LA
FIBRILLAZIONE ATRIALE ALL’ ESORDIO: COME RICONOSCERLA,
COME E DOVE TRATTARLA
Michele
Santoro, Valentino Ducceschi,
Filippo Gatto, Giovanni Gregorio
Dipartimento Cardiovascolare ASL SA 3 U.O. Utic-Cardiologia
Ospedale San Luca Vallo della Lucania
Introduzione
Fino a pochi anni fa praticamente dimenticata, la fibrillazione
atriale (FA) si trova oggi al centro dell’ interesse dei
cardiologi di tutto il mondo. Rappresenta uno dei principali
problemi sanitari nel mondo occidentale. E’ la tachiaritmia
di più frequente riscontro nella pratica clinica, comporta
fastidiosi sintomi e scadimento della qualità di vita
nella maggioranza dei pazienti che ne sono affetti e può
essere pericolosa anche per la frequente presenza di complicanze
tromboemboliche ad essa collegate. Di pari rilevanza sono i
risvolti sociali. Negli USA si calcolano più di 300.000
accessi al pronto soccorso/anno, che rappresentano un terzo
dei ricoveri per aritmia. In Italia la prevalenza della FA è
valutabile in circa 60.000 nuovi casi/anno. I dati dello studio
osservazionale FIRE (registro eseguito in 207 ospedali italiani
dotati di reparti di cardiologia) rilevano in un mese 4570 ricoveri
per FA; l’aritmia incide per 1.5% dei ricorsi al pronto
soccorso ed il 3.2% dei ricoveri ospedalieri. Il problema non
è solo cardiologico in quanto oltre la metà dei
pazienti con FA viene ricoverata in reparti di medicina o geriatria.
Il fenomeno “fibrillazione atriale”, già
rilevante, presenta inoltre un trend di importante crescita
negli anni, parallelamente al progressivo invecchiamento della
popolazione. Stewart et al. hanno evidenziato come i ricoveri
per FA in Scozia siano triplicati nello spazio di un decennio
(1986-1996).
Sulla base di questi dati si comprende l’interesse del
mondo cardiologico e non riguardo le strategie terapeutiche
e gestionali.
Nell’80% dei casi la FA è presente in pazienti
con cardiopatia organica quale l’ipertensiva, l’ischemica,
la valvolare, la dilatativa, l’ipertrofica, ma può
presentarsi anche in patologie extracardiache quali la tireotossicosi,
le spine riflessogene digestive e l’etilismo. In circa
il 3 -10 % si manifesta in soggetti “sani” realizzando
il quadro della FA isolata “lone” o idiopatica.
La FA ha la tendenza a favorire nuovi episodi di FA e a perpetuare
se stessa. FA genera FA scrivevano Wijffels et al. nel 1995,
ben realizzando il concetto delle ricorrenze sempre più
ravvicinate di aritmia che determinano modificazioni delle proprietà
elettrofisiologiche dell’atrio determinando il rimodellamento
elettrico atriale caratterizzato da progressivo accorciamento
del potenziale d’azione e del periodo refrattario, da
dilatazione atriale e da perdita della contrattilità.
Gli effetti del rimodellamento elettrico appaiono progressivi
e tanto maggiori quanto più prolungata è la durata
della FA. E’, quindi, di cruciale importanza il controllo
dell’aritmia al suo insorgere per prevenire il precoce
instaurarsi del rimodellamento elettrico e del circolo vizioso
ad esso connesso.
Come
riconoscere la fibrillazione atriale
Tra le varie problematiche inerenti la FA, il suo riconoscimento
è sicuramente quello meno impegnativo. Spesso la diagnosi
è fatta dallo stesso paziente, se ha già avuto
altri episodi di FA, riferendo i sintomi che maggiormente la
caratterizzano, quale la palpitazione aritmica, il polso irregolare,
la sensazione di cuore in gola, respiro corto. La stupenda definizione
“ polso dissociato nel tempo e nello spazio “ descrive
in maniera inequivocabile la presenza di tale aritmia.
All’ECG l’0nda P esprime una attivazione atriale
ordinata, che si realizza con una sequenza costante e prevedibile.
Nella FA, invece, l’attivazione atriale è caotica
e continuamente variabile, per cui l’onda P scompare,
ed è sostituita da piccole onde dette f, ciascuna delle
quali esprime la depolarizzazione di una parte della massa atriale.
Le onde f sono del tutto irregolari, cioè presentano
continue variazioni di morfologia e voltaggio, intervengono
con intervalli variabili, hanno frequenza molto elevata (400-600/m’)
e sono continue, cioè durano per tutto il ciclo cardiaco,
cosicché l’isoelettrica assume un aspetto frastagliato.
Le derivazioni dove meglio si osservano tali onde sono D2 e
V1. A volte le onde f sono tanto piccole da non essere evidenti
in alcuna delle 12 derivazioni, così che la diagnosi
si esegue solo in base all’assenza di onde P e all’irregolarità
degli intervalli R-R. Il continuo variare dei cicli ventricolari
costituisce l’elemento-cardine della diagnosi di FA, tanto
che quando l’aritmia si manifesta con intervalli R-R costanti
occorre chiamare in causa un altro meccanismo oltre alla fibrillazione
(p.es.: dissociazione AV, BAV completo).
Quando
cardiovertire?
Vanno sempre valutati, prima di programmare una cardioversione
della FA e successivamente iniziare una profilassi antiaritmica
continuativa, la presenza di un’eventuale causa acuta
di aritmia, ad esempio la tireotossicosi, patologie acute cardiache
o polmonari, od un recente intervento cardiochirurgico.
Vanno, inoltre, valutati i fattori predittivi di recidiva e
le condizioni cliniche che possono favorire il mantenimento
del ritmo sinusale, quali il diametro dell’ atrio sinistro
< 4.5 – 5.0 cm, l’insorgenza recente della FA
(< 3 mesi ), l’assenza di valvulopatia mitralica, ipertensione,
di cardiopatia coronaria, di precedenti recidive precoci e di
scompenso cardiaco, l’età non avanzata, ecc.
La lunga durata dell’aritmia con il conseguente rimodellamento
elettrico e strutturale dell’atrio e la presenza di cardiopatie
strutturali riducono l’efficacia del trattamento antiaritmico.
Le dimensioni dell’atrio sinistro non predicono in modo
statisticamente significativo né il ripristino del ritmo
sinusale, né la sua persistenza dopo cardioversione.
Nella FA persistente le recidive precoci sono molto frequenti
(più di un terzo dei casi) e non sembrerebbero esistere
variabili cliniche o ecocardiografiche in grado di predirle.
Lo studio di variabili elettrofisiologiche in pazienti con recidiva
precoce di FA persistente cardiovertita, ha messo in evidenza,
rispetto ai controlli, la presenza di un rallentamento della
conduzione intratriale, un maggiore rimodellamento inverso del
periodo refrattario effettivo atriale e un più alto numero
di battiti prematuri atriali, elementi di cui si sottolinea
il ruolo proaritmico e nella fisiopatologia dell’insorgenza
della FA (Tabb. I e II).
Tabella
I. Quando cardiovertire (linee guida ACC/AHA/ESC).
___________________________________________________________________
Classe
I
Cardioversione elettrica d’urgenza in FA a risposta rapida
in presenza di: infarto miocardico acuto, angina pectoris, ipotensione
sintomatica,
scompenso cardiaco congestizio, in assenza di risposta ai farmaci
(evidenza C)
Cardioversione
elettrica d’urgenza in pazienti con sintomatologia mal
tollerata (evidenza C)
Classe
IIA
Cardioversione farmacologica o elettrica in pazienti con FA
di primo riscontro (evidenza C)
Cardioversione elettrica in pazienti con FA persistente e bassa
probabilità di recidive (evidenza C)
Nuova cardioversione + farmaci in pazienti con recidiva in assenza
di antiaritmici dopo cardioversione efficace (evidenza C)
___________________________________________________________________
FA = fibrillazione atriale. Da Fuster et al. modificata
Tabella
II. Quando non cardiovertire.
___________________________________________________________________
Ipertiroidismo
Recidive frequenti in terapia antiaritmica
FA da lungo tempo (> 24 mesi)
Anziani > 70 anni, asintomatici o paucisintomatici e/o con
durata FA > 6 mesi
Atrio sinistro marcatamente dilatato (> 6 cm)
Malattia reumatica della valvola mitrale (da valutare)
FEVS marcatamente ridotta
Malattie infiammatorie, intossicazione digitalina, squilibri
elettrolitici, ecc.
___________________________________________________________________
FA = fibrillazione atriale; FEVS = frazione di eiezione ventricolare
sinistra.
Tabella
III. Cardioversione della fibrillazione atriale con farmaci.
Come
cardiovertire?
Cardioversione
farmacologica. I tradizionali trattamenti con i farmaci antiaritmici
sono tutt’oggi l’opzione terapeutica fondamentale
nella cardioversione a ritmo sinusale (RS) del paziente con
FA. E’ un dato comunemente accettato che la possibilità
di ripristino del RS è direttamente proporzionale alla
precocità del trattamento. Non va dimenticato il problema
del rischio tromboembolico con necessità del trattamento
anticoagulante preventivo per almeno 3 settimane nella FA che
dura da più di 48 ore.
Sono farmaci di elezione nella cardioversione della FA quelli
della classe IC (propafenone e flecainide) alla dose di 2mg/kg
in 5 – 10 min con successo > 70 – 90 % secondo
le maggiori casistiche. Questi farmaci non devono essere somministrati
in pazienti con frazione di eiezione depressa. Non vanno sottovalutati
i possibili effetti collaterali di entrambi i farmaci rappresentati
da depressione della conduzione sopra e sottohissiano e il possibile
effetto proaritmico di sincronizzazione dell’attività
elettrica atriale in flutter atriale 1:1. Dei farmaci di classe
III, per quanto riguarda l’ amiodarone in infusione venosa
deve essere considerato un farmaco d’elezione in pazienti
con cardiopatia importante e/o funzione contrattile depressa,
quando non è indispensabile un immediato ripristino del
ritmo sinusale. Importante è anche l’effetto di
rallentamento della risposta ventricolare media dell’aritmia
per azione critica sulla conduzione nodale AV con conseguente
miglioramento emodinamico del paziente.
Oltre al Propafenone, Flecainide, e Amiodarone, altri antiaritmici
non sembrano al giorno oggi proponibili per l’elevata
tossicità: la Chinidina, farmaco di classe IA aumenta
la mortalità di circa 3 volte in quanto può indurre
TdP, aritmia possibile anche per il Sotalolo (1 – 5%),
impiegabile solo per la prevenzione delle recidive.
Dofetilide
e Ibutilide, nuovi farmaci di classe IIIA, il primo impiegabile
per via orale ed e.v., il secondo solo e.v., quest’ultimo
in Italia solo per uso ospedaliero, non hanno dato risultati
soddisfacenti: entrambi sono risultati meno efficaci dei farmaci
di classe IC, con una significativa incidenza di eventi proaritmico
(TdP, TV polimorfa); la Ibutilide è risultata più
efficace nel flutter che nella FA.
Cardioversione
elettrica transtoracica. La cardioversione elettrica (CE) rappresenta
uno dei trattamenti più utilizzati in cardiologia per
la cardioversione della FA. Tale metodica è considerata
di prima scelta nelle situazioni emodinamicamente instabili
e d’elezione nella FA persistente. La cardioversione transtoracica
è una tecnica semplice, di basso costo e sicura nei limiti
di una corretta esecuzione ed indicazione (Tab. I). Utilizzando
un’energia di 4 J/kg, la cardioversione esterna monofasica
si è dimostrata significativamente più efficace,
nel ripristinare il RS, utilizzando la posizione antero-posteriore
delle placche adesive. E’ noto come il soprappeso corporeo,
le dimensioni del torace e le patologie polmonari correlate
possono influenzare l’efficacia della CEE aumentando la
dispersione della corrente erogata. Con l’avvento della
nuova forma d’onda “bifasica” si è
avuto un notevole aumento della percentuale di successo della
cardioversione raggiungendo valori > 95% con minor utilizzo
di energia e minor numero di shock erogati. Il pretrattamento
farmacologico con farmaci della classe IC e III, attraverso
una parziale sincronizzazione atriale, riduce la quantità
di energia necessaria con un incremento dell’efficacia.
La CEE richiede sempre l’anestesia generale del paziente.Va
tenuta presente in corso di anestesia la possibilità
di ipotensione e di bradicardizzazione, in relazione alla patologia
di base e all’ eventuale pretrattamento farmacologico.
Cardioversione endocavitaria a bassa energia. Dal 1992 ad oggi
gli studi sulla cardioversione atriale endocavitaria hanno dimostrato
che la tecnica presenta una maggiore efficacia rispetto alla
cardioversione esterna monofasica, dal 91% fino al 95-98% negli
studi più recenti.
E’ evidente che la disponibilità della cardioversione
elettrica con shock esterno bifasica ha notevolmente ridotto
le indicazioni alla cardioversione endocavitaria, metodica sicuramente
efficace come la transtoracica bifasica, ma molto più
complessa, più costosa e non priva di rischi per il paziente.
Dove
cardiovertire?
La cardioversione della FA può essere eseguita: a) in
regime di ricovero “inpatient”, b) in day-hospital
o in osservazione breve “outpatient” e c) all’esterno
dell’ospedale “pill in the pocket”. Le linee
guida delle Società Scientifiche non indicano il regime
di ricovero più idoneo per l’esecuzione della procedura
di cardioversione che generalmente viene eseguita in day-hospital.
Sono ormai numerose le segnalazioni in letteratura che indicano
come la cardioversione elettrica possa essere eseguita con elevata
efficacia, sicurezza e trascurabile incidenza di effetti collaterali
in day-hospital o in osservazione breve con significativa riduzione
dei costi (< 50%). L’osservanza di una corretta coagulazione
del paziente e l’uso appropriato dei farmaci antiaritmici
concorrono all’aumento dell’efficacia e alla riduzione
degli effetti collaterali.
In conclusione, la cardioversione elettrica in day-hospital
o in osservazione breve è efficace e sicura come quella
in degenza, ma molto meno costosa.
L’efficacia e la tollerabilità della somministrazione
episodica del farmaco antiaritmico durante gli accessi di FA
sono state recentemente testate in uno studio controllato su
210 pazienti con episodi di FA parossistica, precedentemente
sottoposti a cardioversione farmacologica con farmaci antiaritmici
della classe IC in ospedale. I risultati dello studio controllato
documentano la fattibilità e la sicurezza della strategia
“pill in the pocket” con incidenza molto bassa di
effetti collaterali. Flecainide e propafenone, in somministrazione
episodica, sono efficaci in oltre il 90% dei pazienti con significativa
riduzione degli accessi in PS durante le crisi acute e con impatto
favorevole sui costi e sulla qualità della vita.
Conclusioni
Il riconoscimento della FA non pone particolari problemi, maggiormente
impegnativa è la sua gestione. Nel trattamento acuto
della FA si conferma fondamentale e prioritaria la corretta
selezione dei pazienti da sottoporre alla cardioversione armacologia
e/o elettrica, tenendo conto delle caratteristiche cliniche
del paziente, dell’aritmia e delle patologie concomitanti.
I recenti trials hanno, inoltre, confermato l’importanza
della corretta armacologia del paziente.
Esiste, poi, una sempre più ampia evidenza scientifica
che nella profilassi della FA la terapia armacologia da sola
non sia sempre in grado di garantire il controllo delle recidive
dell’aritmia, aprendo la strada a nuovi trattamenti non
farmacologici, rappresentati dall’elettrostimolazione
e soprattutto dall’ablazione transcatetere con radiofrequenza
del substrato della FA.
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