La
gestione del paziente
con
ipertensione arteriosa polmonare:
dalla diagnosi alla terapia.
Rodolfo Citro, Dimitris Christodoulakis, Giovanni Gregorio.
U.O.
Utic-Cardiologia Ospedale San Luca Vallo della Lucania
Dipartimento Cardiovascolare EX
ASL SA 3 ASL SALERNO
L’ipertensione polmonare è una
condizione clinica caratterizzata da un aumento del post-carico
del ventricolare destro la cui espressione clinica è
condizionata dalla capacità di compenso del ventricolo destro.
Da un punto di vista fisiopatologico la IP è legata all’aumento
delle resistenze arteriose polmonari. La definizione di IP
contempla un parametro arbitrario emodinamico cioè l’aumento
della pressione arteriosa polmonare media > 25 mmHg. Tale
elevazione può essere accompagnata o meno dell’incremento della
pressione di incuneamento o capillare polmonare (PCP)
distinguendo rispettivamente due differenti condizioni e cioè la
IP pre-capillare (in cui la PCP è normale) e la IP
post-capillare (in cui la PCP è aumentata). L’IP può essere
riscontrata in molti quadri clinici che secondo la
classificazione di Dana Point del 2008 sono suddivisi in 5
grandi gruppi.
Il gruppo 1 è caratterizzato
dall’Ipertensione arteriosa polmonare (IAP) propriamente detta
che include la forma familiare, quella idiopatica, quelle
associate a farmaci anoressizzanti, malattie del tessuto
connettivo, difetti congeniti di cuore, all’infezione da HIV,
all’ipertensione portale.
Il gruppo 2 comprende tutte le
malattie del cuore sinistro che comportano un aumento della
pressione atriale sinistra e quindi della PCP.
Il gruppo 3 comprende tutte la
malattie parenchimali polmonari (BPCO, fibrosi polmonari ecc.)
Il gruppo 4 il cuore polmonare
cronico, dovuto a malattia trombo-embolica polmonare cronica
recidivante, caratterizzato dall’occlusione delle arterie
polmonari da parte di tromboemboli organizzati.
Il gruppo 5 comprende condizioni
eterogenee come la sarcoidosi, la istiocitosi X, la
linfangiomatosi, la compressione ab-estrinseco dei vasi
polmonari secondaria a tumori, adenopatie, mediastinite
fibrosante.
Queste differenti condizioni
cliniche si accompagnano a differenti quadri patobiologici,
fisiopatologici ed a strategie terapeutiche differenti. I
meccanismi patobiologici in particolare della IAP sono a
tutt’oggi sconosciuti, sembra che fattori genetici, fattori
predisponenti (sesso femminile, cardiopatie congenite) e fattori
esogeni (farmaci virus, anticorpi ecc.) possano svolgere un
ruolo determinante. La disfunzione dell’endotelio dei vasi
polmonari è virtualmente sempre presente ed è caratterizzata
dalla riduzione di fattori vasodilatanti ed antiproliferativi. (prostaciclina,
ossido nitrico) e dall’aumento di sostanze ad attività
vasocostrittiva e mitogena (endotelina, trombossano A2). Una
volta posto il sospetto di IP l’iter diagnostico prosegue con
l’esecuzione di ECG, Rx torace ed ecocardiogramma trans toracico
ETT. Le recenti linee guida della Società Europea di Cardiologia
raccomandano l’ETT come metodica di screening per la PAH in
pazienti con ipertensione portale e sclerodermia con livello di
evidenza I B e nei pazienti con altre malattie del tessuto
connettivo con livello di evidenza I C. Per gli aspetti
diagnostici della PAH si rimanda a quanto scritto in Citro R et
al Atti del Cuore Oggi e Domani 2007. Una volta confermata la
diagnosi di IP al fine di classificarla meglio, di stabilire
cioè a quale dei suddetti gruppi appartenga un determinato
paziente occorre eseguire prove di funzionalità respiratoria,
EGA, scintigrafia polmonare, TAC ad alta risoluzione, o
angiografia polmonare a seconda dei casi. Una volta che si è
giunti alla diagnosi di IAP esami ematochimici, Test dell’HIV ed
ecografia addominale serviranno a chiarire l’eziologia, mentre
il test dei 6 minuti di marcia e/o un test cardio-polomonare
serviranno a saggiare la capacità funzionale. Il cateterismo
cardiaco destro è fondamentale per la la stima della PCP e delle
resistenze arteriose polmonari nonché per il test di
vasoreattività. Il test acuto di vasoreattività consiste nella
somministrazione di vasodilatatori selettivi del circolo
polmonare. L’ossido nitrico per via inalatoria è l’ideale per la
sua breve emivita ma sono utilizzati anche l’adenosina per via
endovenosa e la prostaciclina. Una risposta positiva è data da
una riduzione della PAP media di almeno 10 mmHg e che raggiunge
un valore assoluto < 40 mmHg, associata ad una portata cardiaca
invariata o aumentata. I pazienti che soddisfano tali criteri
vengono definiti responders ed hanno buone probabilità di
risposta alla terapia cronica con calcio-antagonisti alle alte
dosi. Per i pazienti non responders (la maggioranza, circa il
90%) che una volta venivano trattati solo con farmaci di
supporto (digitale, diuretici ed anticoagulanti) sono emerse
negli ultimi dieci anni nuove opportunità terapeutiche con
farmaci ad azione cosidetta mirata che possono essere utilizzati
sia in monoterapia sia in combinazione. L’algoritmo terapeutico
proposto da diversi autori prevede l’uso, in prima istanza, in
pazienti in classe NYHA II di antagonisti recettoriali dell’endotelina
(Bosentan). Nei pazienti in classe NYHA III -IV oltre agli
antagonisti recettoriali dell’endotelina (Ambrisentan, Bosentan,
e Sitaxentan) possono essere utilizzati gli inibitori delle
fosfodiesterasi (Sildenafil), gli analoghi dei prostanoidi (Iloprost
inalatorio, Treprostinil per sc) o l’Epoprostenolo per via
endovenosa. In genere, si inizia con un farmaco somministrabile
per via orale al quale siccessivamente, in caso di insuccesso,
si associa un farmaco di un’altra classe. Và sottolineato che i
presidi terapeutici a disposizione attualmente non consentono
una guarigione definitiva. In caso di insuccesso della terapia
medica si prendono in considerazione la settostomia atriale ed
il trapianto polmonare o cuore-polmonare.
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