FARMACOLOGIA CLINICA DEGLI INIBITORI SELETTIVI DEL COLESTEROLO

Alberto Corsini
Dipartimento di Scienze Farmacologiche, Università degli Studi di Milano, Milano

Numerose evidenze epidemiologiche documentano come elevati livelli plasmatici di colesterolo, in particolare colesterolo LDL, siano associati ad un aumentato rischio di insorgenza di patologie cardiovascolari (1). Ne consegue che la conoscenze sui meccanismi fisio-patologici alla base dell’omeostasi del colesterolo nell’organismo sono fondamentali per poter controllare l’ipercolesterolemia in modo mirato ed altamente significativo. E’ noto che due sono le principali fonti del colesterolo plasmatico: la sintesi epatica e l’assorbimento intestinale di colesterolo (Fig.1). (1,2) Il contenuto totale di colesterolo in una persona adulta del peso di circa 70 kg è di 140 g ma solo lo 1% (1200 mg) va incontro a un ricambio giornaliero. Ogni giorno noi assumiamo dalla dieta circa 300-500 mg di colesterolo e 100g di trigliceridi. Questi lipidi si assemblano con circa 900 mg di colesterolo biliare e con gli acidi biliari al fine di formare delle micelle che permettono l’assorbimento di questo colesterolo di origine intestinale. Circa il 50% di tutto il colesterolo che è presente nell’intestino tenute viene assorbito dalla mucosa intestinale, il rimanente viene perso nelle feci (2). Una quota analoga di colesterolo viene sintetizzata a livello epatico ad evidenziare un contributo equipollente delle due vie nel fornire quotidianamente l’organismo di colesterolo. La terapia farmacologica delle ipercolesterolemie prevede essenzialmente l’impiego degli inibitori della HMG-CoA riduttasi (statine). Questi farmaci sono in gradi di inibire in modo altamente significativo (50%) la sintesi epatica del colesterolo a cui si associa un’aumentata espresiione del recettore per le LDL ed una riduzione delle LDL plasmatiche (1). Questa classe di farmaci ha ampiamente documentato come una riduzione del colesterolo LDL sia effettivamente associata ad una riduzione del rischio cardiovascolare (3). Recentemente, tre studi condotti con dosaggi elevati di simvastatina (80 mg) e/o atorvastatina (80 mg) verso dosaggi bassi o a statine con minor potenza hanno dimostrato in pazienti sia con angina instabile (studio PROVE-IT, A-to-Z) sia con angina stabile (TNT – New Engl. J. 2005) una riduzione più significativa degli eventi cardiovascolari a supporto della ipotesi che una maggiore riduzione del colesterolo determini un maggiore beneficio clinico. Tuttavia se questi studi da un lato documentano e confermano l’importanza di un approccio aggressivo al colesterolo LDL dall’altro hanno documentato come elevati dosaggi siano tuttavia associati ad aumentato rischio di miopatie, degli enzimi epatici ed anche della mortalità non cardiovascolare. Queste ultime considerazioni suggeriscono come una terapia combinata sia potenzialmente più favorevole rispetto ad una terapia con dosaggi elevati di statine nel ridurre il colesterolo LDL.


Figura 1


Queste evidenze cliniche, hanno contribuito alla preparazione di nuove Linee Guida Internazionali che enfatizzano l’importanza di ridurre in modo sempre più aggressivo i livelli di colesterolo LDL circolanti soprattutto in pazienti ad alto rischio cardiovascolare (4). Nonostante queste premesse, a tutt’oggi, la monoterapia con statine non sempre permette il raggiungimento dei livelli di colesterolo considerati ottimali dalle varie linee guida internazionali. In effetti, la percentuale dei pazienti in cui è stata raggiunta un livello di colesterolemia suggerita dalla linea guida poteva oscillare in modo considerevole, variando tra il 9 e il 50%. Recenti analisi condotte in Italia hanno confermato soltanto in una piccola percentuale dei pazienti con un rischio cardiovascolare elevato in terapia con statina il raggiungimento dell’obiettivo terapeutico. In particolare, uno studio osservazionale, trasversale, è stato disegnato per analizzare la frequenza del trattamento con statine in una coorte di pazienti assistiti dall’Azienda Unità Sanitaria Locale (ASL) di Ravenna, in un periodo di osservazione corrispondente all’intero 2001. La Coorte degli assistiti era costituita complessivamente da 66.736 pazienti e il valore di colesterolemia era noto per 9.208 pazienti. Sulla base degli aumentati livelli di colesterolo e del profilo di rischio cardiovascolare, i pazienti potenzialmente eleggibili per una terapia con statine ammontava a 7.233. Tuttavia il numero dei pazienti che riceveva un trattamento con statina era significativamente più basso, 1.343 pazienti corrispondenti al 18.6%. Inoltre, tra tutti i pazienti esposti al trattamento con statine, soltanto in 271, un valore corrispondente fino al 20,2% dei casi, è stato raggiunto un livello plasmatico di colesterolo totale ottimale scodo le linee guida internazionali. Complessivamente da questo studio sono emerse due informazioni di primaria rilevanza: nonostante sussistesse la precisa indicazione al trattamento, un numero molto ridotto di pazienti è stato esposto ad una terapia con statine e il livello plasmatico ottimale di CT è stato ottenuto solo nel 20% circa dei soggetti trattati (5).
Diverse sono le ragioni (Tab 1) che possono determinare una risposta insoddisfacente alla terapia con statine che chiaramente suggeriscono e supportano la necessità di interventi associati al fine di ottimizzare il controllo dell’ipercolesterolemia e quindi potenzialmente di ridurre ulteriormente il rischio cardiovascolare del paziente.

Tabella 1. Fattori che influenzano la risposta ipolipidemizzante al trattamento con statine

Fattori estrinseci
Scarsa adesione al trattamento
Dieta
Tempo di somministrazione
Terapie concomitanti

Fattori intrinseci (determinati geneticamente)
Mutazioni del recettore per le LDL
Mutazioni dell’apoproteina B 100
Velocità di sintesi del colesterolo
Polimorfismo apoproteina E
Polimorfismo CETP
Polimorfismo CYP2D6
(adattata da Corsini, A. – ref, 6)

Tra le cause di una scarsa risposta al trattamento con statine oltre a problemi di adesione al e di incompatibilità al trattamento, vanno ricordati fenomeni di resistenza al trattamento alle statine. Questi “poor responders” (7,8) sono di solito caratterizzati da una bassa sintesi di colesterolo endogeno ed un assorbimento aumentato di colesterolo. Tali considerazioni associate alle numerose evidenze epidemiologiche che correlano i livelli di colesterolo plasmatico LDL con la percentuale di colesterolo assorbito a livello intestinale (9), sottolineano come l’assorbimento del colesterolo rappresenti un potenziale bersaglio per un intervento terapeutico mirato a controllare questa componente fondamentale, insieme alla sintesi endogena, del bilancio omeostatico del colesterolo nell’organismo (Fig1)
Recentemente, nuovi acquisizioni si sono ottenute in particolare sui meccanismi coinvolti nell’assorbimento di colesterolo di origine sia biliare sia dietetica a livello intestinale. In particolare, l’assorbimento di colesterolo prevede un meccanismo specifico mediato da una proteina trasportatrice localizzata a livello dell’orletto a spazzola delle cellule intestinali (10); la proteina NPC1L1, espressa a livello della membrana dell’enterocita, sembra essere la candidata a svolgere tale ruolo (10-12).
Questa proteina di 145 kDa è fondamentale nel controllare l’omeostasi del colesterolo nell’enterocita (11-12). In particolare, la sua espressione è modulata dal contenuto intracellulare di colesterolo nell’enterocita: la proteina risulta aumentata nella sua espressione in cellule con basso contenuto di colesterolo e viceversa in presenza di elevati livelli. È bene ricordare che il colesterolo presente nell’intestino deriva solo parzialmente dalla dieta e per la maggior parte ha infatti origine endogena (9). Questo trasporto specifico è fondamentale per il successivo trasferimento nell’enterocita dove il colesterolo, una volta esterificato, viene assemblato insieme ai trigliceridi nei chilomicroni. I chilomicroni vengono sottoposti a idrolisi enzimatiche catalizzate da diverse lipasi e, a seguito della deplezione dei trigliceridi e all’arricchimento in colesterolo, i chilomicroni “remnants”, vengono captati a livello epatico. Il colesterolo così captato determinerà sia una ridotta sintesi endogena sia una ridotta espressione dei recettori per le LDL con un potenziale aumento dei livelli circolanti di LDL. Una inibizione dell’assorbimento di colesterolo comporterà una minor disponibilità dello steroide a livello epatico, un’aumentata captazione delle LDL ed una riduzione dei livelli plasmatici di colesterolo LDL (13,14).

Inibitori dell’assorbimento del colesterolo: ezetimibe

Farmacologia: Meccanismo d’azione
Gli inibitori dell’assorbimento del colesterolo, quale ezetimibe (13-15), non influenzano i meccanismi che si verificano quando il colesterolo si trova nell’enterocita ma, selettivamente, inibiscono l’assorbimento intestinale del


Figura 2

colesterolo dietetico e biliare a livello dell’orletto a spazzola delle cellule intestinali (Fig 2).
Il meccanismo alla base dell’inibizione dell’assorbimento del colesterolo da parte di ezetimibe è legato alla modulazione in senso inibitorio della proteina trasportatrice NPC1L1 (10-12). Recentemente è stato documentato mediante studi di legame come effettivamente ezetimibe sia in grado di legarsi in modo spefico e ad un singolo sito agli enterociti sia di roditori sia di primati (13). Nelle medesime condizioni sperimentali si è osservato come ezetimibe non sia in grado di legarsi alla stessa preparazione ottenuta da eneterociti di topini a cui era stato soppresso (KO) il gene che codificava per la proteina NPC1L1. Questi studi di cinetica di legame confermano appieno il meccanismo specifico attraverso il quale il composto è in grado di interferire con l’assorbimento del colesterolo (13). Questa specificità d’azione è ulteriormente rinforzata dal fatto che ezetimibe non inibisce l’attività di enzimi pancreatici, non sequestra acidi biliari e colesterolo, non influenza l’attività di esterificazione ne tanto meno le attività delle lipasi presenti nel tratto gastrointestinale (14). Questa selettività nell’inibire il trasporto di colesterolo è documentata dall’assenza di interferenza di ezetimibe sull’assorbimento di trigliceridi, estrogeni, progestinici e vitamine liposolubili.. L’inibizione selettiva operata da ezetimibe impedisce il trasferimento dal lume intestinale all’interno della cellula del colesterolo e ne favorisce l’escrezione (14).
Va infine ricordato come l’inibizione a livello dell’orletto a spazzola evita tutte quelle interazioni che sono state documentate con l’impiego dei sequestranti degli acidi biliari, quali le resine, che impediscono l’assorbimento non solo di acidi biliari, ma anche una serie di molecole lipofili di notevole importanza biologica quali vitamine liposolubili e gli ormoni steroidei.
Nell’uomo la capacità di ezetimibe di inibire l’assorbimento del colesterolo del 54% rispetto al placebo è associata ad una riduzione dei livelli plasmatici del 20% del colesterolo LDL, del 15% del colesterolo totale, del 7% dei trigliceridi ed un aumento del 2.7% delle HDL (15,16). La riduzione del colesterolo LDL solo dal 20% rispetto ad una inibizione dell’assorbimento del colesterolo del 40-50% è da attribuirsi ad una risposta omeostatica dell’organismo che ne aumenta la sintesi endogena (14,15). L’ezetimibe è stata approvata per un suo impiego in terapia dalla FDA nell’ottobre 2002 ed è in commercio e/o registrazione in molte nazioni europee

Farmacocinetica
L’ezetimibe viene rapidamente assorbita in seguito alla somministrazione orale e, una volta ingerita, è rapidamente captata dalle cellule intestinali e convertita nel suo derivato glucuronide attraverso la catalisi indotta da 3 diversi glucuroniltransferasi (17) in un metabolita farmacologicamente attivo e, solo in una piccola porzione (4%) è ossidata ad un chetone. A causa della rapida glucuronidazione, circa il 90% della concentrazione plasmatica totale di ezetimibe, misurata a mezz’ora dalla somministrazione, è costituita dal suo derivato glucuronide. La concentrazione massima di ezetimibe si osserva entro le 4-12 ore dalla somministrazione, mentre la concentrazione massima del glucuronide si osserva tra 1 e 2 ore dalla somministrazione del principio attivo. L’assorbimento non è influenzato dalla presenza di cibo. A seguito della sua formazione, il composto glucurodinato è rilasciato al fegato dal sistema portale e riescreto nel lume intestinale attraverso la via biliare dove è in grado di legarsi alla parete intestinale. Più del 95% della dose somministrata di ezetimibe si riscontra come glucuronide nel lume intestinale o a livello della cellula intestinale suggerendo che la scarsa distribuzione sistemica del composto non coniugato è da attribuirsi alla veloce conversione nel suo metabolita attivo. L’ezetimibe così come il suo derivato glucuronide sono altamente legati alle proteine plasmatiche (<90%). Il volume apparente di distribuzione di ezetimibe è di circa 105-107L in accordo con un suo tropismo e con il suo concentrarsi a livello intestinale. L’andamento concentrazione plasmatica-tempo mostra la comparsa di diversi picchi che suggeriscono il ricircolo enteroepatico di ezetimibe. Circa il 17% del complesso ezetimibe-glucuronide va incontro a distacco del glucuronide nel lume intestinale e alla riformazione di ezetimibe che viene quindi riassorbita nell’ileo. Questo circolo enteroepatico si verifica ogni 4 ore per diverse volte (17). A seguito del circolo enteroepatico di ezetimibe è quindi difficile stimare la vera emivita di eliminazione che tuttavia si calcola intorno alle 28-30 ore. Il circolo enteroepatico è di notevole importanza proprio per prolungare l’effetto farmacodinamico di ezetimibe sull’assorbimento del colesterolo. Sulla base di studi condotti con composti radiomarcati, l’80% di ezetimibe viene eliminato principalmente come tale nelle feci e il 10% eliminato per via renale principalmente nella forma glucuronide. Numerosi studi condotti in popolazioni speciali documentano come nell’anziano (> 65 anni) le concentrazioni plasmatiche siano raddoppiate anche se si osserva un effetto ipolipidemizzante sovrapponibile al giovane. L’ezetimibe è stata studiata anche negli adolescenti (10-18 anni) che hanno documentato una farmacocinetica sovrapponibile. Nella donna le concentrazioni sono circa il 20% superiori ma a parità tuttavia di efficacia ipolipidemizzante. Condizioni di nefropatia e di epatopatia sono associate ad un aumento seppur moderato delle concentrazioni plasmatiche del farmaco evidentemente legate alle patologie a carico degli organi fondamentali nell’eliminazione del farmaco che ne comporterà una variazione posologica. Al contrario non sono richiesti aggiustamenti posologici per l’ezetimibe in presenza di cibo, nell’anziano, nel giovane e tra sesso maschile e femminile (17).

Studi Clinici: la Doppia Inibizione
A supporto della necessità di un intervento mirato a controllare non solo la sintesi endogena ma anche l’assorbimento del colesterolo intestinale per l’intervento ipocolesterolemizzante più completo, sono i dati recentemente confermati e pubblicati dal gruppo di Miettinen (18) che hanno documentato come un trattamento con statine, in particolare atorvastatina nello studio, determini un aumento della quota di colesterolo assorbito (Tab 2).
I risultati, come dimostrato in tabella, evidenziano chiaramente come le statine determinano, per una risposta omeostatica dell’organismo alla necessità di colesterolo, parallelamente un’inibizione della sintesi endogena, un aumento della quota assorbita. Da questi studi emerge ancora una volta la necessità di un intervento a due livelli proprio per il controllo ottimale del colesterolo plasmatico.
Numerosi studi clinici hanno previsto l’impiego di 10 mg/ die di ezetimibe e hanno dimostrato la sua efficacia nell’aumentare l’effetto ipolipidemizzante del 15-26%, quando associata a qualsiasi statina (19-21).

Tabella 2. Effetto della atorvastatina sull’omeostasi del colesterolo nell’organismo

Variabile
Prima
Durante
Variazioni
Assorbimento del colesterolo %
26 + 2
53 + 5
+103 + 1_*
Acidi biliari fecali
424 + 84
371 + 89
-2 + 21
Sintesi del colesterolo
1078 + 269
551 + 105
-42 + 8*¬_
Colesterolo della dieta
241 + 49
300 + 33
+4 + 19
Assorbimento
65 + 16
153 + 8
+187 + 57*
Colesterolo intestinale
1208 + 139
1016 + 87
-18 + 8
Assorbimento
314 + 43
536 + 69
+82 + 32*
Sitosterolo dalla dieta
232 + 33
195 + 14
-10 + 12
Media + ES
* P< 0.05 o minore

Questi risultati sono stati recentemente confermati in uno studio randomizzato, doppio cieco condotto su più di 3.000 pazienti, denominato “EASE” (Ezetimibe Add-on to Statin for Effectivenss), (22). I pazienti inclusi erano nel 77% dei casi affetti da malattia coronarica conclamata e nel 17% dei casi avevano almeno 2 fattori di rischio cardiovascolare. Tutti i pazienti erano in trattamento stabile (atorvastatina, simvastatina, pravastatina e fluvastatina) ma non avevano raggiunto il colesterolo LDL ottimale secondo le linee guida NCEP-ATP III (1). In questo studio, l’associazione di ezetimibe alla terapia statinica in corso ha prodotto una riduzione addizionale della colesterolemia LDL del 23-26% contro il 2-6% del placebo, permettendo così al 71% dei pazienti di raggiungere il loro obiettivo terapeutico, rispetto al 21% dei pazienti del braccio di confronto. Recentemente uno studio condotto da Ballantyne e coll. (23) ha confrontato l’efficacia e la sicurezza della co-somministrazione ezetimibe più simvastatina verso la monoterapia di atorvastatina in pazienti ipercolesterolemici. Lo studio prevedeva di saggiare diversi dosaggi da 10 a 80 mg di atorvastatina rispetto ai 10-80 di simvastatina in presenza di 10 mg di ezetimibe. L’aumento nel dosaggio era previsto ogni 6 settimane nello stesso paziente secondo. I risultati hanno dimostrato una maggior riduzione delle LDL, un maggior aumento del colesterolo HDL nei pazienti trattati con la co-somministrazione ezetimibe e simvastatina verso atorvastatina in monoterapia a suggerire l’impatto da un punto di vista pratico della co-somministrazione in termini di sicurezza ma soprattutto di efficacia sul profilo lipidico. Questo duplice effetto di inibizione dell’assorbimento e aumentata sintesi endogena di colesterolo costituisce il razionale per la terapia di associazione con inibitori della sintesi del colesterolo endogena quale le statine (Fig 2). La figura 2 riassume i principali interventi mirati al controllo del metabolismo del colesterolo sia di origine intestinale sia di origine epatica. Si evince molto chiaramente che la duplice inibizione a livello dell’enterocita operata da ezetimibe e a livello dell’epatocita dalla statina, costituisce la vera novità nell’approccio terapeutico delle dislipidemie proprio per le diverse caratteristiche farmacodinamiche dei due agenti terapeutici e per la specificità della loro azione. Associata a questa duplice inibizione che ne esalta le proprietà farmacodinamiche e gli effetti ipolipidemizzanti va ricordato il profilo di sicurezza e tollerabilità osservata negli studi di associazione. Studi di fase I hanno chiaramente dimostrato che l’ezetimibe (10 mg) non interagisce con caffeina, tolbutamide, destrometorfano, dapsone o midazolam ad evidenziare l’assenza di interazione con i citocromi CYPIA2, CYP2C8, CYP2C9, CYP2D6, CYP3A4 e con la N-acetiltransferasi (17). L’ezetimibe inoltre non modifica la cinetica delle statine (Tab 3) (14,15,24). Per quanto riguarda la combinazione tra ezetimibe e fibrati la letteratura a riguardo è tutt’oggi piuttosto scarsa e non definitiva. In particolare, due studi cinetici condotti con ezetimibe in presenza sia di gemfibrozil sia di fenofibrato hanno documentato un aumento dei livelli plasmatici di un 50-80% dell’ezetimibe associata ad entrambi i trattamenti (24,25). Queste ricerche lasciano aperto il rischio che questa combinazione non sia ottimale proprio per un aumentato livello di ezetimibe seppur compatibile con la variabilità interindividuale da un punto di vista cinetico. Dall’altro lato un recente studio condotto (26) da Farnier e coll. ha documentato come la co-somministrazione di ezetimibe con fenofibrato porta ad una efficacia complementare sia sulle LDL ridotte del 20% sia sui trigliceridi ridotti del 40% sia sugli aumentati livelli del colesterolo HDL (19%) in pazienti con dislipidemia mista a suggerire che questa terapia porta a un migliorato profilo lipidico associato ad una riduzione delle LDL piccole e dense. lipoproteine altamente aterogene. Questi dati sono ovviamente di supporto ad una potenziale combinazione ezetimibe-fenofibrato.
Le uniche due interazioni che sono di rilevanza clinica si verificano quando ezetimibe è combinata con ciclosporina e colestiramina. Nel primo caso, le concentrazioni di ezetimibe aumentano di 3-10 volte quando associate a ciclosporina nei pazienti trapiantati renali. Ne consegue che questa co-somministrazione deve essere valutata ed utilizzata con estrema cautela (17). Al contrario la co-somministrazione con colestiramina determina un ridotto assorbimento di ezetimibe; pertanto l’eventuale co-somministrazione deve prevedere una posologia che prevede la somministrazione di ezetimibe 2 ore prima o 4 ore dopo la somministrazione delle resine. Riassumendo, sia il colesterolo di origine endogena (sntesi) sia di origine esogena (assorbimento intestinale) contribuiscono a determinare i livelli plasmatici di colesterolo e delle lipoproteine coinvolte nel suo trasporto: entrambi i processi possono essere modulati farmacologicamente.

Tabella 3. Ezetimibe: studi di interazioni tra farmaci

Farmaco
Indicazione terapeutica
Farmaco - farmaco interazione
Atorvastatina
Ipolipidemizzante
No
Simvastatina
Ipolipidemizzante
No
Fluvastatina
Ipolipidemizzante
No
Lovastatina
Ipolipidemizzante
No
Rosuvastatina
Ipolipidemizzante
No
Pravastatina
Ipolipidemizzante
No
Cumetidine
Antiulcera
No
Digossina
Antiaritmici
No
Glipizide
Ipolipidemizzante
No
Norgestrel + etinilestradiolo
Contraccettivo
No
Warfarina
Anticoagulante
No
Colestiramina
Ipolipidemizzante
Si
Gemfibrozil
Ipolipidemizzante
Si
Fenofibrato
Ipolipidemizzante
Si / No
Ciclosporina
Immunosoppressore
Si

In particolare, la sintesi può essere controllata in modo efficiente dalle statine mentre l’assorbimento può essere ridotto inibendone l’assorbimento (ezetimibe). Ne consegue che la combinazione di farmaci con meccanismi complementari nel controllo del colesterolo plasmatico, la doppia inibizione, può rappresentare l’approccio terapeutico ottimale per il controllo dell’ipercolesterolemia in pazienti ad alto rischio cardiovascolare.

REFERENZE

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