L'ECO INTRACORONARICO: INDAGINE UTILE, INUTILE O SUPERFLUA ?

Pietro Giudice
Struttura Semplice Dipartimentale di Emodinamica, A.O. San Giovanni di Dio e Ruggi d'Aragona Salerno

L'angioplastica coronarica è l'intervento di rivascolarizzazione coronarica più diffuso; la sua condotta si avvale di conoscenze scientifiche e tecniche.
In rapporto alla diversa natura e dislocazione della patologia da trattare (oltre che alla condizione clinica del paziente) il successo degli interventi dipende dal tipo di strumenti impiegati e dalle modalità con le quali essi vengono eseguiti. La stessa patologia può spesso essere affrontata in modi diversi, frutto anche di un diverso grado di confidenza con le varie tecniche disponibili da parte degli Operatori.
L' IVUS (Intra-Vascular Ultra Sound - Ecografia Intra-vascolare) è un'indagine diagnostica invasiva che ha trovato impiego prevalentemente come strumento di ricerca, ma la sua applicazione clinica non si è diffusa anche in quanto non è stato chiaramente dimostrato un beneficio derivante dal suo utilizzo regolare durante PCI (Interventi Coronarici Percutanei); in particolare sono stati indagati i risultati dello stenting coronarico eseguito sotto guida IVUS, che non si sono dimostrati statisticamente superiori rispetto a quello eseguito con guida angiografica, ad alte pressioni di rilascio.
Tuttavia è noto che l'angiografia rende informazioni solo sullo stato del lume coronarico; l'IVUS, osservando la parete del vaso, fornisce un'osservazione unica, complementare alla precedente, con osservazione diretta della malattia aterosclerotica. Disporre di tale informazione non può che essere utile, e non deve essere limitato al solo stenting coronarico.
Non è a caso, infatti, che l'IVUS trovi regolare utilizzo per validare o meno l'efficacia di ogni nuovo dispositivo proposto per la pratica clinica corrente, in quanto fornisce dati volumetrici (aree) circa il guadagno di lume, l'entità di iperplasia intimale o grado di stenosi, piuttosto che lineari (diametri). Inoltre ha dato un apporto fondamentale alla conoscenza dei meccanismi fisiopatologici della malattia aterosclerotica; basti pensare a riguardo agli approfondimenti sulla placca vulnerabile o sul rimodellamento dei vasi.
Con guida IVUS è possibile basare un intervento sulla conoscenza della reale estensione della malattia, del reale calibro del vaso oltre che del lume, della composizione di una placca, del grado di coinvolgimento di una biforcazione o di un ostio coronarico (tutti approfondimenti diagnostici). Ciascuna di queste informazioni, oltre a rivelare quanto frequente sia l'incongruenza tra ciò che si suppone esservi e ciò che realmente c'è in parete coronarica, contribuisce alla scelta del dispositivo teoricamente più adatto. L'approfondita comprensione delle problematiche da affrontare indica, infatti, come diversificare le tecniche di intervento (palloncini, stent, aterotomi), e aumentando il grado di confidenza con esse l'operatore potrà espandere le proprie abilità. Infatti, intervallando l'azione di tali dispositivi con osservazioni seriali in corso di intervento è possibile approfondire non solo la loro efficacia, ma anche il modo in cui i vasi reagiscono ai diversi trattamenti. Carico residuo di placca, stenosi residua del lume, sono una guida accurata ad ulteriori passaggi in corso di procedura e l'osservazione diretta di una dissezione apparentemente non occlusiva o di un ematoma intra-parietale sono indispensabili al fine di valutare correttamente la necessità o meno di ricorrere a stent. Infine, la stessa espansione degli stent può essere valutata ed eventualmente corretta.
Tali problematiche sono spesso alla base degli insuccessi, immediati o tardivi, dei PCI ed anche in epoca di stent medicati sembra che i risultati meno buoni continuino ad essere ascrivibili a questi stessi problemi. Evitando errori e migliorando i propri risultati si giustificano complessivamente anche i presunti maggiori costi delle procedure.
Naturalmente, prima di basare le proprie decisioni interventistiche sulle informazioni dell'IVUS è indispensabile raggiungerne una corretta interpretazione, attraverso un'esperienza soggettiva che richiede un tempo di maturazione piuttosto lungo. La cattiva interpretazione delle immagini può tradursi in gravi errori procedurali, tanto più quanto più complesso è il caso.
L'acquisizione e l'interpretazione metodica delle immagini, la valutazione delle informazioni caso per caso, in uno con altri Operatori, contribuiscono a migliorare l'esperienza del Centro e a minimizzare i tempi di acquisizione ed interpretazione delle immagini. Si potrà, nel tempo, impostare ogni procedura valutando le caratteristiche del caso, pianificando la tecnica in base ai problemi clinici da evitare ed agli score statistici (abilità) del Centro, e si potrà mutare impostazione all'occorrenza ed in base alla propria esperienza. Un tale stile di lavoro riflette una impostazione interventistica che è professionale sul piano delle conoscenze, ma incoraggia una vocazione "artigianale", intesa come costante rivisitazione critica della propria capacità interventistica, onde non ridurre la propria attività ad una ripetitiva sequenza di "stenosi-pallone-stent".
Oltre al presunto allungamento dei tempi interventistici, l'altra abituale motivazione del saltuario impiego dell'IVUS nella pratica corrente è di carattere economico, in quanto in Italia la metodica non viene considerata in ambito di DRG. Tuttavia negli USA ad esso è riconosciuto uno specifico rimborso e pertanto si tratta di una carenza del sistema sanitario nazionale. Per una stima dell'utilità "percepita" dell'IVUS in Italia, dai dati 2003 del GISE si evince che in media circa il 3% dei PCI si avvale di guida IVUS; l'Ospedale di Salerno, con il 20% delle procedure, è leader tra gli Ospedali Pubblici e terza esperienza nazionale.