PROCESSO ALLA RIABILITAZIONE CARDIOVASCOLARE
La difesa
Carmine Riccio, Cesare Greco, Marco Malvezzi Caracciolo
U.O.
Cardiologia Riabilitativa A.O. San Sebastiano Caserta
Nel 1995 le
Clinical Practice Guidelines on Cardiac Rehabilitation dell’AHCPR
definivano l’attività della Cardiologia Riabilitativa come un
intervento a lungo termine omnicomprensivo articolato in
valutazione medica, prescrizione dell’esercizio, modificazione
dei fattori di rischio, interventi educazionali e di counseling[i].
La Cardiologia Riabilitativa è quindi una branca della
cardiologia che si occupa nella sua totalità della gestione del
paziente post-acuto, diretta da un cardiologo[ii]
che si avvale di un’equipe multidisciplinare capace di lavorare
in team. Le Task Force della ESC, facendo rifermento ai dati
scientifici disponibili, hanno ripetutamente sottolineato che
la stessa prevenzione secondaria dovrebbe preferibilmente
essere effettuata attraverso la Cardiologia Riabilitativa
[iii],
[iv] mentre nel 2007 due documenti dell’ACC/AHA
hanno definito i core components della Cardiologia Riabilitativa[v]
e le misure di performance che dovrebbero essere adottate per
verificarne l’efficacia[vi].
Nel 2008 sono state pubblicate le Linee Guida promosse in Italia
dall’ASSR che sono rivolte al medico di medicina generale e ai
programmatori sanitari[vii].
La
riabilitazione cardiologica è inoltre raccomandata con il più
alto livello di evidenza (Classe I) dalle Linee Guida della
European Society of Cardiology , dell’American Heart Association
e dell’American College of Cardiology per il trattamento dei
pazienti con cardiopatia.[viii]
,
[ix],
[x].
Analogamente
essa viene raccomandata anche dopo un episodio di scompenso
cardiaco[xi]
o dopo un intervento cardochirurgico[xii].
Malgrado
queste importanti e significative prese di posizione il processo
di cura in questo settore incontra ancora numerosi ostacoli:
le strutture di Cardiologia Riabilitativa non solo in Italia, ma
anche negli USA[xiii],
non sono ancora distribuite in maniera omogenea e da più
parti si lamenta un gap tra la domanda potenziale di
riabilitazione cardiologica e la reale richiesta di questo tipo
di servizio . Ciò è dovuto alla presenza di una serie di
barriere che tuttora limita l’accesso a queste strutture
specialistiche , soprattutto di tipo culturale, poiché l’
assistenza cardiologica è attualmente più orientata verso la
fase acuta che verso la fase post-acuta o cronica. Vi sono
infine ostacoli di tipo economico circa la sostenibilità di
programmi di esercizio e prevenzione secondaria articolati in
prestazioni multidisciplinari e quindi apparentemente costose;
in realtà è dimostrato che la riabilitazione cardiologica è un
intervento con un rapporto costo/efficacia molto favorevole sia
dopo un evento coronarico
[xiv] che dopo un episodio di scompenso
[xv] ; esso migliora la prognosi riducendo
le reospedalizzazioni e quindi le spese per l’ assistenza ed i
suoi costi per anno di vita salvato sono paragonabili a quelli
di altre terapie consolidate come i trattamenti
antidislipidemici, la trombolisi o l’angioplastica coronarica.
L’elemento
più paradossale è comunque rappresentato in Italia dalla
contraddizione tra l’ esistenza di indicazioni generalizzate
alla riabilitazione cardiologica, contenute nelle linee guida
sopra citate , e la realtà di un ricorso episodico a questo
percorso assistenziale nella realtà della nostra assistenza
sanitaria. Si impone pertanto alla cardiologia italiana una
profonda riflessione al fine di spiegare le profonde
discrepanze tra la dottrina teorica e la realtà quotidiana e di
avanzare proposte in grado di modificare positivamente la
situazione attuale.
Ma a questo
punto quello che è una posizione di difesa diventa un atto di
accusa: per quale motivo vi è un sottoutilizzo delle possibilità
offerte dal modello di cardiologia riabilitativa? Un’offerta che
in alcune regioni italiane, vedi in particolare Marche e
Sardegna, è ancora deficitaria, una modalità di rimborso che
incentiva una tipologia degenziale di riabilitazione che non può
essere il modello da applicare a tutti i pazienti, la scarsa
fiducia che ancora serpeggia tra gli addetti ai lavori sono
alcune delle motivazioni che vengono generalmente chiamate in
causa per giustificare il mancato ricorso alla cardiologia
riabilitativa.
Di fatto i
centri di riabilitazione accolgono in oltre il 60% dei casi
pazienti post cardiochirurgia,nei quali una spinta determinante
al ricovero in cardiologia riabilitativa è stata data in un fase
iniziale dalla necessità dei cardiochirurghi di accelerare il
turnover dei loro pazienti. Secondo tutte le LLGG internazionali
i pazienti che sono stati sottoposti a BPAC o a riparazione o
sostituzione valvolare sono naturali candidati a ricevere i
programmi offerti dalla Cardiologia Riabilitativa (CR)4,[xvi]
Autorevoli pubblicazioni hanno chiaramente dimostrato che la CR
migliora l’outcome dei pazienti rispetto alla “usual care” della
pratica clinica verosimilmente per il fatto che i programmi di
CR focalizzano speciali risorse e attenzione alla modifica dei
fattori di rischio CV, alla ottimizzazione della terapia, alla
educazione ed al counselling, favorendo in tal modo un effettivo
cambiamento dello stile di vita e una miglior aderenza alla
terapia. In aggiunta, la CR in ambito degenziale dopo
cardiochirurgia rappresenta un ponte tra la dimissione dalla
fase acuta e il ritorno ad una vita indipendente a domicilio,
favorendo la stabilizzazione e l’autonomia funzionale avviando
nello stesso tempo il processo di prevenzione secondaria.
Soprattutto nei pazienti a rischio medio-alto di eventi, quali
gli anziani, le donne, e i portatori di comorbidità e disabilità
un passaggio anche precoce in CR degenziale permette di
assicurare una appropriata gestione clinica, un più rapido
recupero funzionale, e contemporaneamente l'ottimizzazione
terapeutica e l'avvio di un programma multidimensionale di
prevenzione secondaria.
Offerta
assistenziale attuale
L’ISYDE è una
rilevazione dell’attività dei 165 centri di riabilitazione
cardiologica partecipanti sui 190 presenti in Italia, tra la
fine di gennaio e l’inizio di febbraio 2008 . Nei 14 giorni di
durata dello studio venivano ricoverati nei 2421 letti di
degenza cardiologica riabilitativa 2281 pazienti con una degenza
media di 18 giorni ed una proiezione annuale di accoglienza per
circa 60.000 pazienti. Nei 352 letti di day-hospital la durata
media degli programmi riabilitativi era di 23 giorni e negli
ambulatori gli accessi erano in media 14, distribuiti entro un
periodo di tempo medio di 87 giorni. Per quanto riguarda le
indicazioni alla riabilitazione cardiologica, è interessante
notare che ben il 55.8% dei pazienti erano provenienti dalle
cardiochirurgie ( 30.1% dopo by-pass aorto- coronarico, 15.8%
dopo chirurgia valvolare, 7.5% dopo chirurgia toracica) mentre
solo l’8.8% perveniva in riabilitazione dopo una sindrome
coronarica acuta, il 12.2% dopo un’angioplastica coronarica e
l’1.8% dopo un ricovero per angina pectoris. Analogamente solo
il 12.5% dei pazienti perveniva in riabilitazione cardiologica
dopo un episodio di scompenso cardiaco. Questi dati, proiettati
sul periodo di un anno testimoniano la capacità globale delle
strutture di riabilitazione di circa 60.000 pazienti/anno con
degenza media 18 giorni : di questi, con buona approssimazione,
35.000 dopo intervento cardochirurgico, 15.000 pazienti dopo
sindrome coronarica acuta o PTCA e 7.000 dopo un episodio di
scompenso cardiaco.
Fabbisogno
assistenziale
I seguenti
dati sul fabbisogno assistenziale sono stati ricavati da
un’analisi dell’ epidemiologia dell’infarto miocardico acuto,
dello scompenso cardiaco e degli interventi cardiochirurgici
compiuta attraverso i dati del SIO (Servizio Informativo
Ospedaliero) o dei data base della società di chirurgia cardiaca
(SICHR) ed emodinamica (SICI-GISE). E’ opportuno valutare le
ricadute in termini assistenziali di una applicazione letterale
delle indicazioni delle Linee Guida sopra citate, facendo
riferimento per omogeneità , quando possibile, a dati relativi
all’anno 2004. Nel 2004 venivano dimessi vivi dagli ospedali
italiani e quindi erano in linea di principio elegibili per un
programma di riabilitazione 90.175 pazienti con diagnosi
principale di infarto miocardico acuto; nello stesso anno
venivano dimessi vivi e quindi erano elegibili per un programma
di riabilitazione 134.937 pazienti con diagnosi principale
riconducibile ad episodio di scompenso cardiaco. Analogamente
nel 2003 venivano eseguiti interventi maggiori di
cardiochirurgia su 50.000 pazienti e nel 2004 115.000
angioplastiche coronariche. Anche ammettendo che tra le ultime
categorie di pazienti possano esserci state delle
sovrapposizioni ( pazienti infartuati sottoposti ad
angioplastica e poi a bypass aorto-coronarico) è evidente che la
mole di pazienti che, in linea di principio, sono candidati ad
un intervento di riabilitazione cardiologica è enorme ed eccede
di gran lunga le potenzialità delle strutture riabilitative
cardiologiche italiane, assommando tra i 250.000 ed i 300.000
pazienti
Il modello
perseguibile e realizzabile nel mondo reale dovrebbe prevedere:
1)
Ogni paziente che abbia superato la fase acuta di una
cardiopatia necessita di un’ assistenza a medio e lungo termine
congrua al tipo di patologia alla sua gravità. Tale assistenza
dovrà essere fornita nelle strutture idonee ai bisogni: nella
maggior parte casi sarà sufficiente un programma strutturato di
Riabilitazione/prevenzione secondaria ambulatoriale da gestire
direttamente dalle strutture per acuti; in altri casi a media
complessità/gravità la fase subacuta potrà essere gestita
ambulatorialmente o in DH da strutture riabilitative dedicate
(capaci di garantire comuque un intervento multifattoriale e
polispecialistico) ; infine in una minoranza di casi sarà
necessario il ricovero riabilitativa in strutture specialistiche
dedicate . Nel presente documento sarà affrontato estesamente il
quesito circa le indicazioni alla riabilitazione degenziale,
intendendo per questa la degenza ordinaria e non in DH..
2)
E’ necessario introdurre, accanto a quello della
indicazione alla riabilitazione cardiologica, il concetto di
“priorità” dell’accesso alle strutture degenziali di cardiologia
riabilitativa. Occorre cioè definire con sufficiente precisione
quali sono le categorie di pazienti per i quali l’intervento
cardiologico riabilitativo non è solo utile ma irrinunciabile e
prioritario ed ai quali va assicurato l’accesso alle strutture
dedicate.
3)
Per identificare le categorie con indicazione
irrinunciabile ad un percorso riabilitativo inizialmente
degenziale occorre riferirsi al livello di rischio delle
popolazioni di pazienti, garantendo che le prestazioni
riabilitative siano fornite innanzitutto ad i pazienti a rischio
clinico più alto, nella convinzione che l’intervento su questi
pazienti sia più efficace in termini di outcome.
4)
Vi è comunque la necessità di ridefinire le modalità con
cui si svolge l’attività di riabilitazione cardiologica poiché,
anche indicando la priorità dell’intervento riabilitativo per
le minoranze di pazienti a più alto rischio nelle diverse
patologie, ragionevolmente si eccedono le potenzialità
organizzative degenziali attuali della riabilitazione
cardiologia.. E’ quindi necessario riformulare l’offerta
riabilitativa attraverso una qualificazione del ricorso alla
riabilitazione degenziale, sia in termini di selezione dei
pazienti che di durata della degenza, ed attraverso l’aumento
dell’offerta di riabilitazione ambulatoriale o anche domiciliare
per i soggetti a rischio più basso.
5)
“ E’ quindi necessario che l’ offerta riabilitativa si
articoli in modo organico su diversi livelli, potenziando in
modo cospicuo le strutture ambulatoriali sino ad ora
assolutamente carenti in modo da consentire un più appropriato
utilizzo delle strutture specialistiche degenziali, che comunque
devono essere incrementate e più equamente distribuite sul
territorio nazionale, per far fronte alle crescenti richieste e
a tipologie di pazienti sempre più complessi”
Occorre in
sostanza modulare l’intervento riabilitativo-preventivo secondo
livelli progressivi
[xvii]:
1 assicurare
a tutti una corretta informazione/educazione sulla propria
malattia e sulle abitudini di vita sa seguire
2 pazienti
selezionati devono essere avviati a percorsi di
riabilitazione-prevenzione secondaria da effettuare a livello
ambulatoriale, agili e poco costosi
3 pazienti a
rischio più alto per complessità o comorbidità devono accedere
ad un programma di Cardiologia Riabilitativa inizialmente
degenziale e poi ambulatoriale, di tipo omnicomprensivo.
Conclusioni
In base alle
indicazioni alla riabilitazione cardiologica definite come
prioritarie dal presente documento dovrebbero, secondo stime che
appaiono verosimili, essere avviati prioritariamente ad un
percorso riabilitativo inizialmente degenziale circa 30.000
cardioperati, 30.000 pazienti reduci da infarto miocardico acuto
e 35.000 pazienti dopo un episodio di scompenso ogni anno. La
potenzialità attuale delle strutture degenziali probabilmente
non consente di accogliere un numero così elevato di pazienti,
soprattutto qualora sia mantenuta l’attuale degenza media che
è di 18 giorni: è quindi evidente la necessità di riformulare
i percorsi assistenziali . Le stesse strutture riabilitative
dovranno specializzare la loro attività per rispondere ad
esigenze fortemente differenziate ed alcune di esse dovranno
non solo essere inserite nella rete del cardiopatico cronico ma
avere rapporti anche con la rete interospedaliera per la
cardiopatia ischemica acuta. . Le modalità di modifica ed
ammodernamento dei percorsi assistenziali della cardiologia
riabilitativa esulano dai compiti di questo documento e saranno
elaborate dalla società scientifica di settore e concordate con
le altre società scientifiche ma soprattutto con le autorità
regolatorie regionali .
Si ritiene,
quindi, che l’ analisi dell’epidemiologia clinica della fase
post-acuta apra una prospettiva nuova all’azione della
cardiologia riabilitativa . questa azione potrà essere portata
avanti in modo efficace solo in stretto collegamento ed accordo
con la cardiologia ospedaliera che opera nella fase acuta .
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