Processo alla resincronizzazione cardiaca

L'accusa

 

Gerolamo Sibilio, Pasquale Nocerino, Mattia Liccardo, Luigi Cavuto

Dipartimento Clinico di Malattie Cardiovascolari ASL Na2 Nord

U.O.C. Cardiologia-Utic Pozzuoli

 

 

I fatti (le ragionevoli certezze)

 

La mortalità e la morbilità dello scompenso cardiaco (SC) rimangono elevate, dando luogo a sintomi debilitanti e ad un'ospedalizzazione sempre più frequente, nonostante una terapia medica ottimale.Ciò si traduce in un elevato consumo di risorse per i sistemi sanitari (1).

La terapia di resincronizzazione cardiaca (CRT) rappresenta da alcuni anni un'opzione non farmacologica del trattamento dello SC. Le attuali linee-guida internazionali, sia americane che europee, pongono tale presidio terapeutico in classe I, livello di evidenza A, per i pazienti con SC refrattario alla terapia medica ottimale, sintomatici (classe NHYA III-IV), frazione di eiezione (FE) del ventricolo sinistro < 35% e dissincronia elettrica documentata dalla durata del QRS all'elettrocardiogramma (ecg) > 120 ms (2,3).

Il quadro anatomo-funzionale del ventricolo sinistro (“rimodellamento”) può essere parzialmente o totalmente corretto dalla CRT attraverso una stimolazione elettrica di entrambi i ventricoli (4).

Numerosi trials  clinici controllati hanno dimostrato che la CRT riduce i sintomi, aumenta la capacità all'esercizio e limita le ospedalizzazioni; ma oltre a migliorare la qualità della vita, diminuisce la mortalità cardiovascolare (in particolare quella secondaria a progressione dello SC) (1-10).

Recenti osservazioni stanno ad indicare che la CRT previene la progressione della malattia anche nei pazienti  con QRS  all'ecg >130 ms, con disfunzione ventricolare sinistra asintomatica o leggermente sintomatica (classe NHYA I-II), senza alcuna riduzione della mortalità (11).

La CRT, in questa tipologia di pazienti, non viene raccomandata dalle attuali linee-guida.

 

 

Le problematiche (le questioni non risolte)

 

Un limite importante è rappresentato dalla incapacità ad individuare prima dell' impianto  di tali dispositivi meccanici i pazienti nei quali non si evidenziano benefici prognostici quoad vitam et quoad valetudinem. La percentuale dei cosiddetti “non responders” alla CRT, varia , nelle varie casistiche tra il 20%-30% a seconda dei parametri utilizzati per definire tale categoria di pazienti. Soltanto studi osservazionali monocentrici hanno suggerito che uno o più indici di dissincronia meccanica possono essere utilizzati come fattori predittivi di risposta favorevole alla CRT, all'atto della selezione dei pazienti con disfunzione ventricolare sinistra (2). I molteplici indici ecocardiografici di dissincronia ventricolare comparsi in letteratura (anche utilizzando le nuove tecnologie quali il tissue doppler) non si sono al momento dimostrati applicabili nella selezione dei pazienti eleggibili alla CRT, come recentemente dimostrato dallo studio Prospect (12).

Inappropriata appare dunque la CRT in pazienti con durata del QRS < 120 ms (non evidenza di dissincronia elettrica) sulla base del riscontro ecocardiografico di dissincronia meccanica ventricolare: tale approccio, talora utilizzato nella pratica clinica e raccomandato per altro dalle linee-guida AIAC del 2006, non ha evidenze validate in letteratura.

Dati preliminari con l'utilizzo di ecocardiografia con la tecnologia dello Speckle Tracking 3D-4D (che consente una valutazione avanzata della cinetica regionale di parete e della dissincronia ventricolare) hanno al momento un interesse solo scientifico e non consentono un'implementazione dei nuovi software in ambito clinico, per l'individuazione dei pazienti “non responders” alla CRT (13).

Un'altra metodica quale la Risonanza Magnetica Cardiaca si è dimostrata promettente nel valutare preventivamente in unico esame, la distribuzione della fibrosi e/o cicatrice miocardica e la funzione ventricolare sinistra segmentaria e globale ai fini dell'ottimizzazione del sito di stimolazione e del recupero contrattile dopo CRT (14).

Tuttavia i dati derivano da piccoli studi monocentrici e tale metodica è poco diffusa in ambito nazionale e non consente il follow-up del cardiopatico che ha effettuato la CRT.

Al momento dunque la CRT, non scevra da rischi procedurali, viene effettuata in assenza di parametri clinico-strumentali codificati che consentano di distinguere tra pazienti responders e non responders (circa 1/3 degli impianti).

Un'altra criticità è il fallimento della procedura talora correlata all'impossibilità di accedere al seno coronarico o del posizionamento dell' elettrodo nella sede più distale del ramo venoso scelto ed alle difficoltà di ottenere una collocazione stabile del catetere stesso con soglia elettrica eccessivamente elevata. L'elemento determinante è rappresentato dalla “curva di apprendimento” dell'operatore.

Una problematica, molto controversa in letteratura, è l'indicazione alla CRT associata alla funzione di cardioversione-defibrillazione (CRT-D). La terapia con defibrillatore cardiaco impiantabile (ICD) ha dimostrato di prevenire la morte cardiaca improvvisa nei pazienti con SC -a rischio di eventi- che ricevono una terapia farmacologica ottimizzata (15,16).

Le linee-guida raccomandano che l'uso aggiuntivo della funzione di cardioversione-defibrillazione (CD) per la prevenzione primaria della morte cardiaca improvvisa sia riservato a tutti i pazienti con indicazione ad un ICD (classe I, livello di evidenza A) con aspettativa di vita >1 anno e con un basso grado di comorbilità (2,3).

E' utilizzo comune nella pratica clinica l'impianto di CRT-D nell'ottica di ottenere un'ulteriore riduzione della mortalità (soprattutto per quanto concerne la morte improvvisa).

Tale approccio è, a nostro avviso, dettato da indicazioni emotive (timore di problematiche medico-legali) più che da forti evidenze scientifiche.

Tali raccomandazioni infatti scaturiscono da un solo studio di piccole dimensioni e di durata troppo breve (studio Companion, in cui la CRT-D viene confrontata con la terapia medica e non con la CRT-P) (6).

Le raccomandazioni delle linee-guida presentano, a nostro giudizio, dei limiti in quanto non definiscono né il tipo né il numero di morbilità. L' individuazione di un' aspettativa di vita >1 anno rappresenta altresì un limite cronologico troppo ristretto, in quanto è noto in letteratura che i “vantaggi” dell' uso degli ICD si manifestano dopo i primi 18-24 mesi dall' impianto (4).

Un altro elemento importante è rappresentato dal fatto che nei pazienti con SC grave la mortalità è influenzata da variabili clinico-demografiche quali l'elevata comorbilità, l'età avanzata e la classe NHYA IV (4).

In tale subset di pazienti la funzione CD sulla sopravvivenza potrebbe essere inutile o poco rilevante. 

Dati definitivi di comparazione tra pacemaker con funzione di CRT (CRT-P) e CRT-D non sono disponibili. E' probabile che nello SC grave la potenziale maggiore efficacia della CRT-D rispetto alla CRT-P si annulli nel medio periodo a causa di un aumento della mortalità per SC. I risultati della CRT-D nei pazienti in classe NHYA III sembrano più favorevoli in termini modesti, ma non statisticamente significativi (riduzione della morte improvvisa di circa il 2%/anno), in quanto nei pazienti con rischio di morte cardiaca improvvisa <2,5%-3% è difficilmente ottenibile una riduzione significativa di tale evento (che per altro si manifesta in una piccola percentuale di casi, malgrado l'utilizzo della CRT-D).

Altri elementi degni di nota, che si evincono dai trials clinici e dalle metanalisi sono i vantaggi molto piccoli in termini di prolungamento della sopravvivenza ed i valori poco soddisfacenti in termini di numero di pazienti da trattare per salvare una vita (NNT) della CRT-D, a fronte di “effetti indesiderati” dovuti alla terapia (4).

In particolare si manifestano un numero doppio di decubiti della tasca, una frequenza alta di malfunzionamenti dei circuiti, di shock inappropriati del device (con peggioramento della qualità di vita) e di manufacturer recalls. I rischi sono reali, in quanto negli ultimi 15 anni l'impianto annuale di ICD è aumentato di 20 volte.

Non meno rilevanti sono i problemi economici: il costo aggiuntivo per anno di vita salvata-vissuta qualitativamente bene (ICER QALY) è a favore della CRT-P rispetto alla CRT-D. Nelle analisi di costo-efficacia l'età dei pazienti gioca un ruolo fondamentale: le simulazioni, non tutte univoche, presenti in letteratura, ci presentano rapporti obiettivamente poco favorevoli della CRT-D se contrapposti a quelli molto più favorevoli della CRT-P (17).

In definitiva i dati disponibili fanno apparire la terapia CRT con back-up di defibrillatore poco sostenibile anche dal punto di vista economico, se applicata con indicazioni molto estese.

Sulla base di quanto esposto, la CRT-D deve essere riservata, a nostro giudizio, nei pazienti più giovani (<75 anni), con bassa morbilità e/o elevato rischio di morte cardiaca improvvisa; la CRT-D non è indicata nei pazienti di età > 80 anni, in classe NYHA IV o con grave morbilità (insufficienza renale cronica, insufficienza respiratoria, diabete complicato, arteriopatia periferica, fibrillazione atriale). La zona grigia è rappresentata dalla fascia di età compresa tra 75 e 80 anni in cui è proponibile la CRT-D in maniera selezionata, nell’ottica di una Tailored therapy.

 

 

Conclusioni

 

Dati scientifici e considerazioni socio-economiche confermano l'importanza della CRT nel trattamento non farmacologico dello SC.

La CRT riduce la mortalità e la morbilità dei pazienti con SC grave.

Esistono  tuttavia delle zone grigie nell'attuale utilizzo nella pratica clinica giornaliera della CRT.

Non si conosce in quale misura la CRT, attraverso il meccanismo del “rimodellamento inverso” possa modificare il substrato che genera tachiaritmie pericolose per la vita.

Sono al momento presenti limiti strumentali nell'identificazione, prima dell' impianto, dei pazienti non “responders”alla CRT.

L' utilizzo della CRT-D, molto esteso in ambito clinico, non appare supportato da forti evidenze scientifiche.

Considerazioni cliniche, etiche e socio-economiche dovrebbero far riflettere sull'appropriatezza dell'uso della funzione di CD in combinazione alla CRT nella routine quotidiana di un Laboratorio di Elettrostimolazione; anche gli “effetti indesiderati” devono far meditare sull'uso allargato della funzione di CD.

Quantunque le analisi di costo-efficacia non devono condizionare le decisioni terapeutiche, tuttavia sono necessarie nell'ottica della razionalizzazione dei costi sanitari, al fine di promuovere una corretta allocazione delle risorse.

 

 

 

Bibliografia

 

 ADDIN EN.REFLIST 1.         Botto GL, Luzi M, Russo G, et al. [Cardiac resynchronization therapy with or without defibrillation backup: everything has been written?]. G Ital Cardiol (Rome). Apr;11(4):306-309

2.         Dickstein K, Cohen-Solal A, Filippatos G, et al. ESC Guidelines for the diagnosis and treatment of acute and chronic heart failure 2008: the Task Force for the Diagnosis and Treatment of Acute and Chronic Heart Failure 2008 of the European Society of Cardiology. Developed in collaboration with the Heart Failure Association of the ESC (HFA) and endorsed by the European Society of Intensive Care Medicine (ESICM). Eur Heart J. Vol 29; 2008:2388-2442.

3.         Jessup M, Abraham WT, Casey DE, et al. 2009 focused update: ACCF/AHA Guidelines for the Diagnosis and Management of Heart Failure in Adults: a report of the American College of Cardiology Foundation/American Heart Association Task Force on Practice Guidelines: developed in collaboration with the International Society for Heart and Lung Transplantation. Circulation. Apr 14 2009;119(14):1977-2016.

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