PARADOSSI DI CUORE

RIFLESSIONI SU SOCIETA’ E SANITA’


 

Giovanni Gregorio

U.O. Utic-Cardiologia Ospedale San Luca Vallo della Lucania

Dipartimento Cardiovascolare EX ASL SA 3 ASL SALERNO


 

Ciò che noi chiamiamo inizio
è spesso la fine,
E la fine è solo un inizio.
La fine è ciò da cui noi iniziamo”

T.S. ELIOT

 

Il termine “paradosso” - dal greco paradoxon, composto da para, contro, e doxa, opinione e dal latino paradoxum, - significa contro, al di là, oltre la opinione comune. Esso indica, secondo il dizionario enciclopedico Treccani, una “Affermazione, proposizione, tesi, opinione che, per il suo contenuto o per la forma in cui è espressa, appare contraria all’opinione comune o alla verosimiglianza e riesce perciò sorprendente o incredibile”. In realtà il termine assume vari significati che vanno dalla contraddizione, alla ambiguità, all’enigma e all’ovvietà. Si è soliti distinguere tra paradosso logico o negativo – quando si intende rifiutare le premesse su cui si basa, riducendole all’assurdo – paradosso retorico o nullo – quando si tratta di una semplice manifestazione di sottigliezza del ragionamento con l’intento di mettere in mostra l’abilità di chi lo propone - paradosso ontologico o positivo – quando intende rafforzare le conclusioni già assodate a cui arriva, mediante ragionamenti ed argomentazioni inusuali - A questo tipo di paradosso si riferivano Quine quando osservava che “quello che per uno è contraddittorio, per un altro diventa paradossale e, per un altro ancora, banale” e Schopenhauer quando affermava che "la verità nasce come paradosso e muore come ovvietà". Partendo dal concetto di paradosso come affermazione contraria all’opinione comune, Odifreddi, basandosi sulla considerazione che “ gli individui possono anche essere intelligenti e colti, ma le masse sono sicuramente beote e ignoranti, l’opinione comune è quasi sempre sbagliata. Dunque, i paradossi sono quasi sempre pure e semplici verità, e il tempo si diverte a sollevare lembi del grande velo che le nasconde. Il che significa, spesso, che ambiguità, rompicapi, dilemmi, enigmi, misteri, illusioni, inganni, abbagli, sbagli, inconsistenze, contraddizioni e assurdità si risolvono.” “ Leopardi disse una volta che i bambini possono trovare tutto nel nulla, ma gli adulti non riescono a trovare nulla nel tutto. A seconda dell'atteggiamento con cui si guardi ad essi, i paradossi risultano appunto brandelli di nulla in cui si può trovare tutto, o visioni del tutto in cui si può non trovare nulla: lasciando ad altri tempi la ragionevolezza dell'adulto, optiamo in questi per l'ingenuità del bambino”.

Il tempo, unitamente allo spazio, è la categoria che ha da sempre scandito il cammino dell’umanità. Allo spazio e al tempo è legato uno dei più famosi paradossi dell’antichità: quello formulato nel V secolo a.C. da Zenone di Elea in base al quale,in una competizione fra Achille, detto piè veloce, e la Tartaruga, zampa lenta, se Achille concede un piccolo vantaggio alla Tartaruga, non sarebbe più stato in grado di raggiungerla, perché, mentre egli avrebbe colmato la distanza che separava i due, la Tartaruga avrebbe compiuto un piccolo pezzo in più di strada. Procedendo così all’infinito i due non si sarebbero mai raggiunti. Numerosi sono gli esempi di utilizzo del paradosso nelle sue diverse sfumature, dalla filosofia all’arte. Un esempio famoso lo si ritrova nel celebre dipinto di Maurits Cornelis Escher delle “Mani che disegnano” (1948) dove il paradosso principale rappresentato è quello dell’autoreferenzialità dovuta al fatto che ognuna delle mani sta disegnando l’altra.Tempo e spazio sono stati oggetto nel corso dei secoli di studi e ricerche tesi a misurarli e soprattutto ad adattarli alle diverse esigenze della società. A proposito di “tempo e spazio” Charles Lamb afferma che “Niente mi sconcerta più del tempo e dello spazio. E tuttavia niente mi preoccupa meno del tempo e dello spazio, visto che non ci penso mai”. In genere non ci curiamo del tempo e dello spazio ma a volte ci capita di chiederci che cosa sia il tempo, come sia iniziato e dove ci conduca” . Tempo e spazio – luogo – hanno giocato e giocano un ruolo fondamentale in Sanità. Concetti e modi di essere in sanità si modificano in maniera determinante a seconda del tempo e dello spazio considerato. Nell’ Europa di fine ‘800 già era chiaro il rapporto tra salute e società e si andava diffondendo il concetto che la medicina curativa è uno dei determinanti dello stato di salute di una popolazione ma non il solo. Rudolf Virchow (1821-1902), giustamente sottolineava che “il miglioramento della medicina potrà alla fine prolungare la vita umana, ma il miglioramento delle condizioni sociali può raggiungere questo risultato più in fretta e con maggiore successo.” Per avere il senso da dove sono partiti i paesi industrializzanti si può partire da uno dei più importanti musei della storia medicina, il Thackray Medical Museum, allestito al St. James Hospital di Leeds, città a circa 300 km a nord di Londra, dove è riprodotto un angolo della città, a metà ottocento, con le abitazioni poverissime, sporche, umide e sovraffollate, specchio di condizioni igieniche generali carenti e di un quadro epidemiologico dominato dalla malnutrizione e dalle malattie infettive ed una speranza di vita alla nascita di 26 anni. In quella stessa terra, all’indomani del II Conflitto Mondiale venivano gettate le basi per la costruzione di un moderno sistema sanitario e soprattutto l’affermazione del concetto di salute come “diritto universale” e dell’ assistenza sanitaria come “un servizio sanitario onnicomprensivo volto a garantire il miglioramento della salute fisica e psichica delle persone attraverso gli interventi di prevenzione, diagnosi e cura delle malattie” . Sulla stessa lunghezza d’onda si muove l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che all’atto della sua costituzione (1949), definisce “La salute”” uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplicemente un’assenza di malattia o infermità”. Un concetto, che superando il dualismo concettuale “salute-malattia” afferma una visione dello “stato di benessere” di un individuo o di una popolazione non unicamente correlato con l’intervento sanitario ma allargato alle condizioni di vita tant’è che l’atto costitutivo dell’OMS, nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani afferma che “Ogni persona ha diritto a un adeguato livello di vita che assicuri a lui e alla sua famiglia la salute e il benessere, inclusi il cibo, il vestiario, l’abitazione, l’assistenza medica e i servizi sociali necessari, e il diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, disabilità, vedovanza e vecchiaia.”Il livello di istruzione, il tipo di attività lavorativa, lo stile di vita, la organizzazione sociale e l’ambiente concorrono con gradazioni diverse a determinare la condizione sanitaria di ogni individuo.La società in cui si vive, la sua organizzazione, la capacità di intervento del sistema sanitario, pesano in maniera rilevante nel determinismo dello stato di salute. Ai fattori sociali si legano i fattori ambientali: l’ambiente di lavoro, la sua salubrità, il clima, l’inquinamento, rappresentano variabili importanti per le condizioni di salute. L’influenza dell’ambiente sull’individuo è stata analizzata e sviluppata secondo ottiche e prospettive diverse.L’intensità e le modalità di queste interrelazioni sono variamente valutate.Si va da chi sostiene che l’influenza dell’ambiente si unisce ma non sostituisce quella genetica a chi afferma la totale prevalenza degli influssi ambientali sul comportamento, negando qualsiasi ruolo alla componente genetica. In definitiva si può affermare che l’individuo è soggetto a tutta una serie di sollecitazioni provenienti dall’esterno che interagiscono variamente con lo status determinato dal corredo genetico e dalle esperienze precedenti. Su questo terreno va collocata la valutazione dello stato di salute di una popolazione. La salute è un concetto dinamico, legato al luogo, al tempo, alla società, all’ambiente e allo stesso individuo. Così l’inizio dell’epoca moderna è segnata dalla prevalenza delle malattie infettive e trasmissibili. L’emergere poi nel corso del secolo di un quadro epidemiologico dominato dalla patologia cardiovascolare e neoplastica ha contribuito al tramonto della concezione ” balistica” dell’origine delle malattie, di una concezione cioè basata sul fatto che era sempre possibile identificare l’agente responsabile di una determinata affezione, e l’affermarsi delle teorie probabilistiche sulla origine multifattoriale delle patologie degenerative, cardiovascolari e neoplastiche. La transizione epidemiologica - avvenuta in Italia intorno agli anni “40 e “50 - da una prevalenza di malattie acute ad una condizione in cui predominano le affezioni cronico-degenerative giustificano tale fatto. Le nuove difficoltà metodologiche introdotte dal complicarsi del concetto di causa hanno portato alla definizione della causa come “rete di causazione”, terminologia che include il concorso di agenti diversi.Un altro elemento che ha contribuito a rendere complesso il discorso è la grande dinamicità assunta dalle malattie: il concetto di “malattia in movimento” è stato introdotto per spiegare i profondi cambiamenti subiti da diverse entità patologiche in conseguenza della rivoluzione tecnologica che ha investito le tecniche diagnostiche e terapeutiche.La stessa valutazione dello stato di salute di una popolazione subisce variazioni legate ai mutamenti culturali e scientifici. Cosi ad esempio ai classici indicatori della mortalità e della morbilità se ne affiancano di nuovi come la speranza di vita, la quota di vita libera da disabilità e la mortalità evitabile.Questo ultimo indicatore è dimensionato partendo dagli eventi sentinella proposti da D.Rutstein e si basa sulle cause di morte che si sarebbero potute prevenire con i mezzi diagnostici, preventivi e terapeutici oggi disponibili. Sono considerate evitabili le morti tra 5 e 64 ani dovute a tre gruppi di cause:

- il primo gruppo, legato alla prevenzione primaria, comprende sette cause di morte che potrebbero essere evitate mediante misure di prevenzione che modifichino comportamenti e situazioni a rischio. Tra le cause di morte dell’apparato circolatorio rientrano in questo gruppo le moti dovute a disturbi circolatori dell’encefalo.

- il secondo gruppo, legato a carenze di diagnosi e terapia precoce, e’ costituito da sei cause di morte evitabili con diagnosi e terapia precoce;

  • il terzo gruppo di cause, legato all’igiene e all’assistenza sanitaria,

comprende quattordici cause di morte che si possono evitare mediante misure igieniche e miglioramenti dell’organizzazione sanitaria. Rientrano in questo gruppo le morti dovute a cardiopatia ipertensiva, a cardiopatie reumatiche croniche, a malattie ischemiche.

L’analisi della mortalità evitabile, espressa in tassi, consente una valutazione dello stato di salute della popolazione e della efficienza del sistema sanitario. Ciò apre nuove prospettive alla ricerca epidemiologica in cardiologia contribuendo a dare ulteriori significati allo studio delle malattie cardiovascolari.

Lo studio poi della malattia nel contesto in cui si determina e si sviluppa rappresenta una ulteriore tappa nella epidemiologia delle malattie cardiovascolari nella cui insorgenza fattori genetici, familiari, ambientali, socioeconomici, comportamentali ed abitudini di vita possono giocare un ruolo determinante riscrivendo, in termini moderni, l’affermazione espressa da Vircow, nel secolo scorso, in base alla quale ogni civiltà ha la responsabilità delle malattie da cui è colpita. E’ il concetto delle “epidemie artificiali” dovute ai grandi turbamenti della cultura e della società.

La storia naturale delle malattie cardiovascolari ha subito profondi mutamenti diventando il risultato della interazione tra fattori esterni, genetici, ambientali e del grande sviluppo tecnologico che ha modificato tempi e modalità di presentazione, dinamica e tipologia degli eventi morbosi.

Ciò viene avvalorato dal fatto che anche se una malattia può derivare da cause molteplici, una stessa esposizione ai medesimi fattori di rischio può indurre affezioni diverse e più fattori di rischio presenti in uno stesso individuo interagiscono in misura variabile secondo il luogo ed il tempo considerati, con la conseguente la necessità di individuare modelli interpretativi diversi, giungendo al concetto di profilo di rischio e di rischio cardiovascolare globale, inteso come l’insieme delle caratteristiche che definiscono il rischio individuale o collettivo per una determinata affezione: ciascun fattore di rischio diviene una componente del profilo del rischio cardiovascolare che può variare in maniera diversa a seconda del grado di interazione dei fattori considerati.

La analisi della morbilità, della mortalità, del profilo di rischio cardiovascolare consente un approccio più adeguato alla lotta delle malattie cardiovascolari, il cui peso nelle moderne società industrializzate è destinato ad aumentare anche in rapporto alle mutate condizioni demografiche caratterizzate da un aumento della popolazione anziana.

La diffusione delle malattie cardiovascolari, con particolare riguardo alle malattie ischemiche, la loro relazione con la composizione della popolazione, i modelli di vita, la organizzazione della società e lo sviluppo pongono rilevanti e nuovi problemi ai Sistemi Sanitari dei paesi industrializzati.

I rapporti tra prevenzione cardiovascolare e luogo sono gli stessi che intercorrono tra geografia e storia.

I risultati di una ricerca compiuta in luogo ed in una determinata epoca non sono automaticamente e semplicisticamente trasferibili a tutte le popolazioni ed in epoche diverse.

L’inizio della grande stagione della epidemiologia e della prevenzione cardiovascolare si colloca certamente negli anni ’50 dello scorso millennio.

Erano gli anni in cui l’Italia compiva i primi passi verso la ricostruzione postbellica e si avviava a subire la metamorfosi da società agricola ad economia prevalentemente rurale, con medicina a tecnologia limitata e con prevalenza di patologia infettiva a società postindustriale, ad elevata tecnologia con predominanza epidemiologica delle malattie a genesi multifattoriale quali le patologie neoplastiche e cardiovascolari.

In quegli anni in Italia iniziava un processo di cambiamento che si sarebbe sviluppato per tutta la seconda metà del secolo. Il secondo dopoguerra infatti ha rappresentato, socialmente, culturalmente e scientificamente una svolta epocale nello sviluppo. La transizione epidemiologica da un panorama dominato dalle malattie infettive ad uno, caratterizzato dalla patologia degenerativa, cardiovascolare e neoplastica si accompagna alla transizione sociale, da una realtà contadina ad una industriale, e ad una transizione culturale, da una medicina con conoscenze limitate ad una dominata dalla tecnologia e dalla esplosione delle conoscenze. La emigrazione, il contatto con altri paesi, l’alfabetizzazione della popolazione, la industrializzazione del paese danno il senso di questi mutamenti.

La società italiana degli anni ’50 emerge fedelmente dalla ricerca compiuta nel 1954 da un gruppo di ricercatori del Ministero della Sanità a Rofrano, centro rurale della dorsale appenninica del Cilento dove Cresta e coll., sottoposero la popolazione ad una indagine sanitaria ed epidemiologica nell’intento di verificare di come le condizioni di vita, abitative, alimentari e lavorative potessero influenzare lo stato di salute di una popolazione.

Il quadro che emerge da questa ricerca è quello di una popolazione caratterizzata per lo più da basso reddito, con grandi strati di essa non coperta da protezione sanitaria, da malati in giovane età con affezioni ad etiologia per lo più infettiva, da una tendenza a risolvere l’episodio di malattia in uno spazio ristretto con raro ricorso al medico, in un mondo sanitario fatto da pochi medici, con limitate conoscenze, con scarso spazio per le specializzazioni, con una realtà ospedaliera povera e con un patrimonio culturale dominato dalla concezione deterministica della malattia in base al quale l’evento morboso è sempre riconducibile ad una causa – generalmente infettiva – identificabile e direttamente responsabile del danno per cui la eliminazione dell’agente patogeno determina la vittoria sulla malattia.

In tale contesto la malattia era vissuta in termini fatalistici tra povertà della popolazione e lo scarso sviluppo dei servizi sanitari.

Cosi M. Cresta riporta il racconto fatto dal padre della morte di un bambino ai principi del 900 a Rofrano “Mio figlio si ammalò e mori a sei anni perché gli uscirono i vermi perfino dal naso; noi non sapevamo cosa fare.Allora non c’erano medici. Lui diceva che gli faceva male la pancia e cosi gli davamo la camomilla”.

Che poi non è molto lontano di come Rocco Scotellaro dipinge la condizione sanitaria nella Lucania degli anni 50. Così viene riportato il racconto del contadino che descrive la sua malattia e le cure praticate. “Una mattina mi alzai e andai nella stalla, mi alzai così bello… ma vado per prendere la striglia per strigliare la mula… mi si spezzarono le braccia, mi vennero dolori al petto, ma dolori forti. Mia moglie – 1946 – si recò subito da Antonio ‘ u petrogliao’ , fattucchiero che è morto, faceva il fornaio…Venne questo , mi passò le mani sul petto e sulle spalle e verso sera i dolori passarono. Il medico non lo chiamai e il giorno dopo scomparirono i dolori e ripreso ad andare a lavorare. Erano le tre del mattino quando scesi in stalla alle tre e mezzo stavo male e il fornaio era li vicino perché si alzava presto. Mia moglie sapeva che il petrogliaro era capace di fare queste cose. Io quando lo vidi dissi:- sarebbe bene che me li facessi passare i dolori – Mi disse che avevano fatto la fattura e che mi doveva far morire o far rimanere storpio”. E la condizione dello stesso scrittore non fu molto diversa. Così la madre ne racconta la malattia

.” …. Si senti male…Entra il fratello, la cognata e io che salivo le scale: - che è successo ? – Mi viene da rimettere, ma non ho niente da rovesciare e non ho preso neanche un caffè. Mi sento stringere la gola. Nicola corse a chiamare il Dottore…Cominciarono a fare punture, ogni due ore. I dottori stavano sempre vicini e vennero anche gli altri: gli volevano tutti bene…Tutti e tre i dottori lo visitarono e gli trovarono la pressione a 60. Stavano un po’ in pensiero, stettero fino a mezzanotte e gli facevano punture…La pressione del sangue cominciò a mettersi a posto: era arrivata a 110…Poi lo scrittore viene portato a Portici in casa di amici dove si compie il suo destino: “Mentre la padrona della pensione metteva da mangiare a tavola, si mise la mano alla fronte, prese per mano la signora e cadde a terra…I dottori dopo morto dissero che non poteva vivere . Si era otturata la vena principale del cuore”.

Questi episodi segnano il punto di riferimento per capire di quanto profondi siano stati nel nostro paese i mutamenti intervenuti nell’ affrontare le malattie in generale e le malattie cardiovascolari in particolare.

Dagli anni 50 un’autentica rivoluzione investe, la società, la medicina e la cardiologia.

Il grande sviluppo della tecnologia consegna alla fine del secolo una cardiologia nella quale la risposta alla patologia cardiovascolare da pochi e rudimentali strumenti si avvale di mezzi sempre più complessi e sofisticata. L’Unità Coronaria da luogo del monitoraggio elettrocardiografico diventa il pilastro della terapia di riperfusione e della terapia di ricanalizzazione. I traguardi raggiunti dalla cardiochirurgia, dalla cardiologia interventistica e della aritmologia interventistica permettono la diffusione capillare di trattamenti che consentono a sempre un maggior numero di pazienti di essere trattati e recuperati alla vita attiva. Si fa sempre più strada il concetto della tempestività dell’intervento che va di apri passo con la educazione sanitaria della popolazione. “Il tempo è muscolo” diventa la sintesi della importanza che assume il trattamento precoce del paziente colpito da infarto miocardio acuto. E che tale traguardo non sia facilmente raggiungibile è dimostrato dalla quota di pazienti cha alle soglie del terzo millennio continua ad arrivare in ritardo in Unità Coronarica. Esemplificativo a tale riguardo è la descrizione che un uomo di cultura come Luigi Barioni junior descrive il suo attacco di cuore sul finire negli anni 60. “ Mi sentivo gradatamente invadere da uno strano malessere…Era un indolenzimento sordo delle costole…Si spinse , dal petto, alla ascella, poi lungo il braccio, fino al polso …Poi…si spinse anche verso il collo, richiudendolo in una soffice stretta dolorante, e infine più in su, fino ai denti che cominciarono tutti a farmi male contemporaneamente, senza una ragione…a questo punto, cominciavo a capire di che probabilmente si trattava.…salii lentamente le scale, pensando. Mia moglie accorse quasi subito… Si diede da fare, impartì ordini, fece molte telefonate, cercò un cardiologo. Lo trovò. Sarebbe venuto appena possibile, disse. Nell’attesa , come se fossi stato veramente colpito da una sciocca indisposizione mi chiese : ”Ti faccio una camomilla?” E sia, risposi, grazie, vada per la camomilla…Poi, mentre l’aspettavo , mi venne in Mente che quasi tutti gli amici erano Morti mentre di là, in cucina, qualcuno, la moglie , gli stava preparando un decotto di camomilla. Forse avevo commesso un’imprudenza, accettando.”

Di pari passo va la presa di coscienza da un lato della importanza che la diffusione della patologia cardiovascolare ha nella società moderna e dall’ altro che una lotta efficace si può realizzare non solo grazie al progresso delle conoscenze scientifiche ma anche e soprattutto attraverso mediante l’ottimizzazione della organizzazione sanitaria.

La storia dei Sistemi Sanitari delle Società Industrializzate è stata sempre più caratterizzata dalla necessità di coniugare risorse con offerta sanitaria.

In tutti i paesi si sono realizzati, negli ultimi lustri, continui tentativi di riforme e di riassetto dei sistemi, tanto è che Rudolf Klein ha parlato di “epidemia planetaria” con riferimento alle continue trasformazioni dei sistemi sanitari, realizzate nell’ultimo ventennio del secolo scorso nel mondo.

L’esigenza di contenere i costi e di migliorare la efficienza al sistema, ha portato diversi paesi ad esperimenti di privatizzazione e alla introduzione di logiche di mercato all’interno del Sistema sulla base del dogma “più efficienza” e “più mercato”. Tentativi in tal senso furono fatti e fallirono sia in Inghilterra dove il ministro della Sanità del tempo fu costretto a lasciare il governo Thatcher nel 1987 ed In Italia dove la legge n. 502 del 1992 prevedeva, all’art.9, la possibilità da parte dei cittadini di optare per l’iscrizione a una mutua privata in alternativa all’iscrizione al Ssn, con il conseguente dirottamento di finanziamenti dal fondo sanitario nazionale verso enti privati, mettendo di fatto a rischio l’unitarietà e la sostenibilità del sistema. Tale impostazione durò lo spazio di un mattino: sul piano legislativo la Legge 517/93 cancellò quell’articolo, sul piano politico fu la magistratura a mettere fuori gioco, il ministro della sanità che l’aveva proposto.

Le vicende della Cardiologia negli ultimi anni si intrecciano con la ricerca di forme di organizzazione condizionate dai limiti delle risorse disponibili a scapito della centralità del paziente e delle sue esigenze.

E parlando di spazio e di tempo la Campania è un laboratorio perfetto.

Questa terra è stata da sempre ritenuta una terra felice dove le bellezze naturali si coniugano con la disponibilità e la serenità degli abitanti, tant’è che Plinio ne dava il seguente giudizio:“Questa regione è così felice, così deliziosa che vi si riconosce evidente l’opera prediletta della Natura….Un popolo come il Greco, solito a magnificare se stesso oltre misura, ha pronunciato Il giudizio più onorifico di questa, chiamandone una parte Magna Graecia”. Ma è anche una terra nella quale le contraddizioni, la luce si alterna all’ombra, il bianco al nero cosicché a pochi anni di distanza da quando venne formulata questa affermazione uno dei ricorrenti disastri che ne hanno segnato la storia, l’eruzione del Vesuvio, cancellava la città di Pompei ,Ercolano ed Oplonti. Gaio Plinio Secondo, conosciuto come Plinio il Vecchio (Como, 23 Stabia, dopo l'8 settembre 79), morì infatti tra le esalazioni sulfuree dell'eruzione vulcanica, mentre cercava di osservare il fenomeno vulcanico più da vicino poco tempo dopo aver magnificato le bellezze della regione.

Le contraddizioni che segnano la natura della Regione riflettono le contraddizioni che segnano le vicende quotidiane e sanitarie. La situazione campana è dominata dalla incapacità dei poteri e governi locali di adottare decisioni, dalla criminalità e corruzione diffusa , dall’autismo ed autoreferenzialità delle istituzioni. Tutto questo si inscrive in un panorama mondiale in cui le disuguaglianze economiche e sanitarie tendono ad aumentare ed in una situazione italiana nella quale le differenze tra le regioni si accentuano sempre più relegando la Campania in coda alla classifica per qualità della vita e servizi offerti.

Tale fatto è ulteriormente complicato da una notevole variabilità geodemografica della Regione: ad aree intensamente popolate si contrappongono aree a scarsa densità abitativa con grandi problemi di viabilità e di comunicazione, con condizioni sanitarie diversificate a seconda delle zone considerate. Il Cilento si presenta come una vasta area a sud della provincia di Salerno con assetto territoriale problematico. Si tratta di un’area rurale nella quale per la assenza un centro urbano a grande concentrazione di popolazione , il tessuto geodemografico è costituito da una serie di piccoli centri abitati, spesso distanti tra di loro e con un sistema sociale condizionato da tempo da tale situazione.

L’ aspetto dei paesi del Cilento è veramente curioso. Di rado si trova la popolazione accentrata in un sol gruppo di case; il più spesso un comune si compone di più villaggi e questi a loro volta di altre borgate più piccole.

Sono delle vere frazioni ridotte ai minimi termini ! Questi villaggi e le rispettive borgate sono molte volte lontani tra loro e senza via di facile comunicazione o sono divisi da burroni e da precipizi. Il medico condotto, il curato ed il carabiniere qui diventano alpinisti per forza….Il cilentano è in generale di carattere docile, buono, quieto, laborioso, e audace nei pericoli; ma è pure geloso, vendicativo e sanguinario, specialmente nella cerchia dei parenti e dei conoscenti; col forestiero è invece affabile e ospitale , e dell’autorità è rispettoso.”

Quest’area come tutte le aree interne della Regione è posta ai margini in una condizione nella quale le risorse sono assorbite dalla grandi aree metropolitane a fronte di una mediocre offerte di servizi.

Si ripete l’antico paradosso dei luoghi caratterizzato dal dualismo Nord-Sud, Centro-Periferia che sembra essere lo stesso sia considerando il mondo intero sia riferendosi ad una parte di esso.

 

Conclusioni.

La evoluzione della sanità “moderna” può essere vista attraverso varie ottiche e prospettive diverse: dalla prospettiva. bio-medica - attraverso i progressi della medicina e delle bio-tecnologie – a quella. epidemiologico-demografica – attraverso l’evoluzione dello stato di salute delle popolazioni e i cambiamenti nei quadri nosologici che hanno accompagnato le trasformazioni demografiche – a quella socio-antropologica- attraverso l’evoluzione del concetto di salute e di malattia – a quella professionale – attraverso il del ruolo dei professionisti della salute e dei pazienti – a quella politica – attraverso le modalità di organizzazione dei diversi Sistemi sanitari. E da qualsiasi prospettiva la si esamini la condizione attuale appare dominata da grandi ombre e pochissime luci.

Come argutamente sottolinea Odifreddi “secondo Thomas Kuhn , la storia della scienza è simile a quella politica. A periodi di “Scienza istituzionale o normale”, in cui si lavora all’interno di paradigmi stabiliti ed accettati, seguono periodi di “rivoluzione scientifica”, provocati da crisi dei paradigmi stessi, dai quali emergono nuovi paradigmi e nuovi periodi di stabilità temporanei”

L’epoca attuale appare sempre più dominata da stagnazione ed omologazione piuttosto che da spunti di innovazione e cambiamento. La storia delle vicende umane è sinteticamente rappresentata da una curva sinusoidale: alti e bassi si alternano ed il segreto per sfuggire al disastro consiste nel trovare nuovi impulsi e nuova energia prima che cominci la discesa. Occorre incominciare a disegnare la “seconda curva”, che Handy definisce il “ paradosso, la strada per costruire il futuro conservando il presente”. E in altri termini la fuga dalla “logica delle foglie bagnate che non si muovono mai dal loro posto”. “La speranza risiede in ciò che non conosciamo, nella seconda curva, se riusciamo a trovarla. Il mondo è lì per essere reinventato in tanti modi. Le nuove soluzioni nascono dal caos. Che cosa facciamo, a che cosa apparteniamo, perché facciamo le cose e dove le facciamo, sono tutte domande a cui si può dare una risposta diversa e forse migliore. Il cambiamento viene dalle iniziative che funzionano, iniziative che, imitate, diventano trainanti. Non possiamo aspettarci grandi visioni dai grandi personaggi perché ne sono rimasti pochi. Sta a noi accendere nelle tenebre dei piccoli fuochi”


 

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