PARADOSSI DI CUORE
RIFLESSIONI SU SOCIETA’ E SANITA’
Giovanni Gregorio
U.O. Utic-Cardiologia Ospedale
San Luca Vallo della Lucania
Dipartimento Cardiovascolare
EX ASL SA 3 ASL SALERNO
“Ciò
che noi chiamiamo inizio
è spesso la fine,
E la fine è solo un inizio.
La fine è ciò da cui noi iniziamo”
T.S. ELIOT
Il termine “paradosso”
- dal greco paradoxon, composto da para, contro, e
doxa, opinione e dal latino paradoxum, - significa
contro, al di là, oltre la opinione comune. Esso indica, secondo
il dizionario enciclopedico Treccani, una “Affermazione,
proposizione, tesi, opinione che, per il suo contenuto o per la
forma in cui è espressa, appare contraria all’opinione comune o
alla verosimiglianza e riesce perciò sorprendente o incredibile”.
In realtà il termine assume vari significati che vanno dalla
contraddizione, alla ambiguità, all’enigma e all’ovvietà. Si è
soliti distinguere tra paradosso logico o negativo –
quando si intende rifiutare le premesse su cui si basa,
riducendole all’assurdo – paradosso retorico o nullo –
quando si tratta di una semplice manifestazione di sottigliezza
del ragionamento con l’intento di mettere in mostra l’abilità di
chi lo propone - paradosso ontologico o positivo –
quando intende rafforzare le conclusioni già assodate a cui
arriva, mediante ragionamenti ed argomentazioni inusuali - A
questo tipo di paradosso si riferivano Quine quando osservava
che “quello che per uno è contraddittorio, per un altro
diventa paradossale e, per un altro ancora, banale” e
Schopenhauer quando affermava che "la verità nasce come
paradosso e muore come ovvietà". Partendo dal concetto di
paradosso come affermazione contraria all’opinione comune,
Odifreddi, basandosi sulla considerazione che “ gli individui
possono anche essere intelligenti e colti, ma le masse sono
sicuramente beote e ignoranti, l’opinione comune è quasi sempre
sbagliata. Dunque, i paradossi sono quasi sempre pure e semplici
verità, e il tempo si diverte a sollevare lembi del grande velo
che le nasconde. Il che significa, spesso, che ambiguità,
rompicapi, dilemmi, enigmi, misteri, illusioni, inganni,
abbagli, sbagli, inconsistenze, contraddizioni e assurdità si
risolvono.” “ Leopardi disse una volta che i bambini possono
trovare tutto nel nulla, ma gli adulti non riescono a trovare
nulla nel tutto. A seconda dell'atteggiamento con cui si guardi
ad essi, i paradossi risultano appunto brandelli di nulla in cui
si può trovare tutto, o visioni del tutto in cui si può non
trovare nulla: lasciando ad altri tempi la ragionevolezza
dell'adulto, optiamo in questi per l'ingenuità del bambino”.
Il tempo, unitamente allo
spazio, è la categoria che ha da sempre scandito il cammino
dell’umanità. Allo spazio e al tempo è legato uno dei più famosi
paradossi dell’antichità: quello formulato nel V secolo a.C. da
Zenone di Elea in base al quale,in
una competizione fra
Achille, detto piè veloce, e la Tartaruga,
zampa lenta,
se Achille concede un piccolo vantaggio alla Tartaruga, non
sarebbe più stato in grado di raggiungerla, perché, mentre egli
avrebbe colmato la distanza che separava i due, la Tartaruga
avrebbe compiuto un piccolo pezzo in più di strada. Procedendo
così all’infinito i due non si sarebbero mai raggiunti. Numerosi
sono gli esempi di utilizzo del paradosso nelle sue diverse
sfumature, dalla filosofia all’arte.
Un esempio famoso lo si
ritrova nel celebre dipinto di Maurits Cornelis Escher delle
“Mani che disegnano” (1948) dove il paradosso principale
rappresentato è quello dell’autoreferenzialità dovuta al fatto
che ognuna delle mani sta disegnando l’altra.Tempo e spazio sono
stati oggetto nel corso dei secoli di studi e ricerche tesi a
misurarli e soprattutto ad adattarli alle diverse esigenze della
società.
A
proposito di
“tempo
e spazio”
Charles Lamb afferma che
“Niente mi sconcerta più del tempo e dello spazio. E tuttavia
niente mi preoccupa meno del tempo e dello spazio, visto che non
ci penso mai”. In genere non ci curiamo del tempo e dello spazio
ma a volte ci capita di chiederci che cosa sia il tempo, come
sia iniziato e dove ci conduca”
.
Tempo e spazio – luogo – hanno giocato e giocano un ruolo
fondamentale in Sanità.
Concetti e
modi di essere in sanità si modificano in maniera determinante a
seconda del tempo e dello spazio considerato. Nell’ Europa di
fine ‘800 già era chiaro il rapporto tra salute e società e si
andava diffondendo il concetto che la medicina curativa è uno
dei determinanti dello stato di salute di una popolazione ma non
il solo. Rudolf Virchow (1821-1902), giustamente sottolineava
che “il miglioramento della medicina potrà alla fine
prolungare la vita umana, ma il miglioramento delle condizioni
sociali può raggiungere questo risultato più in fretta e con
maggiore successo.”
Per avere
il senso da dove sono partiti i paesi industrializzanti si può
partire da uno dei più importanti musei della storia medicina,
il Thackray Medical Museum, allestito al St. James Hospital di
Leeds, città a circa 300 km a nord di Londra, dove è riprodotto
un angolo della città, a metà ottocento, con le abitazioni
poverissime, sporche, umide e sovraffollate, specchio di
condizioni igieniche generali carenti e di un quadro
epidemiologico dominato dalla malnutrizione e dalle malattie
infettive ed una speranza di vita alla nascita di 26 anni.
In quella stessa
terra, all’indomani del II Conflitto Mondiale venivano gettate
le basi per la costruzione di un moderno sistema sanitario e
soprattutto l’affermazione del
concetto
di salute come “diritto universale” e dell’ assistenza sanitaria
come “un servizio sanitario onnicomprensivo volto a garantire il
miglioramento della salute fisica e psichica delle persone
attraverso gli interventi di prevenzione, diagnosi e cura delle
malattie” . Sulla stessa lunghezza d’onda si muove
l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che all’atto della
sua costituzione (1949), definisce “La
salute”” uno stato di completo benessere fisico, mentale e
sociale e non semplicemente un’assenza di malattia o infermità”.
Un concetto, che superando il dualismo concettuale
“salute-malattia” afferma una visione dello “stato di benessere”
di un individuo o di una popolazione non unicamente correlato
con l’intervento sanitario ma allargato alle condizioni di vita
tant’è che l’atto
costitutivo dell’OMS,
nella
Dichiarazione Universale dei Diritti Umani afferma che “Ogni
persona ha diritto a un adeguato livello di vita che assicuri a
lui e alla sua famiglia la salute e il benessere, inclusi il
cibo, il vestiario, l’abitazione, l’assistenza medica e i
servizi sociali necessari, e il diritto alla sicurezza in caso
di disoccupazione, malattia, disabilità, vedovanza e vecchiaia.”Il
livello di istruzione, il tipo di attività lavorativa, lo stile
di vita, la organizzazione sociale e l’ambiente concorrono con
gradazioni diverse a determinare la condizione sanitaria di ogni
individuo.La società in cui si vive, la sua organizzazione, la
capacità di intervento del sistema sanitario, pesano in maniera
rilevante nel determinismo dello stato di salute. Ai fattori
sociali si legano i fattori ambientali: l’ambiente di lavoro, la
sua salubrità, il clima, l’inquinamento, rappresentano variabili
importanti per le condizioni di salute. L’influenza
dell’ambiente sull’individuo è stata analizzata e sviluppata
secondo ottiche e prospettive diverse.L’intensità e le modalità
di queste interrelazioni sono variamente valutate.Si va da chi
sostiene che l’influenza dell’ambiente si unisce ma non
sostituisce quella genetica a chi afferma la totale prevalenza
degli influssi ambientali sul comportamento, negando qualsiasi
ruolo alla componente genetica. In definitiva si può affermare
che l’individuo è soggetto a tutta una serie di sollecitazioni
provenienti dall’esterno che interagiscono variamente con lo
status determinato dal corredo genetico e dalle esperienze
precedenti. Su questo terreno va collocata la valutazione dello
stato di salute di una popolazione. La salute è un concetto
dinamico, legato al luogo, al tempo, alla società, all’ambiente
e allo stesso individuo. Così l’inizio dell’epoca moderna è
segnata dalla prevalenza delle malattie infettive e
trasmissibili. L’emergere poi nel corso del secolo di un quadro
epidemiologico dominato dalla patologia cardiovascolare e
neoplastica ha contribuito al tramonto della concezione ”
balistica” dell’origine delle malattie, di una concezione cioè
basata sul fatto che era sempre possibile identificare l’agente
responsabile di una determinata affezione, e l’affermarsi delle
teorie probabilistiche sulla origine multifattoriale delle
patologie degenerative, cardiovascolari e neoplastiche. La
transizione epidemiologica - avvenuta in Italia intorno agli
anni “40 e “50 - da una prevalenza di malattie acute ad una
condizione in cui predominano le affezioni cronico-degenerative
giustificano tale fatto. Le nuove difficoltà metodologiche
introdotte dal complicarsi del concetto di causa hanno portato
alla definizione della causa come “rete di causazione”,
terminologia che include il concorso di agenti diversi.Un altro
elemento che ha contribuito a rendere complesso il discorso è la
grande dinamicità assunta dalle malattie: il concetto di
“malattia in movimento” è stato introdotto per spiegare i
profondi cambiamenti subiti da diverse entità patologiche in
conseguenza della rivoluzione tecnologica che ha investito le
tecniche diagnostiche e terapeutiche.La stessa valutazione dello
stato di salute di una popolazione subisce variazioni legate ai
mutamenti culturali e scientifici. Cosi ad esempio ai classici
indicatori della mortalità e della morbilità se ne affiancano di
nuovi come la speranza di vita, la quota di vita libera da
disabilità e la mortalità evitabile.Questo ultimo
indicatore è dimensionato partendo dagli eventi sentinella
proposti da D.Rutstein e si basa sulle cause di morte che si
sarebbero potute prevenire con i mezzi diagnostici, preventivi e
terapeutici oggi disponibili. Sono considerate evitabili le
morti tra 5 e 64 ani dovute a tre gruppi di cause:
- il primo gruppo, legato
alla prevenzione primaria, comprende sette cause di morte
che potrebbero essere evitate mediante misure di prevenzione che
modifichino comportamenti e situazioni a rischio. Tra le cause
di morte dell’apparato circolatorio rientrano in questo gruppo
le moti dovute a disturbi circolatori dell’encefalo.
- il secondo gruppo,
legato a carenze di diagnosi e terapia precoce, e’
costituito da sei cause di morte evitabili con diagnosi e
terapia precoce;
comprende quattordici
cause di morte che si possono evitare mediante misure igieniche
e miglioramenti dell’organizzazione sanitaria. Rientrano in
questo gruppo le morti dovute a cardiopatia ipertensiva, a
cardiopatie reumatiche croniche, a malattie ischemiche.
L’analisi della mortalità
evitabile, espressa in tassi, consente una valutazione dello
stato di salute della popolazione e della efficienza del sistema
sanitario. Ciò apre nuove prospettive alla ricerca
epidemiologica in cardiologia contribuendo a dare ulteriori
significati allo studio delle malattie cardiovascolari.
Lo studio
poi della malattia nel contesto in cui si determina e si
sviluppa rappresenta una ulteriore tappa nella epidemiologia
delle malattie cardiovascolari nella cui insorgenza fattori
genetici, familiari, ambientali, socioeconomici, comportamentali
ed abitudini di vita possono giocare un ruolo determinante
riscrivendo, in termini moderni, l’affermazione espressa da
Vircow, nel secolo scorso, in base alla quale ogni civiltà ha la
responsabilità delle malattie da cui è colpita. E’ il concetto
delle “epidemie
artificiali”
dovute ai grandi turbamenti della cultura e della società.
La storia naturale delle
malattie cardiovascolari ha subito profondi mutamenti diventando
il risultato della interazione tra fattori esterni, genetici,
ambientali e del grande sviluppo tecnologico che ha modificato
tempi e modalità di presentazione, dinamica e tipologia degli
eventi morbosi.
Ciò viene avvalorato dal
fatto che anche se una malattia può derivare da cause
molteplici, una stessa esposizione ai medesimi fattori di
rischio può indurre affezioni diverse e più fattori di rischio
presenti in uno stesso individuo interagiscono in misura
variabile secondo il luogo ed il tempo considerati, con la
conseguente la necessità di individuare modelli interpretativi
diversi, giungendo al concetto di profilo di rischio e
di rischio cardiovascolare globale, inteso come l’insieme
delle caratteristiche che definiscono il rischio individuale o
collettivo per una determinata affezione: ciascun fattore di
rischio diviene una componente del profilo del rischio
cardiovascolare che può variare in maniera diversa a seconda del
grado di interazione dei fattori considerati.
La analisi della
morbilità, della mortalità, del profilo di rischio
cardiovascolare consente un approccio più adeguato alla lotta
delle malattie cardiovascolari, il cui peso nelle moderne
società industrializzate è destinato ad aumentare anche in
rapporto alle mutate condizioni demografiche caratterizzate da
un aumento della popolazione anziana.
La diffusione delle
malattie cardiovascolari, con particolare riguardo alle malattie
ischemiche, la loro relazione con la composizione della
popolazione, i modelli di vita, la organizzazione della società
e lo sviluppo pongono rilevanti e nuovi problemi ai Sistemi
Sanitari dei paesi industrializzati.
I rapporti tra
prevenzione cardiovascolare e luogo sono gli stessi che
intercorrono tra geografia e storia.
I risultati di una
ricerca compiuta in luogo ed in una determinata epoca non sono
automaticamente e semplicisticamente trasferibili a tutte le
popolazioni ed in epoche diverse.
L’inizio della grande
stagione della epidemiologia e della prevenzione cardiovascolare
si colloca certamente negli anni ’50 dello scorso millennio.
Erano gli anni in cui
l’Italia compiva i primi passi verso la ricostruzione
postbellica e si avviava a subire la metamorfosi da società
agricola ad economia prevalentemente rurale, con medicina a
tecnologia limitata e con prevalenza di patologia infettiva a
società postindustriale, ad elevata tecnologia con predominanza
epidemiologica delle malattie a genesi multifattoriale quali le
patologie neoplastiche e cardiovascolari.
In quegli anni in Italia
iniziava un processo di cambiamento che si sarebbe sviluppato
per tutta la seconda metà del secolo.
Il
secondo dopoguerra infatti ha rappresentato, socialmente,
culturalmente e scientificamente una svolta epocale nello
sviluppo. La transizione epidemiologica da un panorama dominato
dalle malattie infettive ad uno, caratterizzato dalla patologia
degenerativa, cardiovascolare e neoplastica si accompagna alla
transizione sociale, da una realtà contadina ad una industriale,
e ad una transizione culturale, da una medicina con conoscenze
limitate ad una dominata dalla tecnologia e dalla esplosione
delle conoscenze. La emigrazione, il contatto con altri paesi,
l’alfabetizzazione della popolazione, la industrializzazione del
paese danno il senso di questi mutamenti.
La
società italiana degli anni ’50 emerge fedelmente dalla ricerca
compiuta nel 1954 da un gruppo di ricercatori del Ministero
della Sanità a Rofrano, centro rurale della dorsale appenninica
del Cilento dove Cresta e coll., sottoposero la popolazione ad
una indagine sanitaria ed epidemiologica nell’intento di
verificare di come le condizioni di vita, abitative, alimentari
e lavorative potessero influenzare lo stato di salute di una
popolazione.
Il quadro
che emerge da questa ricerca è quello di una popolazione
caratterizzata per lo più da basso reddito, con grandi strati di
essa non coperta da protezione sanitaria, da malati in giovane
età con affezioni ad etiologia per lo più infettiva, da una
tendenza a risolvere l’episodio di malattia in uno spazio
ristretto con raro ricorso al medico, in un mondo sanitario
fatto da pochi medici, con limitate conoscenze, con scarso
spazio per le specializzazioni, con una realtà ospedaliera
povera e con un patrimonio culturale dominato dalla concezione
deterministica della malattia in base al quale l’evento morboso
è sempre riconducibile ad una causa – generalmente infettiva –
identificabile e direttamente responsabile del danno per cui la
eliminazione dell’agente patogeno determina la vittoria sulla
malattia.
In tale
contesto la malattia era vissuta in termini fatalistici tra
povertà della popolazione e lo scarso sviluppo dei servizi
sanitari.
Cosi M.
Cresta riporta il racconto fatto dal padre della morte di un
bambino ai principi del 900 a Rofrano
“Mio
figlio si ammalò e mori a sei anni perché gli uscirono i vermi
perfino dal naso; noi non sapevamo cosa fare.Allora non c’erano
medici. Lui diceva che gli faceva male la pancia e cosi gli
davamo la camomilla”.
Che poi
non è molto lontano di come Rocco Scotellaro dipinge la
condizione sanitaria nella Lucania degli anni 50. Così viene
riportato il racconto del contadino che descrive la sua malattia
e le cure praticate.
“Una
mattina mi alzai e andai nella stalla, mi alzai così bello… ma
vado per prendere la striglia per strigliare la mula… mi si
spezzarono le braccia, mi vennero dolori al petto, ma dolori
forti. Mia moglie – 1946 – si recò subito da Antonio ‘ u
petrogliao’ , fattucchiero che è morto, faceva il fornaio…Venne
questo , mi passò le mani sul petto e sulle spalle e verso sera
i dolori passarono. Il medico non lo chiamai e il giorno dopo
scomparirono i dolori e ripreso ad andare a lavorare. Erano le
tre del mattino quando scesi in stalla alle tre e mezzo stavo
male e il fornaio era li vicino perché si alzava presto. Mia
moglie sapeva che il petrogliaro era capace di fare queste cose.
Io quando lo vidi dissi:- sarebbe bene che me li facessi passare
i dolori – Mi disse che avevano fatto la fattura e che mi doveva
far morire o far rimanere storpio”.
E la condizione dello stesso scrittore non fu molto diversa.
Così la madre ne racconta la malattia
.”
…. Si
senti male…Entra il fratello, la cognata e io che salivo le
scale: - che è successo ? – Mi viene da rimettere, ma non ho
niente da rovesciare e non ho preso neanche un caffè. Mi sento
stringere la gola. Nicola corse a chiamare il
Dottore…Cominciarono a fare punture, ogni due ore. I dottori
stavano sempre vicini e vennero anche gli altri: gli volevano
tutti bene…Tutti e tre i dottori lo visitarono e gli trovarono
la pressione a 60. Stavano un po’ in pensiero, stettero fino a
mezzanotte e gli facevano punture…La pressione del sangue
cominciò a mettersi a posto: era arrivata a 110…Poi
lo scrittore viene portato a Portici in casa di amici dove si
compie il suo destino:
“Mentre la padrona della pensione metteva da mangiare a tavola,
si mise la mano alla fronte, prese per mano la signora e cadde a
terra…I dottori dopo morto dissero che non poteva vivere . Si
era otturata la vena principale del cuore”.
Questi episodi segnano il
punto di riferimento per capire di quanto profondi siano stati
nel nostro paese i mutamenti intervenuti nell’ affrontare le
malattie in generale e le malattie cardiovascolari in
particolare.
Dagli
anni 50 un’autentica rivoluzione investe, la società, la
medicina e la cardiologia.
Il grande
sviluppo della tecnologia consegna alla fine del secolo una
cardiologia nella quale la risposta alla patologia
cardiovascolare da pochi e rudimentali strumenti si avvale di
mezzi sempre più complessi e sofisticata. L’Unità Coronaria da
luogo del monitoraggio elettrocardiografico diventa il pilastro
della terapia di riperfusione e della terapia di
ricanalizzazione. I traguardi raggiunti dalla cardiochirurgia,
dalla cardiologia interventistica e della aritmologia
interventistica permettono la diffusione capillare di
trattamenti che consentono a sempre un maggior numero di
pazienti di essere trattati e recuperati alla vita attiva. Si fa
sempre più strada il concetto della tempestività dell’intervento
che va di apri passo con la educazione sanitaria della
popolazione. “Il tempo è muscolo” diventa la sintesi della
importanza che assume il trattamento precoce del paziente
colpito da infarto miocardio acuto. E che tale traguardo non sia
facilmente raggiungibile è dimostrato dalla quota di pazienti
cha alle soglie del terzo millennio continua ad arrivare in
ritardo in Unità Coronarica. Esemplificativo a tale riguardo è
la descrizione che un uomo di cultura come Luigi Barioni junior
descrive il suo attacco di cuore sul finire negli anni 60. “
Mi
sentivo gradatamente invadere da uno strano malessere…Era un
indolenzimento sordo delle costole…Si spinse , dal petto, alla
ascella, poi lungo il braccio, fino al polso …Poi…si spinse
anche verso il collo, richiudendolo in una soffice stretta
dolorante, e infine più in su, fino ai denti che cominciarono
tutti a farmi male contemporaneamente, senza una ragione…a
questo punto, cominciavo a capire di che probabilmente si
trattava.…salii lentamente le scale, pensando. Mia moglie
accorse quasi subito… Si diede da fare, impartì ordini, fece
molte telefonate, cercò un cardiologo. Lo trovò. Sarebbe venuto
appena possibile, disse. Nell’attesa , come se fossi stato
veramente colpito da una sciocca indisposizione mi chiese : ”Ti
faccio una camomilla?” E sia, risposi, grazie, vada per la
camomilla…Poi, mentre l’aspettavo , mi venne in Mente che quasi
tutti gli amici erano Morti mentre di là, in cucina, qualcuno,
la moglie , gli stava preparando un decotto di camomilla. Forse
avevo commesso un’imprudenza, accettando.”
Di pari
passo va la presa di coscienza da un lato della importanza che
la diffusione della patologia cardiovascolare ha nella società
moderna e dall’ altro che una lotta efficace si può realizzare
non solo grazie al progresso delle conoscenze scientifiche ma
anche e soprattutto attraverso mediante l’ottimizzazione della
organizzazione sanitaria.
La storia dei Sistemi
Sanitari delle Società Industrializzate è stata sempre più
caratterizzata dalla necessità di coniugare risorse con offerta
sanitaria.
In tutti i paesi si sono
realizzati, negli ultimi lustri, continui tentativi di riforme e
di riassetto dei sistemi, tanto
è che Rudolf Klein ha parlato di
“epidemia planetaria”
con riferimento alle continue trasformazioni dei sistemi
sanitari, realizzate nell’ultimo ventennio del secolo scorso nel
mondo.
L’esigenza di contenere i costi
e di
migliorare la efficienza al sistema,
ha
portato diversi paesi ad esperimenti di privatizzazione e alla
introduzione di logiche di mercato all’interno del Sistema
sulla base del dogma “più efficienza” e “più mercato”.
Tentativi in tal senso furono fatti e fallirono sia in
Inghilterra dove il ministro della Sanità del tempo fu costretto
a lasciare il governo Thatcher nel 1987 ed In Italia dove la
legge n. 502 del 1992
prevedeva, all’art.9, la possibilità da parte dei cittadini di
optare per l’iscrizione a una mutua privata in alternativa
all’iscrizione al Ssn, con il conseguente dirottamento di
finanziamenti dal fondo sanitario nazionale verso enti privati,
mettendo di fatto a rischio l’unitarietà e la sostenibilità del
sistema.
Tale impostazione durò lo spazio di un mattino: sul piano
legislativo la Legge 517/93 cancellò quell’articolo, sul piano
politico fu la magistratura a mettere fuori gioco, il ministro
della sanità che l’aveva proposto.
Le
vicende della Cardiologia negli ultimi anni si intrecciano con
la ricerca di forme di organizzazione condizionate dai limiti
delle risorse disponibili a scapito della centralità del
paziente e delle sue esigenze.
E
parlando di spazio e di tempo la Campania è un laboratorio
perfetto.
Questa terra è stata da
sempre ritenuta una terra felice dove le bellezze naturali si
coniugano con la disponibilità e la serenità degli abitanti,
tant’è che Plinio ne dava il seguente giudizio:“Questa
regione è così felice, così deliziosa che vi si riconosce
evidente l’opera prediletta della Natura….Un popolo come il
Greco, solito a magnificare se stesso oltre misura, ha
pronunciato Il giudizio più onorifico di questa, chiamandone una
parte Magna Graecia”. Ma è anche una terra nella quale le
contraddizioni, la luce si alterna all’ombra, il bianco al nero
cosicché a pochi anni di distanza da quando venne formulata
questa affermazione uno dei ricorrenti disastri che ne hanno
segnato la storia, l’eruzione del Vesuvio, cancellava la città
di Pompei ,Ercolano ed Oplonti. Gaio Plinio Secondo, conosciuto
come Plinio il Vecchio (Como,
23
–
Stabia,
dopo l'8 settembre
79),
morì infatti tra le esalazioni sulfuree dell'eruzione vulcanica,
mentre cercava di osservare il fenomeno vulcanico più da vicino
poco tempo dopo aver magnificato le bellezze della regione.
Le
contraddizioni che segnano la natura della Regione riflettono le
contraddizioni che segnano le vicende quotidiane e sanitarie.
La situazione
campana è dominata dalla incapacità dei poteri e governi locali
di adottare decisioni, dalla criminalità e corruzione diffusa ,
dall’autismo ed autoreferenzialità delle istituzioni. Tutto
questo si inscrive in un panorama mondiale in cui le
disuguaglianze economiche e sanitarie tendono ad aumentare ed in
una situazione italiana nella quale le differenze tra le regioni
si accentuano sempre più relegando la Campania in coda alla
classifica per qualità della vita e servizi offerti.
Tale fatto è
ulteriormente complicato da una notevole variabilità
geodemografica della Regione: ad aree intensamente popolate si
contrappongono aree a scarsa densità abitativa con grandi
problemi di viabilità e di comunicazione, con condizioni
sanitarie diversificate a seconda delle zone considerate. Il
Cilento si presenta come una vasta area a sud della provincia di
Salerno con assetto territoriale problematico. Si tratta di
un’area rurale nella quale per la assenza un centro urbano a
grande concentrazione di popolazione , il tessuto geodemografico
è costituito da una serie di piccoli centri abitati, spesso
distanti tra di loro e con un sistema sociale condizionato da
tempo da tale situazione.
“L’
aspetto dei paesi del Cilento è veramente curioso. Di rado si
trova la popolazione accentrata in un sol gruppo di case; il più
spesso un comune si compone di più villaggi e questi a loro
volta di altre borgate più piccole.
Sono delle vere frazioni
ridotte ai minimi termini ! Questi villaggi e le rispettive
borgate sono molte volte lontani tra loro e senza via di facile
comunicazione o sono divisi da burroni e da precipizi. Il medico
condotto, il curato ed il carabiniere qui diventano alpinisti
per forza….Il cilentano è in generale di carattere docile,
buono, quieto, laborioso, e audace nei pericoli; ma è pure
geloso, vendicativo e sanguinario, specialmente nella cerchia
dei parenti e dei conoscenti; col forestiero è invece affabile e
ospitale , e dell’autorità è rispettoso.”
Quest’area come tutte le aree interne della Regione è posta ai
margini in una condizione nella quale le risorse sono assorbite
dalla grandi aree metropolitane a fronte di una mediocre offerte
di servizi.
Si ripete
l’antico paradosso dei luoghi caratterizzato dal dualismo
Nord-Sud, Centro-Periferia che sembra essere lo stesso sia
considerando il mondo intero sia riferendosi ad una parte di
esso.
Conclusioni.
La
evoluzione della sanità “moderna” può essere vista attraverso
varie ottiche e prospettive diverse: dalla prospettiva.
bio-medica
- attraverso i progressi della medicina e delle bio-tecnologie –
a quella.
epidemiologico-demografica
– attraverso l’evoluzione dello stato di salute delle
popolazioni e i cambiamenti nei quadri nosologici che hanno
accompagnato le trasformazioni demografiche – a quella
socio-antropologica-
attraverso l’evoluzione del concetto di salute e di malattia – a
quella professionale – attraverso il del ruolo dei
professionisti della salute e dei pazienti – a quella
politica
–
attraverso le modalità di organizzazione dei diversi Sistemi
sanitari. E da qualsiasi prospettiva la si esamini la condizione
attuale appare dominata da grandi ombre e pochissime luci.
Come
argutamente sottolinea Odifreddi
“secondo Thomas Kuhn , la storia della scienza è simile a quella
politica. A periodi di “Scienza istituzionale o normale”, in cui
si lavora all’interno di paradigmi stabiliti ed accettati,
seguono periodi di “rivoluzione scientifica”, provocati da crisi
dei paradigmi stessi, dai quali emergono nuovi paradigmi e nuovi
periodi di stabilità temporanei”
L’epoca
attuale appare sempre più dominata da stagnazione ed
omologazione piuttosto che da spunti di innovazione e
cambiamento. La storia delle vicende umane è sinteticamente
rappresentata da una curva sinusoidale: alti e bassi si
alternano ed il segreto per sfuggire al disastro consiste nel
trovare nuovi impulsi e nuova energia prima che cominci la
discesa. Occorre incominciare a disegnare la
“seconda curva”,
che Handy definisce il
“
paradosso, la strada per costruire il futuro conservando il
presente”.
E in altri termini la fuga dalla
“logica delle foglie bagnate che non si muovono mai dal loro
posto”.
“La speranza risiede in ciò che non conosciamo, nella seconda
curva, se riusciamo a trovarla. Il mondo è lì per essere
reinventato in tanti modi. Le nuove soluzioni nascono dal caos.
Che cosa facciamo, a che cosa apparteniamo, perché facciamo le
cose e dove le facciamo, sono tutte domande a cui si può dare
una risposta diversa e forse migliore. Il cambiamento viene
dalle iniziative che funzionano, iniziative che, imitate,
diventano trainanti. Non possiamo aspettarci grandi visioni dai
grandi personaggi perché ne sono rimasti pochi. Sta a noi
accendere nelle tenebre dei piccoli fuochi”
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