IL RUOLO DELL’INFERMIERE NELL’EMBOLIA POLMONARE

 

G. Gallo, L. Di Fluri, G.L. Di Sevo , A. Nicoletti , D. Gatto , A. M. Gatto,

 M. Rizzo, E. Vassallo, A. Gugliucci , A. Orlanno, E. Gnarra, A. Elia,

A. Tancredi,  G. Gregorio 

ASL SA 3 Vallo della Lucania Dipartimento Cardiovascolare

 U.O. Utic-Cardiologia Ospedale  di Vallo  della Lucania

 

L’embolia polmonare è la migrazione di una massa solida, liquida o gassosa di dimensioni varie (embolo) da una sede periferica, attraverso una vena sistemica o dal cuore destro, in un vaso del circolo arterioso polmonare con interruzione improvvisa totale o parziale del flusso di sangue.

Abbiamo due tipi di embolia polmonare:

  1. embolia trombotica: è un trombo che si stacca dalla parete di un vaso e va in circolazione.
  2. embolia non trombotica: sono altri elementi che intervengono a chiudere il ramo dell’arteria polmonare.

L’embolia polmonare trombotica o tromboembolia polmonare è la più frequente che si  vede in emergenza. L' embolo polmonare è costituito da un coagulo ematico che in oltre il 95% dei casi si stacca da un trombo rosso a superficie liscia di una trombosi venosa profonda (TVP) delle vene al di sopra del ginocchio (poplitee, femorali, iliache) o da un trombo più distale non trattato che si è esteso prossimalmente.

In percentuali molto basse l'embolo proviene dal cuore destro o dai distretti venosi della cava superiore.

L’embolia polmonare non trombotica è caratterizzata da 5 tipi di embolie:

  1. Embolia adiposa: è del grasso che viene liberato nella circolazione sistemica dalle ossa fratturate (fratture composte).
  2. Embolia da liquido amniotico: parti complicati
  3. Embolia gassosa: si può verificare quando ci sono grossi interventi neurochirurgici; immissione di aria nella circolazione sistemica.
  4. Embolia settica: in presenza di un focolaio infettivo
  5. Embolia tumorale: in cui l’embolo è costituito da tessuto neoplastico che entra nel circolo sistemico previo distacco dalla massa tumorale primitiva o metastatica.

L’assistenza infermieristica al paziente affetto da embolia polmonare può essere molto diversa a seconda dei quadri clinici che di volta in volta si presentano.

Il paziente potrebbe presentare compromissione delle  funzioni vitali da una forma acuta o subacuta di embolia massiva, potrebbe accusare dispnea importante ma essere emodinamicamente stabile, in caso di microembolie, o  presentare un quadro clinico di sintomi sfumati in un contesto di microembolia cronico-recidivante, subdola, di difficile diagnosi.

L’embolia polmonare costituisce  la terza più importante causa di morte cardiovascolare nei paesi occidentali ed è particolarmente frequente nella popolazione ospedaliera nonostante la pronta disponibilità di presidi diagnostici e terapeutici.

I fattori predisponenti all’insorgenza di un quadro di embolia polmonare sono:

immobilizzazione prolungata, lo stare seduti per troppo tempo (viaggiare a lungo), presenza di  varici, lesione o malattia vascolare, patologia neoplastica, piastrinosi, tromboflebite,  catetere venoso centrale o periferico, pace-maker, cardiopatia (specialmente scompenso cardiaco congestizio), intervento chirurgico o politrauma (specialmente a livello di anca, pelvi, colonna vertebrale, arti inferiori), gravidanza e  postpartum, diabete, BPCO, storia di precedente embolia polmonare o tromboflebite, obesità, uso di contraccettivi orali, terapia estrogenica,   trombi intracardiaci, endocardite batterica, fibrillazione atriale e infarto del miocardio.

Le condizioni che favoriscono l’embolia di tipo gassoso sono:

Posizionamento o rimozione di una linea venosa centrale, cambio o distacco accidentale dei set infusivi di una linea centrale, cateterismo cardiaco,circolazione extracorporea, rapida risalita dopo immersioni subacquee (malattia dei cassoni), pneumotorace, taglio cesareo.

L’accertamento necessario per formulare la diagnosi infermieristica  pone le basi per affrontare i problemi collaborativi legati ad una adeguata assistenza.

Le linee guida per l’accertamanto sono costituite da:

  • Anamnesi infermieristica
  • Esame obiettivo
  • Indagini diagnostiche
  • Possibili complicanze

In riferimento all’anamnesi, ovvero al rilievo dei dati soggettivi, il paziente

• riferisce dispnea improvvisa (sintomo più frequente)

• lamenta dolore toracico, simile all’angina ma che peggiora durante l’inspirazione

• può riferire apprensione o senso di morte imminente

• può riferire ansia o paura

 L’esame obiettivo, ovvero il rilievo dei dati oggettivi può presentare:

• Stato di sofferenza acuta

• Aritmie cardiache

• Tachicardia

• Distensione delle vene giugulari (nell’embolia massiva)

• Sincope

• Ipotensione

• Tachipnea

• Tosse e/o  emoftoe (in genere concomitante ad infarto polmonare)

• Diminuito livello di coscienza

• Confusione mentale

• Irrequietezza

• Pallore

• Cianosi

• Sudorazione algida

Le indagini diagnostiche necessarie per escludere altre patologie e confermare la diagnosi di EP sono rappresentate da:

• Emogasanalisi   

• D-dimero ELISA plasmatico del fibrinogeno

• Elettrocardiogramma

• Ecocardiogramma transtoracico con Doppler cardiaco

• Eco color Doppler venoso

• Radiografia del torace

• Angiografia polmonare

• TC spirale del torace con m.d.c.

• Scintigrafia ventilatoria e perfusoria del polmone.

Le possibili complicanze:

• Embolia ricorrente

• Atelettasia

• Insufficienza ventricolare destra

• Shock

• Arresto cardiorespiratorio

• Aritmie

• Emorragia polmonare (rara)

• Infarto polmonare (raro)

 

Passiamo ora all’analisi delle principali diagnosi infermieristiche e dei problemi collaborativi.

PROBLEMA COLLABORATIVO: Ipossiemia, correlata ad alterazione del rapporto ventilazione perfusione.

Priorità assistenziale: contribuire a mantenere una ventilazione adeguata.

Come indicato nella tabella 1

Indicatori di risultato

Entro 48 ore dall’insorgenza dei sintomi, il paziente:

• Avrà parametri emogasanalitici entro i limiti della norma

• Avrà campi polmonari liberi bilateralmente

• Non presenterà dispnea

Problema collaborativo: Rischio elevato di shock cardiogeno, correlato ad ipertensione polmonare e insufficienza del cuore destro.

Priorità assistenziale: contribuire a sostenere un’adeguata gittata cardiaca.

Come indicato nella tabella 2

Indicatori di risultato

Entro 48 ore dall’insorgenza dei sintomi, il paziente avrà:

• Una pressione arteriosa nei limiti della norma

• Un ritmo cardiaco nei limiti della norma

• PAP e PCWP nei limiti della norma

• La cute calda e asciutta

• Una diuresi maggiore di 60 ml / h.

Problema collaborativo: Rischio elevato di complicazioni, correlato ad embolia ricorrente, terapia

anticoagulante o terapia trombolitica.

Priorità assistenziale: contribuire a prevenire, o a ridurre al minimo, le complicazioni. Come indicato nella tabella 3

Indicatori di risultato

Durante la degenza, il paziente:

• Presenterà solo sanguinamenti di lieve entità

• Non presenterà segni di embolia ricorrente.

 

Tabella 1

 

Interventi / Azioni

 

Motivazioni

1- Contribuire a valutare lo stato polmonare rilevando l’eventuale presenza di:

 

1- Le valutazioni periodiche indicano la gravità

della patologia e l’efficacia degli interventi.

 

Tachipnea e dispnea

 

La tachipnea, un segno cardine, è una misura

di compenso per aumentare l’ossigenazione.

 

Sibili

 

I sibili derivano dalla broncocostrizione che segue l’ipocapnia e la degranulazione piastrinica.

 

Rumori polmonari diminuiti o assenti

 

La riespansione alveolare è diminuita sino alla condizione di atelettasia.

 

crepitii e ronchi

 

Aumenta la tensione superficiale con conseguente trasudazione del liquido che provoca un edema interstiziale.

 

2 Collaborare all’emogasanalisi ed a controllarne i risultati.

 

2- I parametri emogasanalitici indicano il grado

di ipossiemia, utile per valutare la gravità

dell’embolia polmonare e l’efficacia dell’intervento.

 

3- Somministrare ossigeno, secondo prescrizione

 

3- La somministrazione di ossigeno previene il

danno immediato da ipossiemia, che può consistere in aritmie, ischemia cerebrale e infarto del miocardio.

 

4- Alzare la testata dal letto di 35-45 gradi. Usare dei cuscini per sostenere paziente in una posizione confortevole.

 

 

4- Questa posizione facilita l’escursione polmonare e riduce il carico di lavoro cardiopolmonare.

 

5- Mantenere il paziente a letto. Assisterlo

per il bagno, l’assunzione di alimenti ed altre

attività che potrebbero accentuare la dispnea.

 

5- Il riposo permette il risparmio delle energie

necessarie per la respirazione.

 

6- Mettere in atto un programma di scrupolosa

igiene polmonare, comprendente esercizi di

respirazione profonda e frequenti cambiamenti

di posizione. Aspirare se occorre.

 

6- Un livello elevato di PaCO2 può essere ridotto con una ventilazione alveolare adeguata. Ristabilire una ventilazione efficace può evitare

l’insorgenza di polmonite, che può essere causata dalla ritenzione delle secrezioni nell’area

atelectasica.

 

7- Collaborare all’intubazione e alla ventilazione

meccanica con pressione positiva di fine espirazione (PEEP), se necessario.

 

7- Se gli interventi di cui sopra risultano inefficaci nel controllo dell’ipossiemia, gli alveoli collassati possono essere riespansi con l’intubazione e la ventilazione meccanica, con l’ausilio della PEEP.

 

 

 

 

Tabella 2

 

Interventi

Motivazioni

 

1- Qualora non fosse già in atto, iniziare il monitoraggio continuo dell’ ECG, se prescritto. Rilevare l’eventuale comparsa di aritmie, in particolare la tachicardia atriale parossistica (TAP) e il blocco di branca destra.

 

1- Come risposta al rapido aumento della pressione polmonare può presentarsi uno scompensodel ventricolo destro. La TAP o altre aritmie atriali esprimono la sofferenza della parete atriale dovuta al sovraccarico di volume, mentre il blocco di branca probabilmente riflette la tensione della parete ventricolare destra.

 

2- Mantenere una via venosa pervia e somministrare liquidi, secondo prescrizione.

 

2- Anche se il paziente con embolia polmonare

non ha problemi di deplezione della volemia,

mantenere pervio un accesso venoso è

fondamentale per poter somministrare i farmaci.

 

3-Inserire un catetere vescicale a permanenza

 

3-Per monitorare il volume circolatorio attraverso la diuresi

 

4- Collaborare al posizionamento del catetere di

Swan-Ganz. Monitorare la pressione dell’arteria

polmonare (Pulmonary Artery Pressure,PAP) e

la pressione di incuneamento (Pulmonary Capillary

Wedge Pressure, PCWP) secondo prescrizione,

generalmente ogni ora fino alla stabilizzazione

e ogni 4 ore in seguito.

 

4- Il catetere di Swan-Ganz facilita il controllo

dei dati oggettivi utili per valutare la funzione

emodinamica del cuore sia destro che sinistro.

 

5- Ricercare periodicamente i segni e i sintomi di insufficienza del cuore destro, come la distensione delle vene giugulari e l’aumento dellapressione venosa centrale. Se questi segni sonopresenti, informare il medico.

 

5- L’ostruzione meccanica causata dall’embolo e la liberazione di sostanze vasocostrittrici aumentano la resistenza all’eiezione del ventricolo destro, cosa che può portare allo scompenso del cuore destro.

 

6- Ricercare periodicamente i segni e i sintomi di shock cardiogeno, come una grave ipotensione ed una elevata PCWC, pallore e cute fredda.

Sesono presenti informare il medico.

 

6- Un ostacolo importante che si oppone alla

eiezione ventricolare produce shock cardiogeno.

 

7- Se le misure sopra descritte sono inefficaci, o

se l’embolia polmonare minaccia la vita del

paziente, prepararlo per l’intervento

chirurgico d’emergenza.

 

7- L’embolectomia polmonare è un intervento

che può salvare la vita.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tabella 3

 

Interventi

 

Azioni

1- Garantire l’assistenza infermieristica standard

per prevenire la tromboembolia: applicazione di

calze elastiche; movimenti attivi e passivi degli

arti inferiori; adeguato apporto idrico; evitare una prolungata posizione seduta, la flessione delle ginocchia e il massaggio delle gambe.

 

1- Queste misure aiutano a mantenere il flusso

venoso periferico prevenendo la stasi,

l’ipercoagulabilità e il distacco di emboli. Inoltre

riducono al minimo l’ulteriore formazione di

trombi.

 

2- Somministrare eparina come prescritto, in

genere in infusione continua a basse dosi. Rilevare giornalmente il tempo attivato parziale ditromboplastina(aPTT), controllando che si mantenga entro il limite terapeutico prescritto, in genere due volte il valore normale. In caso di anticoagulazione eccessiva, somministrare solfato di protamina, secondo prescrizione.

 

2- L’eparina è un potente anticoagulante che inattiva la trombina e blocca l’ulteriore formazione di trombi.

Essa inibisce pure la degranulazione delle piastrine intorno al trombo e limita la liberazione di sostanze vasocostrittrici.

Valori subterapeutici indicano che la persona non è completamente scoagulata ed è quindi ancora a rischio di emboli ricorrenti; valori oltre il limite terapeutico indicano che il paziente è sottoterapia anticoagulante eccessiva e rischia episodidi sanguinamento.

Il solfato di protamina sicontrappone all’effetto dell’eparina.

 

3- Somministrare terapia trombolitica, secondo

la prescrizione o il protocollo del reparto. I protocollivariano, ma generalmente comprendono:

• Controindicazioni, quali intervento chirurgico

recente, ictus cerebrale recente, sanguinamento

in atto, ipertensione grave

• Somministrazione attraverso il catetere inserito

nell’arteria polmonare, o per infusione sistemica

• Dose iniziale seguita da infusione costante

per alcune ore

• Mantenimento dell’aPTT su un valore doppio

del rispettivo valore basale

• Controllo mirato alla rilevazione di eventuali

episodi di sanguinamento.

 

3- La terapia con trombolitico può essere prescritta per il paziente non stabilizzato che

abbia avuto un’embolia massiva. I farmaci trombolitici dissolvono il trombo già formato, facendo così regredire la sintomatologia e diminuiscono la viscosità ematica, migliorando la microcircolazione ed il trasporto dell’ossigeno.

 

4- Ridurre al minimo il rischio di sanguinamento, per esempio evitando le iniezioni intramuscolari, quando è possibile, e collaborando con il medico per limitare l’interazione tra anticoagulanti, trombolitici

ed altri farmaci. Rilevare l’eventuale comparsa di emorragie, per esempio osservando

se ci sono ematomi, epistassi, petecchie e

ricercando sangue nel contenuto gastrico e nelle

feci.

 

4- La terapia anticoagulante e trombolitica aumenta il rischio di sanguinamento. La sua eventuale rilevazione precoce permette di guadagnare tempo per regolare il dosaggio prima che insorga una emorragia massiva.

 

5- Se, nonostante le misure sopra descritte, si

hanno emboli ricorrenti, preparare il paziente all’intervento chirurgico, secondo prescrizione

5- La legatura della vena cava o l’inserimento

dell’ombrello cavale possono servire ad intrappolare gli emboli, che in seguito verranno discioltidalla fibrinolisi.

 

 

 

 

Tabella 4

 

Interventi

 

Azioni

1- Prima di inserire il catetere venoso centrale o

di provvedere alla sostituzione dei drenaggi, sistemare il paziente nelle posizione di

Trendelenburg e insegnargli ad attuare la manovra di Valsalva durante la procedura.

 

1- Queste misure aumentano la pressione intratoracica e aiutano a prevenire l’ingresso di aria nel catetere.

 

2- Assicurare la connessione prossimale del catetere con un set Luer-Lock per infusione endovenosa e fissare tutte le connessioni in modo sicuro con il cerotto.

 

2- Queste misure contribuiranno a prevenire il

distacco accidentale dei deflussori, che rappresenta la causa più comune di embolia gassosa.

 

3- Fissare con il cerotto un anello del deflussore

al torace della persona.

3- Questa misura elimina la trazione sul catetere,

la quale potrebbe dilatare la sede di inserzione

e aumentare il rischio di ingresso di aria.

 

4- Usare unicamente clamp predisposte per linee

 centrali. Se è difficile staccare i deflussori durante il cambio, non usare pinze emostatiche:

provare invece a usare un laccio emostatico di

gomma con le estremità avvolte attorno al deflussore per migliorare la presa.

 

4- Queste misure possono aiutare a prevenire il

danneggiamento dei deflussori e le conseguenti

perdite di aria.

 

5- Spiegare al paziente i problemi potenziali

associati con il suddetto distacco e insegnargli

a ripiegare il deflussore vicino alla sede di entrata se si verifica una separazione.

 

5- Un’azione immediata può prevenire

un’embolia gassosa.

 

6- Prima della rimozione del catetere per infusione endovenosa, sistemare il paziente nella posizione di Trendelenburg e insegnargli ad attuare la manovra di Valsalva, o almeno a trattenere il respiro, durante la procedura. Dopo la rimozione, applicare immediatamente una compressione diretta sulla sede del cateterismo, quindi applicare un bendaggio impermeabile sterile. Lasciare il bendaggio in posizione per 24-48 ore.

 

6- Queste misure aiuteranno a prevenire

l’ingresso di aria.

 

7- Monitorare per rilevare segni e sintomi di embolia gassosa durante il cambio del bendaggio o del set infusivo venoso e dopo eventuali distacchi

accidentali delle connessioni della linea venosa:

• Suono di risucchio all’inserimento

• Dispnea

• Tachipnea

• Sibili

• Dolore toracico retrosternale

• Ansia

 

7- L’embolia gassosa può verificarsi con i cambi

dei deflussori e delle linee infusive, con la deconnessione

accidentale dei deflussori e durante

l’inserimento e il disinnesto del catetere. Per

esempio, un paziente può aspirare fino a

200 ml di aria con un respiro profondo durante la

deconnessione di una linea in succlavia.

L’ingresso di aria nel sistema arterioso polmonare

può ostruire il flusso ematico, causando broncocostrizione della regione polmonare interessata.

 

8- Qualora si sospetti un’embolia gassosa:

• Sistemare il paziente in posizione di

Trendelenburg sul lato sinistro, molto inclinato

• Somministrare l’ossigeno mediante mascherina

secondo protocollo

• Dare inizio ai protocolli per l’arresto respiratorio

o cardiaco, se indicato.

8- Questa posizione permette di spostare l’aria

lontano dalla valvola polmonare e previene

l’ingresso di altra aria.

Questo provvedimento favorisce la diffusione

dell’azoto, che comprimerà e ridurrà l’embolia

gassosa in circa l’ 80% dei casi.

 

 

 

 

 

Tabella 5

 

 

PIANIFICAZIONE DEL TRASFERIMENTO

INDICATORI ASSISTENZIALI

Al momento del trasferimento la documentazione deve evidenziare:

• Pressione arteriosa, polso e respiro stabili

• Rimozione del catetere di Swan-Ganz.

 

ELENCO DEI CONTENUTI PER

L’EDUCAZIONE SANITARIA

Il paziente e la famiglia dimostrano di aver

compreso:

• Le ragioni per le quali si sviluppa l’embolo

• Il razionale della terapia

• Le misure per prevenire nuovi episodi.

 

 

ELEMENTI PER LA VALUTAZIONE

DELL’ASSISTENZA

Usare come guida gli indicatori di risultato per

documentare:

• Lo stato clinico all’ammissione

• Cambiamenti significativi delle condizioni

• Risultati dei test diagnostici pertinenti

• Ossigenoterapia

• Terapia eparinica

• Terapia trombolitica

• Insegnamento al paziente/famiglia

• Piano di trasferimento.

 

PIANI ASSISTENZIALI DI RIFERIMENTO

Adattamento inefficace

Dolore acuto

La sofferenza e la morte

Scompenso cardiaco acuto

Shock

 

 

 

Problema potenziale: embolia gassosa correlata a introduzione e gestione del CVC.

Priorità assistenziale: prevenire o ridurre al minimo le complicanze.

Come indicato nelle tabelle 4 e 5.

 

Conclusioni

L’embolia polmonare è una condizione caratterizzata dall’occlusione acuta di rami dell’arteria polmonare dovuta ad emboli costituiti da trombi ematici, grasso, tessuto neoplatico, gas liquido amniotico o tessuto infetto (embolia settica), a seconda della patologia di base che la provoca. La sua gravità è direttamente proporzionale all’estensione del territorio vascolare polmonare ostruito.

Spesso il quadro clinico è eclatante, altre volte la diagnosi non è agevole. Il riconoscimento dei sintomi è la premessa indispensabile non solo per l’avvio di un iter diagnostico volto alla conferma della diagnosi, ma anche per la messa a punto di un’assistenza idonea in tempi brevi.

L’assistenza infermieristica deve contribuire a fronteggiare tre principali complicanze dell’embolia polmonare: l’ipossia, lo shock cardiogeno, l’arresto cardiaco. Nell’immediato prosieguo delle cure, nei casi non fatali, una particolare attenzione va posta alla corretta gestione della terapia anticoagulante, che consiste soprattutto nel rilievo da parte dell’infermiere dei segni visibili di emorragia (ematuria, sanguinamenti gengivali, ecchimosi spontanee etc.).

 

 

BIBLIOGRAFIA  ESSENZIALE

 

Kozur  B., Erb Glenora Testo Atlante di Assistenza e Tecnica Infermieristica  A. Delfino Editore  1995

 

Vander Jalm T.J. Cutler B.S. Wheler H.B.  Atlante di tecniche diagnostiche  e terapeutiche  al letto del malato Antonio Delfino Ediotre 1994

 

Miceli D.,  Tozzi Q, Di Giulio P, Sabbadino L. Manuale Cardionursing Pensiero Scientifico Editore Torino 2005