liberate dalle cellule infiammatorie ematiche degradano le fibre di tessuto connettivo che costituiscono l’impalcatura della parete aortica. È stato dimostrato che il livello di queste metallo-proteinasi contenute nella parete aortica di soggetti portatori di AAA e sottoposti ad aneurismectomia è  superiore almeno di  sei volte a quello presente in aorte addominali di normali dimensioni . In particolare i livelli di queste metallo-proteinasi sarebbero in diretta correlazione con la velocità di progressione del diametro dell’aneurisma e non con le dimensioni assolute.

 

Presentazione clinica

 Clinicamente circa i ¾ dei pazienti sono asintomatici al momento della diagnosi, che generalmente si effettua in seguito al riscontro occasionale di una massa pulsante addominale o mediante ecografia addominale o radiografie eseguite per altre patologie. Frequentemente la prima manifestazione clinica è la rottura con relativa emorragia addominale spesso fatale per il paziente. Inoltre, nella maggior parte dei quadri di rottura di AAA, inizialmente i parametri vitali sono nei limiti della norma e solo in alcuni l’esordio provoca severa ipotensione. Raramente il paziente con AAA avverte dolora addominale tale da costringerlo al ricovero. È rara la presenza di dolore addominale, dolore al basso dorso o claudicatio intermittens degli arti inferiori, impotenza e, ancora più rara, ischemia acuta degli arti inferiori causata da embolizzazione a partenza dall’aneurisma.

L’esame obiettivo non può prescindere dalla palpazione addominale. Un’attenta palpazione eseguita all’altezza dell’ombelico ha una sensibilità del 100% nell’identificare un aneurisma di diametro  maggiore a 5 cm in un soggetto magro (circ. addomin: < 100cm). La sensibilità e la specificità si riducono per individuare aneurismi di minore grandezza ( sens. 29% fino a 4 cm, 50% fino a 5 cm, 76% in tutti gli aneurismi maggiori di 5 cm ).

 La palpazione inoltre può  evidenziare una “dolorabilità alla palpazione” in un punto qualsiasi della massa aneurismatica. parete addominale. I chirurghi hanno enfatizzato questo segno come potenziale marker di fragilità della parete assottigliata e infiammata e quindi a rischio di rottura. L’esame obiettivo deve essere inoltre integrato dalla palpazione dei polsi arteriosi delle gambe spesso asimmetrici.

 

Diagnosi strumentale

Frequentemente il sospetto di AAA  è un reperto di accidentale riscontro durante l’esecuzione di un’ecografia addominale odi un Rx diretto dell’addome richiesto per patologie diverse.

La prima procedura diagnostica, oltre alla valutazione clinica, è ultrasonografica con Ecocolordoppler..

L’ecografia B-mode dell’addome è un esame economico, diffusamente disponibile non invasivo dotato di elevata sensibilità diagnostica (82-99%).

L’Ecocolordoppler consente di evidenziare il profilo, della parete aortica e il diametro nonché fornisce informazioni sull’origine dei principali rami di derivazione. In caso di ectasia-aneurisma, consente di valutare il diametro a livello delle renali (sopra e sotto), il diametro massimo dell’aorta e dei suoi rami e se esiste un colletto rettilineo sotto le renali. Evidenzia ispessimenti parietali (aortite - aneurisma infiammatorio), la presenza di trombo endoluminale o la presenza di segni di dissecazione. L’imaging radiologico con angio-TC o angio-RM (integrativo) completa lo studio ultrasonografico nella determinazione della sede e della natura della lesione, e nella valutazione della patologia di parete, in previsione di un approccio ricostruttivo chirurgico o endovascolare.
Lo studio angiografico (integrativo e complementare) è indicato solo nei pazienti con patologia arteriosa associata o ai pazienti destinati ad intervento chirurgico nei quali la diagnostica non invasiva non sia ritenuta sufficiente, in funzione della tecnica che si intende utilizzare.
L’ecodoppler è indicato nello studio periodico dei pazienti operati di rivascolarizzazione aortica o aorto-iliaco-femorale. Il referto deve riportare la presenza di complicanze anastomotiche, di trombosi endoluminali, il diametro della protesi e, nei casi trattati con protesi endovascolari, la presenza di flusso ematico periprotesico.
Poiché quindi gli AAA con diametro < di 5 cm gli AAA in soggetti in sovrappeso sono difficilmente identificabili all’esame obiettivo  si comprende come l’ecografia dell’aorta addominale sia l’esame principale per identificare un AAA soprattutto nelle fasi iniziali. Da ciò emerge la necessità di non omettere mai una rapidissima osservazione dell’aorta addominale in tutte quelle occasioni in cui il paziente si avvicina ad una esplorazione ecografica sia di tipo internistico addominale, sia di tipo cardiologico ecocardiografico.

La TAC addominale, standard o spirale, è l’esame golden standard per la miglior definizione anatomica delle dimensioni e per il timing ottimale all’intervento oltre che per fornire alcuni elementi essenziali per il chirurgo e per l’interventista come il colletto (distanza fra il punto di distacco delle renali e l’inizio della dilatazione aneurismatica) o la qualità della parete in alcuni punti strategici.

 Inferiore alla TAC è considerata la RMN, che sembra possedere una sensibilità sovrapponibile alla

TAC, ma è meno utile nell’evidenziare l’estensione soprarenale dell’aneurisma, fornendo meno informazioni su eventuali coinvolgimenti o altre patologie degli organi vicini. L’angiografia ha gli svantaggi di non fornire una misura esatta del diametro dell’aneurisma, di essere un esame invasivo e di comportare un rischio non indifferente di gravi complicanze; è comunque utile in quanto fornisce maggiori informazioni riguardo la presenza di una patologia a carico delle arterie delle gambe, di una concomitante patologia delle arterie renali e mesenteriche.

 

 

Prognosi

Mediante l’ecografia è possibile valutare l’accrescimento annuo che, seppure variabile da paziente a paziente e per nulla lineare nel tempo, è in media di 0,4 cm all’anno. Gli aneurismi di maggiori dimensioni (superiori ai 6 cm) crescono più rapidamente, mentre per gli aneurismi con diametro inferiore ai 4,5 cm la velocità di accrescimento appare più lenta.
Il rischio di rottura spontanea dell’AAA è direttamente proporzionale al diametro massimo. Esso è stato valutato a 5 anni del 9% per diametro inferiore a 4,5 cm, del 35% per diametro fra 4,5 e 7 cm e del 75% per aneurismi maggiori di 7 cm di diametro.

Solo il 15-20% degli aneurismi tendono  a non incrementare di diametro nei controlli successivi.

Del restante 80% che progressivamente tendono ad aumentare, il 15-20% mostra un incremento di dimensioni  maggiori di 0.5 cm/ 6 mesi.

Secondo dati più recenti la percentuale di rottura a 1 anno è del 9,4% per diametri compresi tra 5,5 e 5,9, del 10,2% per diametri tra 6 e 6,9 cm e del 32.5% per diametri maggiori di 7 cm.
Costituiscono fattori di rischio della rottura dell’aneurisma il sesso femminile, lo stato di fumatore, una maggiore pressione arteriosa media ed un incremento > 0,5 cm/6mesi..

Il rischio annuale di rottura per aneurismi con diametro fra 5 e 6 cm è dell’1% nei maschi e del 4% per le donne. Per aneurismi di 6 cm o più il rischio sale al 14% negli uomini e al 22% per le donne.

Uno studio recente ha riportato una percentuale di rottura di 25,7% a 6 mesi per aneurismi con diametro superiore agli 8 cm. Una casistica retrospettiva degli interventi di aneurismectomia in elezione fra il 1985 e il 1991 riportava una mortalità operatoria media del 3,5%,che diventava 5 volte maggiore in pazienti affetti da coronaropatia sintomatica, severa BPCO, insufficienza renale con creatinina > 3 mg/dl o con una frazione d’eiezione del ventricolo sinistro < 20%.

 

Valutazione pre-operatoria

In elezione, per ottenere risultati chirurgici a breve e lungo termine con una morbidità minima, è necessaria, oltre ad un’attenta valutazione della patologia aortica e della sua eziologia, la valutazione di patologia associata cardiaca e carotidea, che possono aumentare i rischi dell’intervento 4,7,17.18.
La valutazione pre-operatoria del rischio chirurgico è di primaria importanza, essendo il trattamento, chirurgico od endovascolare, degli AAA associato ad incidenza variabile di complicanze e mortalità, dipendenti dalla diversa invasività delle procedure, dal tipo di anestesia, ma soprattutto dalla età del paziente e dalla coesistenza di patologie associate, spesso anche gravi e che possono rendere il paziente inadatto al trattamento.
L’età del paziente è strettamente correlata con l’incidenza di complicanze e mortalità post-operatoria, tanto che dopo trattamento chirurgico in elezione degli AAA sottorenali la mortalità può raggiungere il 10% nei pazienti ottuagenari.
Il sesso costituisce un ulteriore fattore di rischio, essendo la mortalità post-operatoria del 50% maggiore nel sesso femminile, e risulta più elevata anche dopo trattamento di AAA in rottura.
Le malattie polmonari, ed in primo luogo la BPCO, comportano un aumento di complicanze respiratorie, più prolungata ventilazione meccanica post-operatoria ed ospedalizzazione, ma senza significativo aumento della mortalità.
Le complicanze cardiache costituiscono la principale causa di mortalità post-operatoria, con più alta incidenza in pazienti con pregressa patologia cardiaca. Una patologia coronarica significativamente presente nei portatori di AAA rende la valutazione cardiaca, mediante ecocardiogramma, scintigrafia con dipiridamolo, la misurazione della frazione di eiezione, e se indicata, la coronarografia, predominante nella quantificazione del rischio preoperatorio in pazienti clinicamente instabili o funzionalmente limitati da disturbi cardiaci. Una storia di infarto miocardico o di scompenso cardiaco congestizio sono fattori di rischio indipendenti per eventi cardiaci avversi anche nel trattamento endovascolare degli AAA, senza particolari differenze rispetto al trattamento chirurgico tradizionale.
E' sicuramente vantaggioso trattare una lesione coronarica mediante angioplastica (PTCA) prima dell'intervento aortico, se tuttavia è richiesto un intervento chirurgico di bypass coronarico, si dovrà cercare di non utilizzare l'arteria mammaria interna in-situ. Se vi è necessità infatti durante l'intervento aortico di dover clampare tra carotide e succlavia per il controllo dell'aorta prossimale, si andrà a privare il cuore dal flusso della mammaria sinistra.
Non vi è alcuna correlazione tra alterazioni di grado lieve della funzione renale pre-operatoria e mortalità post-operatoria nella chirurgia in elezione degli AAA18; una più alta incidenza di complicazioni post-operatorie sistemiche, compreso l’infarto miocardico acuto o la necessità di ventilazione meccanica prolungata, oltre che l’insufficienza renale acuta, si verifica invece in pazienti con livelli di creatininemia elevata (30% vs. 12,9%).
Nei pazienti affetti da diabete mellito non si riscontra più alta incidenza di complicanze e mortalità correlate che nei non diabetici, ma più alta incidenza di complicanze cardiache, respiratorie (11,5% vs. 3,2%, renali.