LO SCOMPENSO CARDIACO : DALLA DIAGNOSI ALLA STRATIFICAZIONE
PROGNOSTICA.
AB Scardovi
UOC Cardiologia- Ospedale S. Spirito- Roma
Introduzione
Lo scompenso cardiaco è una
patologia ad elevata prevalenza, che colpisce l’ 1,5-2% della
popolazione nel mondo occidentale e che aumenta in relazione
all’eta’. Rappresenta la piu’ frequente causa di ricovero nei
soggetti con eta’ maggiore di 65 anni e i costi dell’assistenza
ospedaliera per la sua gestione assorbono notevoli risorse .
Il progressivo invecchiamento
della popolazione , la riduzione del tasso di mortalita’ per
infarto acuto del miocardio e la migliore sopravvivenza dei
pazienti affetti da ipertensione arteriosa , hanno provocato un
progressivo incremento del numero di soggetti affetti da
insufficienza cardiaca cronica. Specifiche strategie
terapeutiche sono in grado di migliorare la prognosi ma la
scarsa aderenza alle linee guida e le difficolta’ che spesso
s’incontrano ad applicarle nei pazienti del mondo reale, ben
diversi per profilo clinico a quelli disegnati nei gradi trial,
ha portato a un costante aumento del numero di ospedalizzazioni
per scompenso acuto. La gestione dello scompenso cardiaco
assorbe 1-2% della spesa sanitaria del Paesi europei, di cui il
75% e’ per la cura del paziente ospedalizzato. Lo scompenso
avanzato e lo scompenso acuto sono infatti la prima voce di
costo in ambito cardiologico.
Per scompenso acuto s’intende l’
improvvisa comparsa di sintomi e segni di scompenso secondari
ad anomalie della funzione cardiaca sia in pazienti con
disfunzione ventricolare gia’ nota ( instabilizzazione delle
condizioni di compenso ) che in soggetti senza precedente storia
di cardiopatia ( scompenso acuto “ de novo “ ).
La disfunzione cardiaca puo’ essere dovuta a disfunzione
sistolica o diastolica del ventricolo sinistro ,a scompenso
del ventricolo destro , ad aritmie o a discrepanza tra pre o
post- carico.
Lo scompenso acuto richiede
ricovero e trattamento urgente in quanto e’ una patologia grave
che puo’ essere letale. La mortalita’ per quanto riguarda
l’infarto acuto del miocardio complicato da scompenso raggiunge
il 30% a 12 mesi. Nell’edema polmonare acuto la mortalita’
intraospedaliera e’ del 12% e del 40% ad un anno. Nella survey
italiana sullo scompenso cardiaco acuto la mortalita’ totale
intraospedaliera e quella a sei mesi sono state rispettivamente
del 7.3% e del 12.8% mentre il tasso di riospedalizzazione nei
sei mesi dopo la dimissione era del 38,1%..
La definizione di scompenso
cardiaco acuto include quadri fisiopatologici molto diversi tra
loro che possono comportare strategie terapeutiche differenti.
Si possono distinguere vari tipi
di scompenso acuto che differiscono per eziologia e/o causa
scatenante :
(1) Instabilizzazione in
scompenso cardiaco cronico
(2) Scompenso che complica una
sindrome coronarica acuta
(a) Scompenso
in paziente con disfunzione post - ischemica del ventricolo
sinistro
(b)
Scompenso da complicanze meccaniche relative ad IMA
(c)
Scompenso da infarto del ventricolo destro
(3) Scompenso in corso di crisi
ipertensiva
(4) Scompenso in corso di
aritmia acuta (TV, FV, FA, TPSV)
(5) Scompenso in paziente con
cardiomiopatia ad eziologia non ischemica
(6) Rigurgiti valvolari
(7) Stenosi aortica
(8) Miocardite acuta
(9) Tamponamento cardiaco
(10) Dissecazione aortica
(11) Cardiomiopatia post – parto
L’instabilizzazione delle
condizioni di compenso puo’ essere causata da una serie
di fattori non cardiovascolari che comprendono la
scarsa aderenza alla terapia medica,il sovraccarico di volume ,
le infezioni ( in genere polmonari ), l’ictus con grave danno
cerebrale, gli interventi di chirurgia maggiore, l’insufficienza
renale,l’anemia, la tireotossicosi, le crisi d’asma ed infine l’
abuso di stupefacenti e/o di bevande alcoliche.
Per scompenso cardiaco cronico
s’intende una sindrome complessa caratterizzata da uno stato
fisiopatologico nel quale le anomalie della funzione cardiaca
hanno danneggiato la funzione di pompa del cuore che non e’ piu’
in grado di fornire un apporto adeguato di sangue per
soddisfare le necessita’ metaboliche dei vari organi e apparati
.
Esistono varie classificazioni
dello scompenso cardiaco cronico. Le piu’ utilizzate sono quella
NYHA, che definisce l’entita’ della compromissione funzionale
provocata dallo scompenso suddividendola in 4 classi di
crescente gravita’ ( dalla I alla IV ), e la piu’ recente, in 4
stadi da A a D, che si basa essenzialmente sulla struttura e
sull’entita’ del danno del muscolo cardiaco associata alla
presenza o meno di sintomi.
Diagnosi
La diagnosi di scompenso
cardiaco viene formulata attraverso una attenta valutazione
clinico – anamnestica e strumentale.
La valutazione clinica si
avvale di una serie di segni e sintomi che comprendono la
presenza di dispnea,di angor, il rilievo di rantoli polmonari,
edemi declivi, congestione epatica , turgore giugulare, soffi
cardiaci, ritmo di galoppo all’ascoltazione cardiaca .L’
anamnesi personale e familiare del paziente sono di fondamentale
importanza . Tramite la classificazione NYHA e’ infatti
possibile delineare l’entita’ della compromissione funzionale
del paziente .
Tra gli esami strumentali
ricoprono un ruolo di primo piano l’
elettrocardiogramma, la radiografia del torace ( ingrandimento
dell’ombra cardiaca, segni di congestione polmonare ), la
valutazione della saturazione di O2 .
TAB 1- Classificazione dello
scompenso ( dalle linee Guida Europee 2008 )

L’
ecocardiogramma doppler con la
misurazione degli spessori , dei diametri e dei volumi delle
cavita’ cardiache, il calcolo della frazione di eiezione, la
valutazione della funzione e della struttura delle valvole
cardiache e, di fondamentale importanza, lo studio del
riempimento diastolico , deve essere effettuato in tutti i
pazienti che presentano segni e sintomi fortemente sospetti per
scompenso cardiaco .
Per quanto riguarda gli esami
di laboratorio sono particolarmente utili oltre agli esami di
routine ( creatininemia, azotemia, elettrolitemia, emocromo,
transaminasi, PCR, INR ed emogasanalisi ) il dosaggio
dei peptici natriuretici e della troponina.
Il dosaggio dei peptici
natriuretici BNP e NT-proBNP ( anche con metodica rapida
“ point – of – care “ ) negli
ultimi anni ha assunto un ruolo di primo piano nell’escludere o
confermare la presenza di scompenso cardiaco ove gia’ esista il
sospetto clinico della malattia. Bisogna comunque tener conto
che altri fattori, oltre
allo scompenso, possono influenzare la concentrazione
plasmatica di BNP/NT-proBNP, in particolare l’obesità, fattori
genetici e anche la presenza di disfunzione
renale, epatica o polmonare e il
trattamento farmacologico. Per questo motivo esistono differenze
nella definizione delle “soglie” di discriminazione fra
“patologico” e “normale”, legate sia alla natura del peptide
misurato (BNP, NT-proBNP) che al metodo analitico scelto.
Inoltre la concentrazione plasmatica dei peptici natriuretici
tende ad aumentare con l’età e ad essere più elevata nelle
donne rispetto agli uomini. Non
ostante questi motivi di cautela il dosaggio di BNP/NT-proBNP e’
un ausilio valido alla diagnosi di scompenso cardiaco. La sua
utilita’ in questo campo di applicazione risiede soprattutto
nell’alto valore predittivo negativo di concentrazioni ematiche
ridotte di questi peptidi. La metodica standard per
diagnosticare la disfunzione ventricolare sinistra resta
comunque l’ecocardiografia per la quale una frazione di eiezione
inferiore al 45% definisce la disfunzione sistolica . La
diagnosi di disfunzione diastolica è meno standardizzata e più
controversa e si basa essenzialmente sui dati derivabili tramite
l’ ecocardiogramma doppler con lo studio del velocitogramma
mitralico ed in particolare sulla misurazione del tempo di
decelerazione dell’onda E e sull’analisi del rapporto tra onda A
e onda E .I peptidi natriuretici aumentano sia in caso di
disfunzione sistolica che diastolica, sebbene il grado di
correlazione con i parametri ecocardiografici sia variabile nei
vari studi pubblicati.
Poiché nella pratica vi è
un’alta frequenza di diagnosi cliniche falsamente positive,
specialmente nelle donne, l’utilizzo del dosaggio dei livelli
ematici dei peptidi natriuretici è consigliato nelle linee
guida della Società Europea di Cardiologia anche per aumentare
la percentuale di diagnosi appropriate o per escludere la
presenza di scompenso cardiaco specialmente in PS : un aumento
della concentrazione ematica dei peptidi natriuretici fa porre
indicazione ad un approfondimento mediante ulteriori indagini
strumentali.
I valori soglia da utilizzare
sono 100 pg /ml per il BNP e 400 pg /ml per quanto riguarda il
dosaggio di NT- pro – BNP ,che e’ il precursore inattivo del
BNP ed ha una concentrazione ematica piu’ alta e quindi una
scala di valori di riferimento diversa.
Il test ergometrico, o meglio
quello cardiopolmonare con la misurazione dei gas espirati
durante esercizio, e’ un metodo utile per definire l’entita’
della compromissione funzionale e per individuare la presenza o
meno d’ischemia da sforzo.
Il rilievo di un consumo di
ossigeno normale al picco dell’esercizio ( PVO2 ) , in un
paziente non trattato per insufficienza cardiaca, porta ad
escludere la diagnosi di scompenso cardiaco sintomatico.
Un’utile alternativa e’ rappresentata dal test del cammino dei 6
minuti che e’ uno strumento semplice e universalmente
disponibile per la valutazione della capacita’ funzionale.
Nei pazienti con sospetto
scompenso cardiaco nei quali l’ecocardiografia basale non
fornisce informazioni esaurienti , possono essere effettuate
ulteriori indagini strumentali quali la risonanza magnetica
nucleare ( RM ), la TAC coronarica o la scintigrafia miocardia.
La RM e’ una metodica
riproducibile, non invasiva utile per definire la struttura e la
funzione delle cavita’ cardiache e del pericardio.
La RM con mezzo di contrasto (
gadolinio ) e’ utile per definire stati infiammatori,
infiltrativi e l’entita’ di una cicatrice infartuale. I suoi
limiti sono i costi, la disponibilita’ dell’apparecchiatura e
dell’operatore esperto e la non applicabilita’ nel paziente
aritmico o portatore di pace – maker .
La TAC coronarica serve a
definire l’anatomia coronarica e puo’ essere presa in
considerazione nel paziente con bassa probabilita’ pre – test
di coronaropatia, per escluderne la presenza, o in caso di test
provocativo d’ischemia dubbio per decidere se procedere o meno
ad effettuare la coronarografia. Bisogna comunque tenere conto
che la dimostrazione anatomica di aterosclerosi coronarica non
implica di per se’ la presenza d’ischemia.
La ventricolografia con
radionuclidi e’ una metodica piuttosto accurata , ma con dei
limiti nella misurazione dei volumi, per definire la frazione di
eiezione del ventricolo sinistro ed e’ in genere effettuata nel
corso di una valutazione della perfusione miocardica per la
ricerca d’ischemia e di vitalita’.
I test di funzionalita’
respiratoria hanno un ” ruolo di nicchia “ nell’iter diagnostico
dello scompenso cardiaco ma possono essere utili per escludere
l’origine respiratoria della dispnea .
La registrazione continua
dell’elettrocardiogramma per 24 ore secondo Holter puo’ essere
utile nei pazienti con sintomi attribuibili ad aritmia (
palpitazioni, sincope ), per rivelare la presenza di aritmie
maggiori ventricolari ( tachicardia ventricolare ) e
sopraventricolari e per individuare episodi d’ischemia silente.
La coronaroventricolografia non
ha un ruolo nel work up diagnostico dello scompenso cardiaco ma
e’ indicata per precisare l’eziologia dello scompenso , in vista
di eventuale rivascolarizzazione coronarica, prima di un
intervento di sostituzione valvolare .
Per quanto riguarda il
cateterismo del cuore destro fornisce importanti informazioni
sulle pressioni di riempimento . sulle resistenze vascolari e
sulla gittata cardiaca sia basali che durante stimolo
farmacologico. Non e’ indicato per la diagnosi di scompenso
cardiaco ma puo’ esserlo in caso di scompenso refrattario e di
valutazione per inserimento in lista d’attesa per trapianto
cardiaco.
Non ostante il suo utilizzo non
si sia dimostrato efficace per migliorare la prognosi , puo’
essere utile in caso di shock cardiogeno per monitorare la
risposta al trattamento.
La biopsia endomiocardica deve
essere presa in considerazione nei casi di scompenso acuto ,
fulminante di eziologia incerta refrattario alla terapia , nelle
forme infiltrative
( amiloidosi, sarcoidosi,
emocromatosi ), nel sospetto di miocardite eosinofila e nelle
forme restrittive ad eziologia incerta.
.
Fig 1 Algoritmo per la
diagnosi di scompenso cardiaco

Fig 2 Definizione della
funzione ventricolare
Tab 2
Tabella 2 RUOLO DEL DOSAGGIO
DEL BNP / NT-proBNP NELLA DIAGNOSI , NELLA GESTIONE CLINICA E
NELLA STRATIFICAZIONE PROGNOSTICA DEL PAZIENTE CON SCOMPENSO
ACUTO
•
E’
UTILE PER ESCLUDERE LA DIAGNOSI DI SCOMPENSO CARDIACO IN
CASO DI DIAGNOSI SOSPETTA, MA CON SEGNI E SINTOMI DI
PRESENTAZIONE AMBIGUI ( alto valore predittivo negativo
).
•
E’
UTILE PER CONFERMARE LA DIAGNOSI DI SCOMPENSO CARDIACO
IN CASO DI DIAGNOSI SOSPETTA, MA CON SEGNI E SINTOMI DI
PRESENTAZIONE AMBIGUI ( alto valore predittivo positivo
solo nel caso si utilizzino valori soglia molto elevati
).
•
E’
COMPLEMENTARE ALLA VALUTAZIONE CLINICA E STRUMENTALE DEL
PAZIENTE SCOMPENSATO, CHE NON SOSTITUISCE.
•
NELLO SCOMPENSO CARDIACO ACUTO :e’ un’utile guida alla
terapia, alla stratificazione prognostica ed e’ di
supporto nel programmare la dimissione.
•
NELLA
GESTIONE A LUNGO TERMINE DEL PAZIENTE AMBULATORIALE CON
SCOMPENSO CARDIACO CRONICO :
puo’ rappresentare
una guida alla terapia, alla stratificazione
prognostica ed e’di supporto nel programmare l’intensita’
dei controlli ambulatoriali.
|

Fig 3. Flow – chart per la
diagnosi di scompenso cardiaco tramite l’utilizzo dei peptici
natriuretici in pazienti non trattati con sintomi sospetti per
scompenso.
( dalle lineee Guida Europee
2008 ).
STRATIFICAZIONE PROGNOSTICA
La stratificazione del rischio
del paziente affetto da scompenso cardiaco e’ complessa in
quanto la prognosi dipende da molteplici fattori quali l’ eta’,
l’eziologia , le co- morbilita’. L’andamento della malattia puo’
variare dalla forma che porta a morte per scompenso progressivo
e refrattario a quella caratterizzata dalla morte improvvisa. E’
difficile inoltre prevedere la risposta alla terapia nel singolo
paziente.Le variabili che sembrano avere una predittivita’
maggiore sono: l’eta’, l’eziologia ischemica, l’essere stati
rianimati dopo un arresto cardiaco, la scarsa compliance alla
terapia, l’anemia, l’insufficienza renale ( anche lieve ), il
diabete, la brocopneumopatia cronica ostruttiva, la depressione.
Dal punto di vista clinico i
parametri piu’ importanti da considerare sono: l’ipotensione, la
classe funzionale NYHA avanzata ( III- IV ),l’ aver subito
precedenti ospedalizzazioni specialmente se multiple, la
tachicardia, la presenza di rantoli polmonari, un ridotto indice
di massa corporea, la concomitanza di stenosi aortica e le
anomalie della respirazione durante il sonno.
I criteri elettrocardiografici
di cui tener conto sono : la tachicardia, la presenza di onde Q,
lo slargamento del QRS, l’ipertrofia ventricolare sinistra, le
aritmie ventricolari complesse, una ridotta variabilita’
dell’intervallo R- R, la fibrillazione atriale e la presenza di
alternanza dell’onda T.
Tra i parametri rilevabili
durante esercizio fisico spiccano la ridotta capacita’
lavorativa, un basso VO2 di picco al test cardiopolmonare, una
scarsa capacita’ di cammino al 6- minute walking test, la
presenza di risposta iperventilatoria all’esercizio identificata
da un VE / VCO2 slope elevato al test cardioplomonare, la
presenza di respiro periodico.
Nell’ambito dei dati di
laboratorio la predittivita’ piu’ alta e’ quella legata ad
elevati valori di BNP / NT pro BNP, seguono l’iponatremia,
l’elevazione della troponina, l’aumento dell’azotemia,
dell’uricemia e della bilirubinemia.
All’interno delle metodiche
strumentali il potere prognostico maggiore e’ appannaggio di
parametri derivabili dall’ecocardiogramma doppler quali la
frazione di eiezione, l’aumento dei volumi cardiaci, un basso
indice cardiaco ed elevate pressioni di riempimento identificate
da un profilo di tipo restrittivo al doppler transmitralico,
l’ipertensione polmonare e la disfunzione del ventricolo destro.
Il valore prognostico del BNP e
del NT- proBNP e’ stato dimostrato da numerosissimi studi
condotti sia in pazienti con scompenso cardiaco conclamato che
con semplice disfunzione ventricolare sinistra in fase pre -
clinica. Il tasso plasmatico di BNP e’infatti in grado di
riflettere in modo affidabile le pressioni di riempimento del
ventricolo sinistro e puo’ quindi essere un utile surrogato del
monitoraggio emodinamico invasivo in terapia intensiva.
Il dosaggio del BNP fornisce
pertanto un parametro aggiuntivo per la stratificazione del
rischio in pazienti con scompenso cardiaco acuto e cronico .
Gli effetti della terapia sul
tasso ematico di BNP sono stati ampiamente dimostrati in
letteratura : nei pazienti con scompenso cardiaco adeguatamente
trattati con diuretici e vasodilatatori i livelli plasmatici di
BNP si riducono parallelamente alla riduzione delle pressioni di
riempimento del ventricolo sinistro . Anche gli ace- inibitori ,
gli inibitori dei recettori dell’angiotensina II, e lo
spironolattone, un antagonista dell’aldosterone , hanno
dimostrato di essere in grado di ridurre la concentrazione
ematica di BNP. Per quanto riguarda l’effetto dei farmaci
beta-bloccanti sull’andamento del BNP la questione è più
complessa. Da una parte, poiché la stimolazione adrenergica
inibisce il rilascio di peptidi natriuretici, la
somministrazione della terapia beta-bloccante nelle prime fasi
può provocare modesti rialzi delle concentrazioni di BNP anche
per un possibile effetto di “ down” regulation sui recettori di
“clearance” ed uno di “ up regulation” sui recettori di
attività . D’altra parte, poiché il trattamento con
beta-bloccanti alle lunghe distanze é in grado di migliorare i
parametri emodinamici e la funzione ventricolare sinistra,
l’effetto finale sul BNP é quello di ridurne la concentrazione
.
Il dosaggio del BNP puo’
inoltre essere particolarmente utile nella scelta del momento
migliore in cui programmare la dimissione . In questo ambito
d’incertezza , dove anche gli esami strumentali come
l’ecocardiogramma doppler falliscono nel suddividere in modo
efficace la popolazione dei pazienti nelle varie fasce di
rischio, il dosaggio plasmatico del BNP rappresenta un
parametro biologico semplice che si e’ dimostrato molto valido
nel confermare o meno il giudizio clinico di stabilita’ al
momento della dimissione ,dopo un episodio di scompenso acuto.
Esistono infatti varie testimonianze in letteratura che
dimostrano come il tasso di BNP al momento della dimissione sia
fortemente correlato con la prognosi a breve termine. Il suo
dosaggio quindi rappresenta uno strumento valido per decidere
il momento migliore per dimettere il paziente e per pianificare
il modo adeguato il follow up e le scelte terapeutiche
successive.
Nella scelta tra dosaggio di BNP
e di NT – pro BNP bisogna tener conto che , nonostante le
differenze tra i due test ematici siano notevoli , per ambedue i
dosaggi vi sono dimostrazioni scientifiche a sostegno della loro
validita’ sia nella diagnosi che nella stratificazione
prognostica dello scompenso cardiaco acuto quindi la
scelta deve avvenire in base al tipo di test disponibile. E’
comunque fondamentale confrontare i dati relativi ad uno stesso
tipo di test in quanto, come gia’ detto in precedenza, non
condividono la stessa scala di riferimento.
Per quanto riguarda l’utilizzo
del BNP nella gestione intraospedaliera del paziente con
scompenso cardiaco acuto non vi sono ancora indicazioni nelle
linee guida ma dimostrazioni sempre piu’ convincenti riguardo
all’importanza del suo ruolo nei lavori scientifici pubblicati
su riviste internazionali .
Negli ultimi anni sono stati
fatti molti tentativi di combinare i vari test e parametri
disponibili per ottenere una piu’ fine stratificazione
prognostica del paziente con scompenso cardiaco. Uno degli
esempi piu’ significativi e’ lo score di Seatlle che, per mezzo
della combinazione di semplici variabili cliniche , dati di
laboratorio e informazioni sulla terapia in corso, e’ in grado
di delineare affidabilmente la prognosi a 1, 2 e 3 anni di
pazienti con scompenso cardiaco cronico da disfunzione sistolica
del ventricolo sinistro.
Dall’analisi della nostra
casistica personale, composta da pazienti con scompenso cardiaco
cronico da disfunzione sistolica, diastolica e sisto –
diastolica del ventricolo sinistro,valutati presso l’ambulatorio
scompenso in fase di stabilita’ clinica e con terapia
ottimizzata , sono emerse varie informazioni interessanti : la
frazione di eiezione del ventricolo sinistro non sembra essere
un parametro determinante della prognosi, il BNP ha un valore
prognostico importante ma inferiore a quello del rilievo di
risposta iperventilatoria all’esercizio durante test
cardiopolmonare ed e’ quindi fondamentale , quando possibile,
effettuare quest’ultimo in quanto e’ in grado di fornire
informazioni complete ed esaurienti circa la funzionalita’
cardiaca, respiratoria e muscolare. Il test cardioplmonare e’
infatti sicuro, affidabile ed effettuabile anche nei pazienti
anziani , rappresentando un ottimo e raffinato strumento per la
stratificazione del rischio in tutte le categorie di pazienti
con scompenso cardiaco, al di la’ dell’indicazione al trapianto
cardiaco, e per questo se ne auspica una piu’ larga diffusione
all’interno dei centri cardiologici che si occupano di scompenso
cardiaco.
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