PROCESSO ALLA RIABILITAZIONE CARDIOVASCOLARE:
I Fatti
Domenico Miceli
UOSD Cardiologia Riabilitativa post – acuzie
Dipartimento di Fisiopatologia e Riabilitazione
Cardio-Pneumologica,
AO Monaldi, Napoli
Negli ultimi anni sono stati fatti notevoli progressi nella
cardiologia clinica e interventistica e nel trattamento delle
fasi acute delle patologie cardiovascolari, e questo ha portato
a una notevole diminuzione della mortalità. Per lo stesso
motivo, è aumentata l’esigenza di un recupero fisico e
psicologico dei pazienti, per un loro felice reinserimento nella
società e, quando possibile, anche nel mondo del lavoro.
Al tempo stesso, e come conseguenza, è cambiato anche il
concetto di Cardiologia Riabilitativa (CR). Ancora negli anni
‘80 il percorso di riabilitazione faceva riferimento quasi
esclusivamente alla componente dell’esercizio fisico, mentre
oggi i programmi di recupero sono più articolati, coinvolgono
più aspetti del problema e, soprattutto, in fase più precoce. Il
programma di allenamento riabilitativo, che prima iniziava molto
tardi, è stato modificato anche in seguito alla dimostrazione
dell’efficacia di un percorso di allenamento fisico di entità
moderata: le ristrette categorie di pazienti che venivano
inseriti in questi programmi e che erano costituite quasi
esclusivamente da pazienti reduci da un infarto miocardico non
complicato, sono ora più ampie e diversificate al loro interno,
comprendendo soggetti con infarto miocardico esteso, con
disfunzione ventricolare sinistra e scompenso cardiaco cronico,
operati di cardiochirurgia, portatori di device, pazienti
con arteriopatia periferica, e i pazienti vengono avviati
all’allenamento in una fase più precoce del percorso
riabilitativo. È stata inoltre provata anche la sicurezza e la
validità di programmi di training domiciliari, tuttora con
scarsa diffusione e comunque destinati a gruppi di pazienti
scelti. La CR si è evoluta anche per allinearsi al cambiamento
avvenuto nel contesto cardiologico di riferimento. Oggi nei
fatti la degenza in ospedale è molto più breve rispetto al
passato, perché si concentra essenzialmente sulla risoluzione
della fase acuta del problema: di conseguenza, la tendenza
attuale è quella di delegare al programma di riabilitazione
tutto l’insieme degli aspetti legati alla gestione del paziente,
quali la valutazione funzionale e globale della sua condizione,
il programma di esercizio fisico da seguire e l’opera
informativa ed educativa, attraverso la pianificazione di un
nuovo stile di vita che porti le necessarie modifiche alle
precedenti abitudini del soggetto, realizzando quel link ormai
ineludibile fra Riabilitazione Cardiologica e Prevenzione
Secondaria. Le responsabilità del percorso di riabilitazione
cardiologica sono perciò nuove e più numerose così come i suoi
obiettivi sono più ampi e complessi.
Eppure, nonostante il momento di grande vitalità e
valorizzazione che la CR sta vivendo, le sfide che attualmente
le vengono poste riguardano l’affermazione e la comprensione
dell’importanza che essa riveste ai fini di un approccio davvero
efficace alla malattia.
La programmazione sanitaria si sta sforzando di superare un modo
di pensare alle malattie cardiovascolari ormai obsoleto, che fa
sì che la maggior parte degli sforzi siano ancora rivolti alla
gestione della fase acuta della malattia.:infatti, sebbene
l’importanza del percorso di riabilitazione successivo alla fase
di emergenza sia stata finalmente riconosciuta, gli organismi
pubblici, designati a prendere decisioni in merito alle
caratteristiche specifiche delle CR, si trovano ancora in una
situazione di incertezza, che rende difficile stilare parametri
specifici di un'attività riabilitativa, nonché, di conseguenza,
valutare con precisione quelli esistenti. Intanto, un dato che è
possibile rilevare è la disparità che, al momento, ancora grava
sul sistema, non solo a livello territoriale, ma anche in
termini di requisiti desiderabili. A questo scopo è nato il
progetto ISYDE 2008 (Italian SurveY on carDiac
rEhabilitation-2008), uno studio d’osservazione longitudinale
del GICR-IACPR in grado di fornire dati accurati sulle strutture
di riabilitazione cardiologica del territorio nazionale dal
punto di vista dell’organizzazione e delle prestazioni offerte.
È stato rilevato che, rispetto al 2002, le strutture di
riabilitazione sono aumentate da 143 a 160, segnale positivo di
un trend che riconosce l’importanza fondamentale della
riabilitazione. Nel 59% dei casi si tratta di centri pubblici,
contro il 41% delle istituzioni private, anche se sono
soprattutto queste ultime a essere aumentate negli ultimi anni.
Tramite calcoli indicativi è possibile affermare che, in media,
esiste una struttura di riabilitazione cardiologica ogni 300.000
abitanti.
Emerge dunque una nuova sfida da vincere: il divario nella
distribuzione dei centri tra Nord e Sud del Paese. Attualmente
abbiamo una struttura ogni 250.000 abitanti al Nord, una ogni
350.000 nelle regioni centrali e una ogni 450.000 al Sud. Al
fine di valutare l’efficienza della CR in una nazione, un
parametro importante da considerare è il numero di posti letto
disponibili per abitante: attualmente, in Italia, i letti di
unità di CR disponibili sono 2421, che significa il 20% dei
posti letto totali per il ricovero nelle Cardiologie italiane.
Anche questo parametro mostra una discrepanza tra le regioni
settentrionali e il resto del paese Italia: il primato per la
disponibilità di ricovero spetta al distretto di Trento e
Bolzano, seguiti da Lombardia e Liguria, mentre si collocano in
fondo alla classifica la Sardegna, l’Umbria e la Basilicata, del
tutto prive di posti letto per la CR.
È da segnalare, però, che anche queste regioni si stanno
muovendo per il raggiungimento degli standard di efficienza
auspicati, dimostrando che le sfide lanciate dalle nuove
frontiere della medicina non cadono nel vuoto, ma fissano nuovi
traguardi, che diventano gli obiettivi dell’intero paese.
Un percorso di CR ottimale comprende diverse attività, di cui le
principali sono: l’esercizio fisico mirato, la correzione dello
stile di vita attraverso la scelta di una nuova e corretta dieta
alimentare, l’eliminazione del maggior numero possibile di
fattori di rischio, l’attività di monitoraggio e il supporto
psicologico necessario al paziente per affrontare la nuova
condizione. Sarebbe perciò opportuno che tutte le persone reduci
da un infarto o da un’angioplastica fossero indirizzate verso un
ambulatorio riabilitativo.
La fig.1 riporta le indicazioni alla Cardiologia Riabilitativa
in base ai dati ISYDE 2008.

Fig.1: indicazioni alla Cardiologia Riabilitativa – dati
progetto ISYDE 2008 – GICR-IACPR
Monaldi Arch Chest Dis 2008;70:e1-e31
Le Linee Guida Nazionali sottolineano come “la combinazione di
un adeguato monitoraggio e intervento clinico, un programma di
esercizio fisico e di interventi strutturati educativi e
psicologici rappresentino la forma più efficace di CR”.
I programmi di CR includono le seguenti componenti:
·
assistenza clinica volta alla stabilizzazione;
·
valutazione del rischio cardiovascolare globale;
·
identificazione di obiettivi specifici per la riduzione di
ciascun fattore di rischio;
·
formulazione di un piano di trattamento individuale con:
a.
interventi terapeutici finalizzati alla riduzione del
rischio;
b.
programmi educativi strutturati, dedicati e finalizzati a
un effettivo cambiamento dello stile di vita (abolizione del
fumo, dieta appropriata, controllo del peso, benessere
psicologico);
c.
prescrizione di un programma di attività fisica
finalizzato a ridurre le disabilità conseguenti alla
cardiopatia, migliorare la capacità funzionale e favorire il
reinserimento sociale e lavorativo;
·
interventi di mantenimento allo scopo di consolidare i risultati
ottenuti e favorire l’aderenza a lungo termine, garantendo la
continuità assistenziale.
Queste componenti si integrano nel progetto riabilitativo
individuale che identifica gli obiettivi da raggiungere nel
singolo paziente con gli strumenti a disposizione e
nell’intervallo di tempo in cui si prevede di poter effettuare
l’intervento.
Gli obiettivi nel breve termine sono:
·
perseguire la stabilità clinica;
·
limitare le conseguenze fisiologiche e psicologiche della
malattia cardiovascolare;
·
migliorare globalmente la capacità funzionale e incidere così
favorevolmente sul grado di autonomia, indipendenza e, quindi,
sulla qualità della vita.
Gli obiettivi nel medio e lungo termine sono:
·
ridurre il rischio di successivi eventi cardiovascolari;
·
ritardare la progressione del processo aterosclerotico e della
cardiopatia sottostante e il deterioramento clinico;
·
ridurre morbilità e mortalità.
È importante arrivare alla consapevolezza dell’importanza ora
rivestita dalla riabilitazione all’interno del percorso di cura,
in modo che i pazienti possano sapere cosa aspettarsi e cosa
richiedere. Gli operatori di settore, da parte loro, si
interrogano per capire se la CR sia pronta per il ruolo che le
viene affidato e studiano la situazione per individuare con
precisione quali siano i suoi punti di forza e di debolezza.
Lo studio ISYDE-2008, che ha censito le strutture di
riabilitazione cardiologica nel nostro paese, ha identificato il
paziente tipo da indirizzare al percorso di riabilitazione: si
tratta prevalentemente di un paziente anziano (dato conforme
alle statistiche che segnalano l’alzarsi dell’età media della
popolazione) che, nei due terzi dei casi, accede alla
riabilitazione dopo un intervento chirurgico per problemi
cardiaci, in particolare, nel 30% dei casi, dopo un intervento
coronarico. Per inciso, un dato che è emerso segnala che gli
uomini accedono alle strutture riabilitative molto più delle
donne (il 63% contro 27%). Questo dato è in linea con quanto
registrato in altre nazioni, per esempio gli Stati Uniti, e
secondo gli esperti si spiega facilmente con il fatto che le
donne si ammalano in età più avanzata rispetto agli uomini,
rendendole soggetti meno privilegiati nell’accesso ai programmi
di riabilitazione.
Tuttavia, bisogna chiedersi se dietro questo dato non si celi
invece un altro problema, ormai largamente segnalato in tutti i
paesi, e cioè che la salute delle donne, in linea generale,
viene maggiormente trascurata rispetto a quella degli uomini.
In linea di continuità rispetto gli obiettivi dell' Italian
Survey on Cardiac Rehabilitation ISYDE-2008 condotto dal
GICR-IACPR ed in coerenza con gli action-plans
sollecitati dalla Società Europea di Cardiologia sulla
implementazione delle linee guida di prevenzione delle malattie
cardiovascolari, il GICR ha ritenuto utile predisporre una
survey che consenta di raccogliere in modo sistematico e
accurato una serie di informazioni che permettano di definire
nel "mondo reale" le caratteristiche dei pazienti con
cardiopatia ischemica sottoposti a rivascolarizzazione
coronarica, che vengono avviati a programmi di CR, quali
interventi e trattamenti vengano attuati, e di verificare nel
breve e medio termine sia l'aderenza a tali trattamenti che il
perseguimento dei target raccomandati e il rapporto tra questi e
gli eventi e i consumi di risorse sanitarie.
Il progetto ICAROS (Italian Survey on CArdiac RehanilitatiOn and
Secondary prevention after Cardiac Revascularization) si
configura come una survey prospettica, longitudinale e
multicentrica, con raccolta dati web-based, il cui
disegno risponde allo scopo di descrivere puntualmente nella
realtà cardiologica italiana, attraverso un numero
rappresentativo di Centri di CR afferenti al network nazionale
del GICR-IACPR, le caratteristiche, il contenuto e gli effetti
nel medio termine dei programmi di CR degenziali o ambulatoriali
offerti a pazienti dopo un intervento chirurgico e percutaneo di
rivascolarizzazione coronarica. Gli obiettivi primari dello
studio, che concluderà il follow-up al termine del 2010, sono:
1. definire le principali caratteristiche cliniche dei pazienti
sottoposti a rivascolarizzazione chirurgica o percutanea avviati
a programmi di CR;
2. conoscere il contenuto dei programmi di CR in termini di
prestazioni diagnostiche, valutative, terapeutiche e di
interventi educazionali (volti a modificare lo stile di vita) e
di attività fisica (dai trattamenti individuali volti al
recupero delle autonomie al training fisico);
3. conoscere ed analizzare le terapie prescritte all'atto della
dimissione dalle strutture per acuti e quelle prescritte al
termine del programma di CR;
4. verificare l'outcome durante il trattamento
riabilitativo e a distanza di 6 mesi e di 1 anno dal termine del
programma di CR post-acuzie, la persistenza prescrittiva della
terapia farmacologica, l'aderenza agli stili di vita
raccomandati, il raggiungimento e mantenimento dei target
relativi ai fattori di rischio modificabili;
5. definire il consumo di risorse sanitarie maggiori (eventi
cardiaci maggiori, reospedalizzazioni, accessi al
pronto-soccorso, visite specialistiche) nel corso del primo anno
successivo ad un programma di CR.
La popolazione della survey è costituita da tutti i
pazienti dimessi consecutivamente durante il mese di
osservazione stabilito dopo un primo ciclo di CR sia in regime
degenziale che di day-hospital o ambulatoriale con una delle
seguenti diagnosi:
a. post rivascolarizzazione chirurgica anche se associata a
intervento su valvole o aorta ascendente
b. post angioplastica coronarica (rescue, primaria o
elettiva).
CONCLUSIONI
1)
La CR è stata definita una pillola a basso costo che può
ridurre la mortalità post-IMA fino al 25%: essa è dunque
ampiamente riconosciuta come il modello standard per il
trattamento globale del paziente cardiopatico in fase post-acuta
e costituisce il modello più efficace e cost-effective
per la implementazione di una strategia di prevenzione
secondaria adeguata sul medio-lungo termine.
2)Analizzando i dati SDO Ministero della Salute degli ultimi
anni si rilevano oltre 90.000 pazienti dimessi dopo infarto
miocardico acuto, circa 130.000 dimessi dopo angioplastica
coronarica, 140.000 pazienti dimessi dopo episodio di scompenso
cardiaco, 45.000 pazienti dimessi dopo chirurgia cardiaca, per
un totale di circa 450.000 pazienti/anno candidabili a CR.
3) Nonostante la rilevanza delle evidenze scientifiche
sull'efficacia dei programmi di CR sulla mortalità totale, su
quella cardiovascolare, sulla qualità della vita, emergono,
anche da numerosi e autorevoli studi osservazionali prospettici,
importanti elementi di criticità nel mondo reale: in
particolare, il numero dei cardiopatici che dopo un evento acuto
accede a programmi strutturati di CR è complessivamente
insoddisfacente, non superando, sia negli USA che in Europa e
più particolarmente anche in Italia, il 30% di quelli che ne
avrebbero un'appropriata indicazione.
4) Non è attualmente noto in Italia se i pazienti ammessi a
programmi di CR ricevano trattamenti coerenti rispetto alle
attuali Linee Guida e vengano dimessi nelle condizioni più
adeguate per ottenere una efficace prevenzione secondaria a
breve-medio termine.
5) Risultano ancora controverse le informazioni relative
all'efficacia e alla sostenibilità nel breve e medio termine di
vari modelli assistenziali post riabilitazione intensiva, da
quello spot in post-acuzie e svincolato da un successivo
programma di rinforzo nel tempo, a quello con periodici
controlli cardiologici a cura del centro di riabilitazione.
