LA CRISI IPERTENSIVA:
COME RICONOSCERLA, COME TRATTARLA
Pasquale Innelli* Roberto Viceconti** Maurizio Galderisi§
*U.O.C. UTIC-Cardiologia P.O. Villa d’Agri (PZ)
** U.O. Medicina d’Urgenza P.O. Vallo della Lucania (SA)
§ Cardio-Angiologia con UTIC Università “Federico II” Napoli
Si definisce “crisi ipertensiva”
il riscontro di valori di pressione arteriosa (PA) notevolmente
elevati. Non sono indicati limiti precisi al di sopra dei quali
si parla di crisi ipertensiva, in quanto i valori di PA di per
sé sono solo un elemento, e non il più importante, che concorre
a determinare la prognosi del soggetto in questione. Tre fattori
principali concorrono a determinare il significato clinico e
prognostico della crisi ipertensiva:
• i valori pressori: si
definisce crisi ipertensiva una PA sistolica > 220 mmHg e/o una
PA diastolica > 120-130 mmHg;
• la rapidità dell’insorgenza
dei valori pressori elevati: la prognosi è peggiore in assenza
di un’ipertensione precedente ;
• l’evidenza di danno d’organo
acuto. In presenza di danno acuto d’organo si parla infatti di
emergenza ipertensiva, in sua assenza, si parla di urgenza
ipertensiva L’emergenza ipertensiva richiede una pronta
riduzione dei valori pressori. Al contrario, nell’urgenza e
pseudo urgenza un’immediata riduzione della pressione non è
indicata.
L’obiettivo del trattamento
dell’emergenza ipertensiva è sì di ottenere una rapida riduzione
dei valori pressori, ma con l’obiettivo di una riduzione
nell’arco di 1-4 ore della PA media di non oltre il 25%. Vanno
impiegati a tale scopo farmaci per via endovenosa (labetalolo,
nitroprussiato, nitroglicerina, esmololo e simili). Nelle
urgenze ipertensive, tenuto conto della bassa probabilità che
una crisi ipertensiva in assenza di segni di danno d’organo
acuto provochi complicazioni cliniche nelle successive 24-48
ore, la riduzione rapida della PA non è da considerarsi indicata
e le raccomandazioni indicano di modificare la terapia già in
corso o instaurare una terapia cronica, programmando un
controllo clinico a breve termine.
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