L’AMILOIDOSI CARDIACA:
COME RICONOSCERLA, COME
TRATTARLA.
Enrica Perugini,
Dipartimento di Cardiologia Ospedale Maggiore, Bologna.
L’amiloidosi cardiaca è
considerata la più frequente delle cardiomiopatie specifiche con
una fisiopatologia restrittiva nel mondo occidentale. Anche se
esistono dei criteri standard di diagnosi, come i tipici reperti
istologici, è una malattia ampiamente sottodiagnosticata.
Amiloidosi è un termine che si
riferisce non ad una singola malattia ma a un gruppo eterogeneo
di situazioni patologiche che condividono una caratteristica: la
deposizione extracellulare di proteine fibrillari,
con conseguente disorganizzazione della struttura dei tessuti
coinvolti. Le proteine implicate nel processo variano in ciascun
tipo di amiloidosi, ma hanno proprietà tintoriali e strutturali
comuni.
L’amiloidosi può essere
ereditaria o acquisita, a distribuzione locale o sistemica. L’amiloidosi
primaria (AL), correlata all’accumulo di catene leggere delle
immunoglobuline prodotte da cloni plasmacellulari a livello del
midollo osseo, è la forma più diffusa. La forma più frequente di
amiloidosi ereditaria è quella correlata l’accumulo di
transtiretina (ATTR). Sono note ormai più di 80 mutazioni a
carico del gene di tale proteina.
In generale il cuore è uno degli
organi “bersaglio” in cui più frequentemente si deposita l’amiloide.
Il grado e le conseguenze del coinvolgimento cardiaco sono
variabili tra le diverse forme di amiloidosi. Nell’amiloidosi AL
l’interessamento cardiaco riguarda almeno un terzo dei casi ed è
il fattore prognostico più infausto. Nell’amiloidosi ATTR il
coinvolgimento cardiaco è variabile a seconda del tipo di
mutazione della transtiretina. E’ ormai noto che
l’interessamento cardiaco è molto più severo nei casi di
mutazione non Val30Met. La transtiretina nativa può essere
ugualmente amiloidogenica. Infatti è la causa dell’amiloidosi
cardiaca senile.
L’amiloidosi cardiaca è
generalmente considerata come una malattia del miocardio con una
fisiologia di tipo restrittivo e una causa di scompenso cardiaco
da disfunzione diastolica. Probabilmente entrambe sono miti da
sfatare. Infatti nei pazienti con amiloidosi cardiaca e
scompenso raramente la fuzione sistolica è normale, più spesso
la frazione d’eiezione è ridotta, senza dilatazione del
ventricolo. Inoltre ci sono indici probabilmente più sensibili
della frazione d’eiezione per individuare una funzione sistolica
compromessa, come la funzione longitudinale. Pertanto
l’amiloidosi cardiaca non può essere riduttivamente definita
solo in termini di disfunzione diastolica.
Data l’assenza di segni clinici
specifici, raramente la diagnosi di amiloidosi cardiaca nasce
dal sospetto clinico. Più frequentemente è il riscontro delle
anomalie ecocardiografiche ed elettrocardiografiche a suggerire
la possibile diagnosi, quando spesso la malattia è già in una
fase avanzata. Inoltre non sempre c’è un quadro ovvio di una
sottostante malattia ematologica o neurologica.
E’ ricorrente il problema della
diagnosi differenziale all’ECO con altre cardiopatie, in
particolare la cardiomiopatia restrittiva idiopatica e la
cardiomiopatia ipertrofica. Nel caso della diagnosi
differenziale con la CMPI, o più in generale con le condizioni
associate ad un’ispessimento delle pareti ventricolri, la
lettura comparata ECO-ECG è molto utile. Il riscontro di bassi
potenziali all’ECG e di aumentati spessori all’ECO è altamente
suggetivo per un’amiloidosi cardiaca.
La Risonanza Magnetica,
soprattutto con l’impiego del Gadolinio può essere d’aiuto,
fornendo informazioni su cambiamenti macroscopici della
morfologia e della composizione tissutale.
La scintigrafia total body con
99mTc-DPD si è dimostrata molto sensibile e specifica
nell’individuare un interessamento cardiaco nei pazienti con
amiloidosi ATTR, mentre, a parità di interessamento cardiaco
all’ecocardiogramma, è negativa nelle forma AL.
La biopsia è indispensabile per
confermare la diagnosi di amiloidosi. Attualmente la biospia del
grasso periombelicale è preferita a quella di altre sedi. Lo
step successivo è la diagnosi eziologia del tipo di amiloidosi:
Per quanto riguarda la terapia,
attualmente sono disponibili presidi terapeutici per eliminare o
comunque ridurre la fonte della proteina amiloide e trattare
l’organo affetto. Sono invece ancora in fase sperimentale
presidi farmacologici in grado di competere con l’amiloide per
il legame con alcune componenti tissutali e quindi impedire
l’accumulo negli organi.
Nell’amiloidsoi AL la terapia è
la chemioterapia ad alte dosi e il trapianto di midollo
autologo. E’ stato dimostrato che la rispota alla terapia è
nettamente inferiore e la mortalità superiore in pazienti con
più organi compromessi e in particolare con interessamento
cardiaco. L’alternativa è il trapianto combinato cuore-midollo
osseo.
Dato che la transtiretina è in
gran parte di produzione epatica, il trapianto di fegato è la
terapia “genica” per questa forma. La percentuale di successo è
condizionata da vari fattori tra cui la presenza di
interessamento cardiaco che ormai è noto peggiorare dopo il
trapianto soprattutto nelle forma con mutazione non Val30Met. In
questi casi deve essere presa in considerazione l’opzione del
trapianto combinato cuore-fegato.
Infine vi è la terapia medica
“classica” dello scompenso cardiaco. Due sono le annotazioni:
evitare l’uso della digitale visto la tendenza ad accumularsi
nei tessuti dove c’è l’amiloide e utilizzare la terapia
anticoagulante non solo in presenza di fibrillazione atriale e/o
scompenso cardiaco, ma anche in casi selezionati con ritmo
sinusale ma assenza di attività meccanica dell’atrio per
l’elevato rischio di trombosi.
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